Una sentenza della Corte federale costituzionale che liberalizza il suicidio assistito ha provocato un ampio dibattito fra le Chiese di Germania.
In questi ultimi tempi, soprattutto verso la fine di agosto, si è sviluppata in Germania, sia nella Chiesa evangelica sia in quella cattolica, un’accesa discussione sul problema del suicidio assistito. A darne occasione è stata la sentenza della Corte federale costituzionale tedesca – considerata la custode della Costituzione –, con sede a Karlsruhe, con la quale ha dichiarato nullo il paragrafo 217 del codice penale, revocando in tal modo il divieto di aiuto al suicidio assistito mediante ricorso ad organizzazioni terze ad hoc, approvato dal Bundestag nel 2015.
La Corte ha sottolineato che esiste il diritto di decidere personalmente di mettere fine alla propria vita. La sentenza implica anche la libertà di servirsi dell’aiuto di terzi.
Nello stesso tempo, il tribunale ha affermato esplicitamente la possibilità del legislatore di adottare un nuovo regolamento giuridico.
Il ministro federale della sanità Jens Spahn (CDU) ha già chiesto alle Chiese, ai medici e alle organizzazioni sociali, di avanzare delle proposte per riformare la legge.
Il verdetto è stato accolto con forti critiche dalla Chiesa cattolica e anche da alcuni settori della Chiesa protestante, oltre che da alcuni rappresentanti della professione medica.
Ambedue le Chiese hanno espresso un giudizio unanime: in una dichiarazione congiunta la Conferenza episcopale tedesca e il Consiglio delle Chiese evangeliche hanno definito la sentenza della Corte di Karlsruhe un «taglio netto con l’orientamento della nostra cultura che afferma e promuove la vita».
Posizioni divergenti
Nella Chiesa evangelica, tuttavia, si sono subito manifestate alcune divergenze di vedute. Il vescovo regionale di Hannover, Ralf Meister, si è fatto portavoce di coloro che, per amore del prossimo, vedono le Chiese chiamate ad accompagnare fino alla fine chi vuole suicidarsi. Ciò, a suo parere, potrebbe accadere anche nelle istituzioni ecclesiastiche. Meister non ha escluso nemmeno il consenso all’eutanasia per i bambini.
La posizione di Meister ha ottenuto il sostegno del teologo protestante di Bamberg, Werner Ritter, il quale, parlando alla radio tedesca, ha accusato la Chiesa cattolica e il presidente del consiglio dell’EKD, Bedford-Strohm, di reagire in maniera ideologicamente rigida. E ha espresso la speranza che le dichiarazioni del vescovo Meister diano vita ad un movimento nella Chiesa evangelica.
Le divergenze riguardano soprattutto l’immagine di Dio: sia Meister che Ritter sostengono che, se la vita è un dono di Dio, l’uomo «può anche pensare al modo di determinare autonomamente il momento in cui mettervi fine».
La posizione cattolica
Il teologo morale cattolico Franz-Josef Bormann ribatte affermando che esiste un «orientamento biblico di base molto chiaro secondo cui la vita non deve in nessun caso essere distrutta». Nella Tradizione cristiana c’è un’idea molto chiara secondo la quale nei Dieci Comandamenti è compresa la proibizione di uccidere; ciò riguarda anche il suicidio. Perciò – ha commentato – è «molto strano» che un vescovo luterano, che come protestante si sente particolarmente legato alla Bibbia, «rappresenti una posizione così inusitata».
Il portavoce della Conferenza episcopale tedesca, Matthias Kopp, ha affermato che «l’idea secondo la quale l’autonomia data da Dio all’uomo include anche il diritto fondamentale di uccidersi è problematica». «In pratica – ha aggiunto – esiste il grande rischio che il suicidio assistito diventi un’opzione normale per la fine della vita. Bisogna perciò compiere ogni sforzo per fornire alle persone in situazioni particolarmente favorevoli al richiamo di mettere fine alla propria vita, assistenza pastorale, consolazione e sollievo». Decisivo per ottenere ciò è «l’ulteriore sviluppo dell’hospice e delle cure palliative».
