Sono state 64 le celebrazioni eucaristiche del vescovo di Roma trasmesse in diretta dalla cappella di Santa Marta, dal 9 marzo al 17 maggio 2020. Per sua esplicita volontà, queste celebrazioni che dall’inizio del suo ministero hanno realizzato un incontro di carattere familiare con un numero ristretto di fedeli che vi hanno preso parte (migliaia in questi anni) e che non aveva mai voluto rendere pubbliche in maniera integrale e diretta, sono state invece in questo periodo aperte a tutti coloro che volessero prenderne parte attraverso il collegamento streaming trasmesso dai Media vaticani alle varie reti con esse collegate.
In tal modo il papa ha inteso manifestare la sua vicinanza «agli ammalati di questa epidemia di coronavirus, per i medici, gli infermieri, i volontari che aiutano tanto, i familiari, per gli anziani che stanno nelle case di riposo, per i carcerati che sono rinchiusi» [1].
Questo appuntamento, coinciso con un tempo significativo quale quello che ogni anno la liturgia propone con il cammino quaresimale prima e con il tempo pasquale poi, è stato condiviso in un contesto tanto critico quanto inaspettato quale quello della pandemia e del conseguente isolamento forzato dovuto al lockdown.
Partendo da un contesto determinato quale quello delle omelie che spiegano le letture bibliche della liturgia eucaristica, Francesco ha trasmesso tanti contenuti, indicazioni, suggestioni ed esortazioni, che sono stati accolti e apprezzati non solo da coloro che si sono collegati sulla rete o via TV. In diretta ma anche da chi ne è venuto a conoscenza grazie ai media e ai TG che in quei giorni riportavano alcune riflessioni trasmesse da Santa Marta.
Proviamo a riprendere qualcuno di questi passaggi che crediamo sia importante accogliere e sviluppare.
Quali sono stati gli argomenti più apprezzatati in questi due mesi a Santa Marta? Scorrendo tutte le omelie abbiamo rilevato i vocaboli che sono apparsi in più di un’omelia e abbiamo registrato 106 voci tra queste. I termini che maggiormente compaiono – prescindendo dai nomi: Figlio, Padre e Spirito Santo – sono le parole diavolo (in nove omelie), Chiesa (10), Legge (10), peccato (12), cuore (16), popolo di Dio (17) ; abbiamo inoltre unito i vocaboli fede, fidarsi, fedeltà, credere, fiducia constatando la loro ricorrenza in 21 omelie.
Quale sono le indicazioni che emergono per chi vive l’impegno della fede? La fede va trasmessa, va offerta ma senza cadere nella tentazione di alcun proselitismo: le vie sono la testimonianza e il servizio; la veste quella dell’umiltà. Ogni proselitismo sfocia in una corruzione [2].
A riguardo dell’attuazione della testimonianza della fede Francesco asserisce:
Tu puoi fare una struttura ospedaliera, educativa di grande perfezione, di grande sviluppo, ma se una struttura è senza testimonianza cristiana, il tuo lavoro lì non sarà un lavoro di testimone, un lavoro di vera predicazione di Gesù: sarà una società di beneficenza, molto buona – molto buona! – ma niente di più [3].
Queste parole paiono una risposta a tutti coloro che accusano il vescovo di Roma di promuovere una visione che trascurerebbe il primato della fede con la proposta della Chiesa come “ospedale da campo”. Francesco invita ad essere guardinghi e a fondare l’impegno della predicazione della fede sul binomio testimonianza e preghiera.
La fede si caratterizza nella concretezza che si delinea nei suoi vari aspetti: la concretezza della verità, la concretezza dell’umiltà, la grazia della semplicità [4].
Il servizio è il tratto peculiare presente nella “carta d’identità” del seguace di Gesù ed è questo stile che porta a costruire ed edificare secondo la chiamata della elezione, come trasmesso nell’omelia del martedì della Settimana Santa. Fondamentale la perseveranza nel servizio[5].
I concetti biblici di elezione, promessa e alleanza sono ricordati nell’omelia del 2 aprile.[6]
Afferma inoltre Francesco: guai, invece, agli ipocriti e ai corrotti. Dio infatti
ai corrotti non perdona, semplicemente perché il corrotto è incapace di chiedere perdono, è andato oltre. Si è stancato… no, non si è stancato: non è capace. La corruzione gli ha tolto anche quella capacità che tutti abbiamo di vergognarci, di chiedere perdono. No, il corrotto è sicuro, va avanti, distrugge, sfrutta la gente, come questa donna, tutto, tutto… va avanti. Si è messo al posto di Dio [7].
