Dalle sponde dell’Ortodossia emergono due eventi maggiori: il riconoscimento della Chiesa ucraina autocefala da parte dell’arcivescovo di Cipro e la nuova “carta” (statuto) delle diocesi elleniche degli Stati Uniti, con una ipotesi (improbabile) dello spostamento del patriarcato da Costantinopoli a New York.
Sabato 24 ottobre, l’arcivescovo di Cipro, Crisostomo II, durante la celebrazione di ordinazione di un vescovo (Arsinio Pancrace) a Pafo, ha commemorato nei “dittici” anche il metropolita Epifanio di Kiev. È la quarta Chiesa ortodossa a farlo dopo Costantinopoli, Atene e Alessandria.
L’arcivescovo ha affermato che la sua decisione sarà per il bene dell’Ortodossia e per la Chiesa di Cipro, pur incontrando la resistenza di alcuni. «Ho commemorato il nuovo metropolita della Chiesa ortodossa ucraina, Epifanio. In coerenza con quanto fatto in precedenza (una proposta di mediazione fra Mosca e Costantinopoli, ndr.), abbiamo informato il patriarca ecumenico che avremmo mantenuto una posizione neutrale, impegnandoci al servizio dell’Ortodossia nel dialogo con i primati delle varie Chiese autocefale».
Ne aveva discusso in sinodo il 9 settembre senza giungere a una decisione. Il gesto è stato compiuto autonomamente senza un accordo previo con i 17 gerarchi dell’isola. Non ha escluso una riunione sinodale in merito, dicendosi convinto di un consenso, almeno maggioritario.
Considerati gli interessi filo-russi del paese (come sponda per contenere le mire crescenti dei turchi che occupano una parte dell’isola), la decisione sembra rispondere all’opportunità di confermare il ruolo di Costantinopoli collocando la decisione sulla questione ucraina sul terreno canonico e non dogmatico.
Il quarto riconoscimento per Kiev
La reazione di quattro gerarchi più vicini a Mosca (Atanasio di Limassol, Nicoforo di Kykkos, Isaia di Tamasos, Nicola di Amathundus) è stata molto dura. «L’azione dell’arcivescovo costituisce una violazione evidente della struttura sinodale», perché non ha rispettato la decisione della riunione del 9 settembre che imponeva una sessione successiva. Solo le Chiese di Costantinopoli (a cui è legata Atene) e di Alessandria hanno riconosciuto Epifanio, mentre «tutte le altre Chiese ortodosse locali hanno assunto un atteggiamento negativo al riguardo».
«Se il santo patriarca ecumenico voleva davvero seguire la procedura canonica per la concessione dell’autocefalia alla Chiesa d’Ucraina avrebbe dovuto accordarla al metropolita canonicamente riconosciuto, Onufrio, previo consenso del patriarca di Mosca e con l’approvazione dei primati ortodossi». Così non è stato fatto, e Bartolomeo di Costantinopoli ha scelto degli scismatici con un’«azione arbitraria e anti-canonica», «agendo unilateralmente e arbitrariamente».
La decisione di Crisostomo «aggrava la situazione già tesa tra le Chiese» e «minaccia di approfondire lo scisma dell’Ortodossia». Chiedono «a sua beatitudine di ritirare immediatamente il suo atto anticanonico e invalido», convocando un’assemblea sinodale. Una decisione, dunque, negativa «considerati i tempi critici che stiamo attraversando (allusione alla minaccia di scontri militari fra Turchia e Grecia − ndr) che riguardano la questione nazionale e le minacciose indicazioni messe in atto dalla politica espansionistica della Turchia».
Il vescovo Nicoforo ha parlato espressamente di un pericolo di scisma nella Chiesa di Cipro. Il metropolita russo Hilarion, presidente del dipartimento degli affari ecclesiastici internazionali, ha qualificato l’evento come «affliggente» e ha annunciato che l’arcivescovo di Cipro «sarà radiato dai “dittici” della Chiesa ortodossa russa». Ha denunciato le pressioni su di lui da parte del patriarca di Costantinopoli e degli Stati Uniti «che hanno interesse a indebolire la Chiesa russa e a opporre le tradizioni elleniche e slave». Ha negato che mai la sede di Mosca ha preteso la primazia nel mondo ortodosso.
Cambia lo statuto dell’Ortodossia americana
Il sinodo del patriarcato di Costantinopoli (6-8 ottobre) con una decisione che ha sorpreso molti ha sospeso lo statuto (la “carta”) che regola le istituzioni ecclesiastiche ortodosse di obbedienza ellenica degli Stati Uniti, in vigore dal 1977. La decisione vorrebbe «rafforzare il ruolo della provincia più grande della Chiesa costantinopolitana con una nuova visione e una nuova costituzione adatte ai bisogni pastorali di oggi in forte evoluzione come la società americana».
Molto positiva la reazione dell’arcivescovo Elpidoforos, che da maggio 2019 guida la diocesi di New York: «Siamo contenti perché con questa decisione il patriarcato ecumenico ci dà un’eccellente occasione per “immaginare” insieme la nostra Chiesa in occasione del suo centenario».
