Le disposizioni preventive in vigore per il contenimento della pandemia da Coronavirus non hanno consentito lo svolgimento della seconda Assemblea plenaria del Cammino sinodale della Chiesa tedesca – che avrebbe dovuto tenersi a Francoforte (3-5 settembre). Data la situazione l’Ufficio di presidenza ha deciso che questa seconda tappa si tenesse in varie città della Germania, sia per favorire la più ampia partecipazione possibile, sia per ridurre il numero di partecipanti entro i limiti previsti dalle leggi temporanee in vigore.
Così venerdì 4 settembre i delegati del Cammino sinodale si sono ritrovati a Berlino, Monaco, Ludwigshafen, Francoforte e Dortmund. La partecipazione è stata alta, praticamente solo le persone appartenenti ai gruppi a rischio non erano presenti. La soluzione d’emergenza si è rivelata essere un’occasione feconda, permettendo ai delegati per una maggiore conoscenza reciproca – coltivata soprattutto nei tempi non occupati dal lavoro assembleare. Questo ha consentito, inoltre, un dibattito sereno, franco e costruttivo tra visioni della Chiesa e della fede diverse tra loro nel corso delle discussioni in assemblea.
Di necessità virtù
Come è stato notato da più parti, il fatto che il Cammino sinodale possa essere un luogo in cui le differenze presenti nel cattolicesimo entrano in dialogo critico fra loro, rappresenta già fin dai suoi primi inizi l’indice sia della sua necessità, sia dell’importanza che può avere per l’insieme della Chiesa tedesca.
A sparigliare il previsto ordine del giorno ci ha pensato il Coronavirus, che è stato al centro delle consultazioni mattutine. Comune la domanda di partenza, ossia come la Chiesa e le comunità parrocchiali hanno reagito e agito nella fase più acuta della pandemia; diverse le valutazioni in positivo e negativo. Ne raccogliamo molto sinteticamente alcune, partendo da una schietta valutazione del vescovo di Amburgo, Stefan Heße: «Il Coronavirus ha fortemente velocizzato processi che, anche senza di esso, erano già in corso. Le crisi sono sempre delle accelerazioni di sviluppi – adesso lo abbiamo sperimentato direttamente sulla nostra pelle».
Creatività, forme di celebrazione domestica, preghiera e mezzi digitali, il rischio di una chiusura su sé stessi, coesione della società e compito della Chiesa – questi alcuni dei temi toccati, con i loro aspetti positivi e quelli di più marcata debolezza. Dell’esperienza fatta bisogna fare, in ogni caso, tesoro e mettere in atto un discernimento per valutare cosa e come del vissuto cristiano di questi mesi deve transitare nella riconfigurazione dei vissuti parrocchiali, personali e istituzionali della Chiesa tedesca.
Due i punti di maggiore criticità: la dimensione sacramentale della celebrazione cattolica; la pastorale negli ospedali e nelle case di riposo. Il primo dice chiaramente l’impossibilità di una totale transizione digitale del cattolicesimo: la liturgia rimane ancorata alla materialità fisica del mondo, e chiede una partecipazione in presenza.
Il secondo è, ad avviso di tutti, questione di estrema urgenza che chiede un pensiero approfondito da parte delle comunità cristiane e dei vescovi. Necessario trovare le vie per assicurare una pastorale adeguata e preparata in ambito ospedaliero e delle RSA del paese. Impellente trovare il modo di poterla esercitare anche se di dovessero ripetere le misure restrittive che hanno caratterizzato i mesi del lockdown.
La vita concreta della gente
Il pomeriggio è stato dedicato invece al lavoro assembleare su alcuni dei cinque ambiti di lavoro del Cammino sinodale. In particolare, ci si è soffermati su quello delle «Donne nei servizi e ministeri della Chiesa» e su quello del «Vivere in relazioni riuscite». La dialettica è stata vivace ma sempre cordiale, il clima generato dal desiderio di poter rivedersi di persona ha favorito una sana gestione delle inevitabili tensioni. Molte volte la semplice umanità aiuta più di tante tecniche della mediazione, e stempera l’aggressività nella presentazione delle proprie posizioni.
Per quanto riguarda le donne nella Chiesa, il nodo della questione potrebbe essere sintetizzato nei seguenti termini: come tenere insieme, stante il riconoscimento di una uguaglianza di responsabilità ecclesiale a più dimensioni, il cammino e la cultura specifica di una Chiesa particolare con la necessaria coesione della Chiesa universale?
Il Cammino sinodale farebbe bene a tenere a mente quanto papa Francesco ha detto in merito al Sinodo sull’Amazzonia per ciò che concerne l’ordinazione di uomini sposati: è stata una significativa discussione di tipo parlamentare, positiva e costruttiva nelle differenze di posizione; ma è mancato l’atteggiamento di discernimento. Questioni così centrali per la vita della Chiesa tutta richiedono discernimento, non solo conta dei numeri.
Se il Cammino sinodale saprà mettere mano a una prassi e stile di discernimento ecclesiale, e non solo di confronto schietto e serrato, allora potrebbe diventare un modello esemplare per molte altre Chiese locali su cui la Chiesa universale può fare affidamento – nel suo tentativo di concretizzarsi con un volto incarnato nelle diverse realtà socio-culturali del mondo odierno, come desidera papa Francesco.
Per quanto riguarda la vita di relazione e affettiva nella Chiesa la domanda centrale è stata quella che è ruotata intorno al tema della ricerca delle «nostre risposte esistenziali alle domande esistenziali delle persone». La fede non vive solo di dogmi, istruzioni magisteriali, ma soprattutto di capacità di essere prossima e accompagnare i vissuti nella loro concretezza – vivendo essa stessa di desiderio di incontro, come gesto che legittima ogni eventuale giudizio.