Uno degli atteggiamenti più deleteri e distruttivi, opposti al messaggio evangelico, è quello della mormorazione, della lamentela, del chiacchiericcio, che diviene un vero e proprio linciaggio sociale, arrivando a capovolgere la verità con calunnie e notizie false che, se diffuse, trascinano le masse, sfociando anche in forme di violenza cruenta.
Oltre agli esempi di Gesù e di Stefano e dei martiri cristiani di ogni epoca, abbiamo il dramma contemporaneo della Shoà[8].
Davanti a questa situazione letale, che si caratterizza con un accanimento distruttivo, l’esempio trasmesso a noi da Gesù è quello del coraggio di tacere: contrapporre all’accanimento soltanto il silenzio, mai la giustificazione[9].
Le prevaricazioni umane non si fermano alla mormorazione e all’accanimento che porta alla violenza fisica ma sono tragicamente attualizzate da ogni forma di ingiustizia che travalica le singole società per assumere dimensioni universali.
Magistrale a riguardo è l’omelia del mercoledì santo con la lettura del tradimento accostata alla vendita del nostro prossimo.
Quando noi pensiamo al fatto di vendere gente, viene alla mente il commercio fatto con gli schiavi dall’Africa per portarli in America – una cosa vecchia – poi il commercio, per esempio, delle ragazze yazide vendute a Daesh: ma è cosa lontana, è una cosa… Anche oggi si vende gente. Tutti i giorni. Ci sono dei Giuda che vendono i fratelli e le sorelle: sfruttandoli nel lavoro, non pagando il giusto, non riconoscendo i doveri… Anzi, vendono tante volte le cose più care. Io penso che per essere più comodo un uomo è capace di allontanare i genitori e non vederli più; metterli al sicuro in una casa di riposo e non andare a trovarli… vende. C’è un detto molto comune che, parlando di gente così, dice che “questo è capace di vendere la propria madre”: e la vendono. Adesso sono tranquilli, sono allontanati: «Curateli voi…».
Oggi il commercio umano è come ai primi tempi: si fa. E questo perché? Perché: Gesù lo ha detto. Lui ha dato al denaro una signorìa. Gesù ha detto: “Non si può servire Dio e il denaro” (cf. Lc. 16,13), due signori. È l’unica cosa che Gesù pone all’altezza e ognuno di noi deve scegliere: o servi Dio, e sarai libero nell’adorazione e nel servizio; o servi il denaro, e sarai schiavo del denaro. Questa è l’opzione; e tanta gente vuole servire Dio e il denaro. E questo non si può fare. Alla fine fanno finta di servire Dio per servire il denaro. Sono gli sfruttatori nascosti che sono socialmente impeccabili, ma sotto il tavolo fanno il commercio, anche con la gente: non importa. Lo sfruttamento umano è vendere il prossimo… da rubare a tradire c’è un passo, piccolino. Chi ama troppo i soldi tradisce per averne di più, sempre: è una regola, è un dato di fatto [10].
Basti pensare alle ingiustizie che negano la dignità dell’uomo imponendo condizioni di lavoro che sono vere e proprie situazioni di schiavitù[11].
Tocca le coscienze l’omelia del 6 aprile:
Questa storia dell’amministratore non fedele è sempre attuale, sempre ce ne sono, anche a un alto livello: pensiamo ad alcune organizzazioni di beneficenza o umanitarie che hanno tanti impiegati, tanti, che hanno una struttura molto ricca di gente e alla fine arriva ai poveri il quaranta percento, perché il sessanta è per pagare lo stipendio a tanta gente. È un modo di prendere i soldi dei poveri. Ma la risposta è Gesù. E qui voglio fermarmi: “I poveri infatti li avete sempre con voi” (Gv. 12,8). Questa è una verità: “I poveri infatti li avete sempre con voi”. I poveri ci sono. Ce ne sono tanti: c’è il povero che noi vediamo, ma questa è la minima parte; la grande quantità dei poveri sono coloro che noi non vediamo: i poveri nascosti. E noi non li vediamo perché entriamo in questa cultura dell’indifferenza che è negazionista e neghiamo: “No, no, non ce ne sono tanti, non si vedono; si, quel caso…”, diminuendo sempre la realtà dei poveri. Ma ce ne sono tanti, tanti.
