La crisi provocata dal Coronavirus comporta una crescente frattura nella società e una sfida estrema per la Chiesa. Negare il Coronavirus è, a mio avviso, una forma di paura. E la paura può prendere le redini della nostra vita: spingendoci a fare cose che, alla fin fine, sono inumane. In questo momento avremmo bisogno di forte coesione, ma parti della nostra società tendono a distanziarsi.
Il compito principale della Chiesa in questo passaggio della storia è quello di dare speranza alle persone, perché senza speranza la nostra cultura è destinata al collasso. La pandemia rappresenta una sfida enorme per la Chiesa e per far fronte a essa abbiamo bisogno di una revisione radicale del nostro modo di pensare e di agire: si tratta, infatti, di trovare vie per essere prossimi alla gente in una condizione di crisi che non rende più praticabili forme che ci erano familiari.
La celebrazione del Natale sarà il nostro banco di prova, per questo dovremmo iniziare già adesso a prepararla. Per timori legati alla salute, molte persone non verranno in chiesa e si terranno a distanza da luoghi chiusi in cui vi è molta gente. Per questo dobbiamo diventare creativi e inventarci come possiamo raggiungerle – anche mediante forme digitali. Inoltre, possiamo imparare dall’ebraismo dove le grandi feste vengono celebrate anche nella famiglia.
Dobbiamo rafforzare nella nostra gente il senso di essere una Chiesa di casa e dobbiamo impegnarci a dare loro quelle competenze liturgiche che permettano di essere tale in vista del Natale. Quello che dobbiamo comunicare loro è che sono Chiesa, comunità: anche a casa.
O iniziamo ora a preparare comunitariamente Natale in questa prospettiva, o il tempo liturgico della nascita del Signore ci troverà colpevolmente impreparati.
- Heiner Wilmer, dehoniano, è vescovo della diocesi di Hildesheim in Germania.