Le strutture amministrative, il sinodo, i comitati, i consigli e le assemblee continueranno la loro attività, ma il nuovo statuto modificherà le relazioni fra le otto diocesi e l’arcidiocesi di New York secondo un progetto di centralizzazione e di ricompattamento che inverte la tendenza alla crescente autonomia delle singole realtà ecclesiali. Segnali di questo orientamento sono l’interdizione del metropolita di Boston e la soppressione delle metropolie del New Jersey.
L’attuale struttura ecclesiale decentrata, attiva da alcuni decenni, è nata su suggerimento di Costantinopoli, allora preoccupata delle tendenza degli ortodossi statunitensi a darsi un profilo troppo autonomo, con una irradiazione sull’intera America del Nord e del Sud. Per impedire tale concentrazione il patriarca decise la creazione di distinte metropolie in Argentina, Messico, Stati Uniti e Canada. In tal modo favorendo la relazione diretta con il Fanar (Costantinopoli). Per tutti gli anni Novanta i rapporti sono stati comunque piuttosto tesi con l’arcivescovo Dimitrio di New York, invitato ripetutamente negli ultimi anni alle dimissioni, avvenute solo nel 2019.
Il nuovo statuto dovrebbe investire di nuovo nell’autorità di riferimento dell’arcivescovo negli Stati Uniti, assicurando contestualmente un legame forte con il Fanar. Ma non si tratta solo di equilibrio delle forze. Vi è uno sforzo di progettazione pastorale e di innovazione teologica bene espresso in un documento recente (27 marzo 2020) indirizzato all’intera Ortodossia, che ha avuto nel vescovo Elpidoforos il riferimento maggiore. Il suo titolo è: Per la vita del mondo. Verso un ethos sociale della Chiesa ortodossa (cf. in SettimanaNews: Insegnamento sociale ortodosso: un testo di riferimento).
Voluto dal concilio di Creta (2016), scritto da una commissione di 13 teologi in quattro anni, con la consultazione di 25 metropolie in tutto il mondo e approvato dal sinodo costantinopolitano, può avere come parallelo cattolico la Gaudium et spes del Vaticano II. Il rinnovamento atteso per il nuovo statuto dell’Ortodossia americana trova qui il suo riferimento più completo: un nuovo approccio della fede ortodossa alla modernità e post-modernità, con una prospettiva di lunga durata.
Costretti ad andarsene da Istanbul?
Alcune ricadute, ad esempio nell’ecumenismo, sono state ricordate dal vescovo Elpidoforos in un discorso recente tenuto alla Fordham University dei gesuiti statunitensi. Il pericolo di un nuovo «inverno» ecumenico è legato anche alle tendenze nazionaliste, fondamentaliste e localiste che attraversano le Chiese cristiane, «al punto che l’articolazione tra unità e diversità è particolarmente in pericolo, e con essa la nostra capacità di ristabilire il legame di comunione che desideriamo». Le Chiese non devono cedere alla cultura dello «scontro di civiltà» se vogliono essere fedeli all’invito evangelico dell’unità.
In una saggio di Kostantin Shemlyuk, apparso su Parlons d’Orthodoxie (23 ottobre) si sviluppa un’argomentazione geopolitica di quanto succede nell’Ortodossia ellenica negli USA. Partendo da un’appartenenza filo-russa e pregiudizialmente ostile, l’autore fa notare che il rafforzamento della sede americana corrisponde a una dipendenza crescente del patriarcato di Costantinopoli dagli Stati Uniti.
La trasformazione della basilica di Santa Sofia e della chiesa del monastero di San Salvatore in Chora (Istanbul) a moschee, le accuse crescenti nei media turchi a Bartolomeo di essere coinvolto nel (presunto) colpo di stato fallito di Fethullah Gülen contro Erdogan, l’evidente tendenza del potere turco a farsi corifeo dell’islam nell’intera area medio-orientale, mettono in questione l’esistenza stessa della sede patriarcale del Fanar.
Elpidoforos, che ha nazionalità turca, è considerato un probabile successore di Bartolomeo, ma con l’handicap per il potere locale, di avere un’ascendenza curda. «Conseguentemente si può supporre che il cambiamento dello statuto sia il primo passo verso il trasferimento della cattedra patriarcale da Costantinopoli agli Stati Uniti. Per farlo è necessario subordinare tutte le metropolie americane alla sede di New York».
L’ipotesi è suggestiva, ma dà per scontata la successione a Bartolomeo, la disponibilità delle Chiese elleniche all’operazione e la continuità dell’attuale situazione politica dell’area, attraversata, come altre zone del mondo, da forti correnti di cambiamento. Ma il fatto che sia stata scritta è un piccolo segno da annotare, a testimonianza delle permanenti tensioni scismatiche nell’Ortodossia e dei condizionamenti politici nel passaggio a nuove egemonie.