O anche, se non entriamo in questa cultura dell’indifferenza, c’è un’abitudine di vedere i poveri come ornamenti di una città: sì, ci sono, come le statue; sì, ci sono, si vedono; sì, quella vecchietta che chiede l’elemosina, quell’altro… Ma come se fosse una cosa normale. È parte dell’ornamentazione della città avere dei poveri. Ma la grande maggioranza sono i poveri vittime delle politiche economiche, delle politiche finanziarie. Alcune recenti statistiche fanno il riassunto così: ci sono tanti soldi in mano a pochi e tanta povertà in tanti, in molti. E questa è la povertà di tanta gente vittima dell’ingiustizia strutturale dell’economia mondiale. E ci sono tanti poveri che provano vergogna di far vedere che non arrivano a fine mese; tanti poveri del ceto medio, che vanno di nascosto alla Caritas e di nascosto chiedono e provano vergogna. I poveri sono molto più [numerosi] dei ricchi; molto, molto… E quello che dice Gesù è vero: “I poveri infatti li avete sempre con voi”. Ma io li vedo? Io me ne accorgo di questa realtà? Soprattutto della realtà nascosta, coloro che provano vergogna di dire che non arrivano a fine mese [12].
La disponibilità a partecipare alle sofferenze di coloro che sono stati colpiti da questa pandemia [13], deve aprire la nostra riflessione sui fratelli sofferenti per tante altre pandemie come quella della fame nel mondo [14].
Che questa esperienza di pandemia diventi dunque un’occasione per ridefinire le nostre opzioni e non ricadere in quella che viene definita nostalgia del sepolcro:
Anche oggi, davanti alla prossima – speriamo che sia presto – prossima fine di questa pandemia, c’è la stessa opzione: o la nostra scommessa sarà per la vita, per la resurrezione dei popoli o sarà per il dio denaro: tornare al sepolcro della fame, della schiavitù, delle guerre, delle fabbriche delle armi, dei bambini senza educazione… lì c’è il sepolcro [15].
Indubbiamente quella della pandemia è un’esperienza di crisi sociale, come tanti altri possono essere i tempi di crisi: matrimoniali, familiari, lavorativi. Come reagire nei momenti di crisi?
Nella mia terra c’è un detto che dice: “Quando tu vai a cavallo e devi attraversare un fiume, per favore, non cambiare cavallo in mezzo al fiume”. […] È il momento della fedeltà, della fedeltà a Dio, della fedeltà alle cose [decisioni] che noi abbiamo preso da prima. È anche il momento della conversione, perché questa fedeltà sì, ci ispirerà qualche cambiamento per il bene, non per allontanarci dal bene [16].
Qual è il ruolo del popolo di Dio, termine più ricorrente, forse non a caso, in queste omelie a Santa Marta?
Il cristianesimo non è solo un’etica, non è solo un’élite di gente scelta per testimoniare la fede.
Il credente deve sperimentare il fiuto e vivere la memoria di appartenere al popolo di Dio. Acquisire una coscienza di popolo:
Quando manca questo vengono i dogmatismi, i moralismi, gli eticismi, i movimenti elitari. Manca il popolo [17].
Una delle immagini che rimarrà più impressa in questo ciclo di omelie è quella della Chiesa come un fiume nel quale hanno diritto di presenza tutte le diverse correnti.
Riteniamo sia questa un’asserzione decisa in risposta a tutti coloro che rivendicano pretese ai limiti dello scisma o lamentano l’impossibilità della coabitazione di anime diverse, tradizionaliste o progressiste che siano.
Qui Francesco continua a ricordare che l’opera della divisione, della frammentazione tra partiti (io sono di Paolo, io sono di Apollo…) si presenta come una vera e propria malattia per la Chiesa.
La Chiesa è come un fiume, sai? Alcuni sono più da questa parte, alcuni dall’altra parte, ma l’importante è che tutti siano dentro al fiume”. Questa è l’unità della Chiesa. Nessuno fuori, tutti dentro. Poi, con le peculiarità: questo non divide, non è ideologia, è lecito. Ma perché la Chiesa ha questa ampiezza di fiume? È perché il Signore vuole così[18].
