L’Africa resta la zona del mondo meno colpita dalla pandemia di Coronavirus e, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la curva dei contagi sarebbe in fase discendente ormai dalla fine di luglio.
Nel frattempo, però, va delineandosi un nuovo, preoccupante problema sanitario. Il mix cambiamento climatico+urbanizzazione, che favorisce in senso evolutivo la zanzara Aedes aegypty, potrebbe determinare un forte incremento nella diffusione di malattie come dengue, febbre gialla e zika, di cui questo artropode è vettore.
Con i suoi oltre 200 milioni di casi e 400mila morti all’anno, la malaria è di certo la malattia trasmessa dagli insetti di cui ci si è (comprensibilmente) preoccupati di più. Ma molto presto la famigerata Anopheles potrebbe cedere il passo all’insidiosa “cugina” che va molto d’accordo con le temperature elevate e i contesti urbani.
Temperature più alte non giovano alla malaria, ma alla dengue sì. Uno studio pubblicato recentemente sulla rivista scientifica Lancet e firmato da Erin Mordecai, socente di Biologia alla Stanford University, e da altri scienziati, evidenzia infatti come l’innalzamento delle temperature stia modificando il microclima ambientale in modo fastidioso tanto per i parassiti della malaria quanto per le zanzare che li ospitano.
Osservazione coerente con le proiezioni di altri scienziati, basate anche sulle variazioni che riguardano l’estensione di bacini e corsi d’acqua. Purtroppo però questa “buona notizia” viaggia insieme a un’altra dai risvolti preoccupanti. Il cambiamento climatico sembrerebbe “favorire” in senso evolutivo una serie di altri insetti artropodi vettori a loro volta di microrganismi in grado di determinare patologie insidiose quanto e più della malaria. La principale tra queste è appunto la dengue. La temperatura ideale per la sua trasmissione supera i 29 gradi Celsius, quella della malaria è attestata intorno ai 25.
E le Aedes aegypti stanno cambiando gusti. La zanzara femmina di questa specie acquisisce il virus nutrendosi del sangue di una persona infetta e, dopo un periodo di incubazione che dura circa 8 giorni, diventa a sua volta infettiva e può trasmettere la malattia all’uomo. In Africa, dove è originaria, la maggior parte delle Aedes preferisce al momento succhiare ancora il sangue da scimmie e roditori. Un nuovo studio realizzato dalla Princeton University suggerisce tuttavia che il suo “gusto” per l’uomo si stia espandendo rapidamente (per effetto dell’urbanizzazione e della densità di popolazione), e con esso la capacità di diffondere la malattia.
Aedes aegypti e virus dengue in realtà sono già adesso diffusi in tutta l’Africa. Ma sono ancora sottostimati e non riconosciuti nel loro potenziale di minaccia per la salute pubblica, anche perché i sintomi non sono così specifici da consentire un riconoscimento immediato. Spesso vengono così confusi con quelli della malaria.
L’OMS e i singoli paesi devono attivarsi adesso. Jason Ragson, entomologo e epidemiologo alla Pennsylvania State University, in un articolo recentemente pubblicato su The Conversation, sottolinea la necessità che l’Organizzazione Mondiale della Sanità e i governi si impegnino da subito nella prevenzione e nella cura della dengue e delle altre malattie che da qui ai prossimi 60 anni potranno rappresentare la nuova minaccia sanitaria per il continente.
Le misure di prevenzione che funzionano per le Anopheles (che mordono la notte e tendono a nutrirsi al chiuso), ossia zanzariere trattate con insetticida e repellenti, non funzionano per le Aedes che sono attive di giorno e preferiscono gli spazi aperti.
Previsioni molto preoccupanti. Se al cambiamento climatico si aggiunge il fattore urbanizzazione, che come è noto interessa tutta l’Africa, il rischio dengue si profila con ancora maggiore intensità. Elaine Ostrander, genetista del National Humane Genome Reserch Institute, lo dice con chiarezza sulla rivista Science, facendo riferimento a «una potenziale diffusione della dengue e di altre malattie trasmesse da Aedes che potrebbe essere assolutamente devastante».
Se non si fa nulla, la previsione è che entro il 2080 i focolai di dengue e di altri virus sostituiranno le epidemie di malaria, che oggi sembrano in via d’estinzione.
Ma contro la dengue, che può essere causata da quattro virus diversi, non esiste al momento un trattamento terapeutico specifico. Chi contrae la malattia e guarisce si immunizza ma solo rispetto al tipo di virus dengue con cui è entrato in contatto.
- Ripreso dalla rivista missionaria dei padri bianchi Africa.