Nella discussione è intervento anche il card. Walter Kasper. Il suicidio assistito – ha dichiarato – non può essere compito della Chiesa e ha respinto decisamente le dichiarazioni del vescovo Ralf Meister sulla «possibilità teologica» che ciò avvenga. Perciò, «chiunque voglia rivendicare, dal punto di vista teologico, un diritto al suicidio riferendosi all’autodeterminazione dell’uomo data da Dio commette l’errore fondamentale di concepire questa autodeterminazione in modo astratto e distaccato dalla concreta situazione della vita. Compito della Chiesa è saper percepire in tempo le situazioni difficili ed essere presente come avvocata, assistente e custode della vita».
«Suo compito non può essere quindi l’eutanasia nel senso di suicidio assistito, ma quello di accompagnare i moribondi, in una forma degna dell’uomo, nell’ultima fase della loro vita terrena». Ciò può avvenire attraverso le terapie palliative, l’assistenza in ospizio, le forme caritative e diaconali del servizio di consulenza, e anche mediante la pastorale del telefono che può essere offerta dal punto di vita medico e psicologico e spesso anche pratico.
Anche l’ex presidente del Bundestag, Wolfgang Thierse, ha respinto il punto di vista di Meister. Parlando alla radio tedesca ha dichiarato: «Come cristiano dico di sì all’autodeterminazione umana, ma dico no al fatto che il suicidio sia un jedermans-Recht, un diritto personale di ciascuno». Rispondendo al vescovo evangelico Meister, ha aggiunto che né nascere, né amare, né ammalarsi «sono atti dell’autonomia umana». Come cristiano ha sottolineato di comprendere la vita come un dono da cui deriva una responsabilità e una «fondamentale indisponibilità». I cristiani dovrebbero quindi resistere alla tendenza a fare del suicidio una «norma naturale» e un «diritto di ogni uomo».
Riguardo alla sentenza della Corte, ha aggiunto: «Ciò che mi ha veramente irritato è l’eroicizzazione del suicidio e l’assolutizzazione dell’autonomia». Il verdetto ha creato «un diritto al suicidio senza problemi e un dovere dello Stato di sostenerlo e di garantirlo».
I vescovi cattolici e parti delle Chiese protestanti temono ora che vengano esercitate pressioni sugli anziani e sui malati gravi, facendo loro capire di sentirsi inutili. Thierse si è riferito agli sviluppi in atto nei Paesi Bassi. In questo paese anche i malati di mente vengono uccisi su richiesta; il suicidio assistito è già diventata nel paese la seconda causa di morte.
Il vicepresidente della Conferenza episcopale tedesca, Franz-Josef Bode, vescovo di Osnabrück, ha messo in guardia contro una liberalizzazione del suicidio assistito. La vita è data da Dio, assieme a tutta la responsabilità, ma questa responsabilità ha dei limiti. «Sono dell’opinione – ha commentato nel giornale Neue Osnabrücker Zeitung – che la libertà che Dio ci ha dato non deve includere anche la disponibilità della vita»; ma, «se apriamo anche solo uno spiraglio, è troppo grande il rischio che esso venga sfruttato». La Chiesa cattolica è del parere che il sì alla vita deve avere la priorità.
Secondo Bode, è dovere dello Stato discutere prima le questioni fondamentali e occuparsi del «concetto unilaterale di libertà» della Corte costituzionale federale. E ha messo in guardia contro il rischio che, se il suicidio assistito fosse legalizzato, possa diventare un fatto programmabile. «All’inizio – ha affermato – può trattarsi di casi estremi e straordinari, ma poi diventa sempre più comune. Soprattutto quando ci sono delle istituzioni a occuparsene».
Dal punto di vista ecumenico, infine, il già citato teologo Bormann ha deplorato il fatto che all’interno della Chiesa evangelica tedesca ci sia «attualmente un grande pluralismo di convinzioni morali». Ciò ostacola enormemente il dialogo e mostra «quanto sia diventato fragile, nel frattempo, il consenso sui problemi etici».