Chiudiamo questo ventaglio di citazioni con la significativa omelia del 18 marzo in cui Francesco ci ricorda che
Il nostro Dio è il Dio della vicinanza, è un Dio vicino, che cammina con il suo popolo.[…] L’uomo rifiuta la vicinanza di Dio, lui vuole essere padrone dei rapporti e la vicinanza porta sempre con sé qualche debolezza.[…] Il “Dio vicino” si fa debole, e quanto più vicino si fa, più debole sembra[…]
Il nostro Dio è vicino e chiede a noi di essere vicini, l’uno all’altro, di non allontanarci tra noi. E in questo momento di crisi per la pandemia che stiamo vivendo, questa vicinanza ci chiede di manifestarla di più, di farla vedere di più. Noi non possiamo, forse, avvicinarci fisicamente per la paura del contagio, ma possiamo risvegliare in noi un atteggiamento di vicinanza tra noi: con la preghiera, con l’aiuto, tanti modi di vicinanza. E perché noi dobbiamo essere vicini l’uno all’altro? Perché il nostro Dio è vicino, ha voluto accompagnarci nella vita. È il Dio della prossimità. Per questo, noi non siamo persone isolate: siamo prossimi, perché l’eredità che abbiamo ricevuto dal Signore è la prossimità, cioè il gesto della vicinanza[19].
A qualche mese dall’inizio della pandemia rileggere le parole di Francesco risulta una occasione preziosa per dare un senso agli avvenimenti e spronare ciascuno alla costruzione di un mondo migliore.
[1]Vatican News, La vicinanza del Papa: Messa di Santa Marta in diretta ogni giorno, in https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020-03/coronavirus-papa-francesco-messa-santa-marta-ogni-giorno.html
[2]Cf. Francesco, La fede va trasmessa, va offerta, soprattutto con la testimonianza, 25 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200425_testimoniare-lafede-conlavita.html
[3]Id., Senza testimonianza e preghiera non si può fare predicazione apostolica, 30 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200430_testimonianza-e-preghiera.html
[4]Cf. Id., La concretezza e la semplicità dei piccoli, 29 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200429_laconcretezza-dellaverita.html
[5]Cf. Id., Perseverare nel servizio, 7 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200407_perseverare-nelservizio.html
[6]Cf. Id., Le tre dimensioni della vita cristiana: elezione, promessa, alleanza, 2 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200402_letre-dimensioni-dellavita.html
[7]Id., Fidarsi della misericordia di Dio, 30 marzo 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200330_pregare-peril-perdono.html
[8]Cf. Id., Il piccolo linciaggio quotidiano del chiacchiericcio, 28 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200428_laverita-dellatestimonianza.html
[9]Cf. Id., Il coraggio di tacere, 27 marzo 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200327_ilcoraggio-ditacere.html
[10]Id., Giuda, dove sei?, 8 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200408_tra-lealta-e-interesse.html
[11]Cf. Id., Il lavoro è la vocazione dell’uomo, 1 maggio 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200501_illavoro-primavocazione-delluomo.html
[12]ID., Cercare Gesù nel povero, 6 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200406_la-poverta-nascosta.html
[13]Cf. Id., La domenica del pianto, 29 marzo 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200329_lagrazia-dipiangere.html
[14]Cf. Id., Giorno di fratellanza, giorno di penitenza e preghiera, 14 maggio 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200514_giornodi-fratellanza-penitenza-preghiera.html
[15]Id., Scegliere l’annuncio per non cadere nei nostri sepolcri, 13 aprile 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200413_annunciare-cristo-vivoerisorto.html
[16]Id., Imparare a vivere i momenti di crisi, 2 maggio 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200502_lecrisi-occasioni-diconversione.html
[17]Id., Essere cristiani è appartenere al popolo di Dio, 7 maggio 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200507_consapevoli-diessere-popolodidio.html
[18]Id., Tutti abbiamo un unico Pastore: Gesù, 4 maggio 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200504_cristo-unicopastore.html
[19]Id., Il nostro Dio è vicino e ci chiede di essere vicini l’uno all’altro, 18 marzo 2020, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2020/documents/papa-francesco-cotidie_20200318_pergli-operatorisanitari.html
Penso alla Chiesa che come madre accoglie tutti i suoi figli, non nega mai il suo amore e il suo perdono anche di fronte al peggiore dei tradimenti. Spera sempre. E se con dolore paziente attende che i suoi figli capiscano quanto è grande il suo amore, non può tuttavia bloccare, raggelare la propria vita in attesa di questo. Lei va avanti, “deve” andare avanti, anche per il loro bene, sebbene ancora incompreso e rifiutato. E’ dire lo stesso con l’immagine bellissima del fiume: le sue acque scorrono, non rimangono mai ferme, non possono arrestarsi anche se nel suo letto ognuno può trovarvi posto. Forse riesce ad accogliere perché, proprio come un fiume, non può smettere di far fluire le sue acque in una corrente che mai è identica e che sempre sospinge in avanti.