Il culto a Maria
Si sa che i luterani criticano il culto ai santi e alla Madonna stessa, perché oscurerebbe la mediazione di Gesù (a volte diamo anche noi occasione a questa loro critica; vedi antifone mariane a Compieta, certe orazioni e devozioni…). Come già sappiamo (cf. Settimana News n. 32) Lutero pone certamente Gesù al cuore della sua spiritualità e della sua predicazione. Ma ha anche un lungo e interessante commento al Magnificat di Maria.
Dedicato e indirizzato al suo potente protettore, il duca di Sassonia Giovanni Federico, e scritto tra il 1520 e il 1521, quindi già da scomunicato, Lutero vi segue frase per frase il Magnificat e lo commenta. Certo, vi inserisce molte delle sue idee: importanza fondamentale della fede nella grazia di Dio e quindi in Gesù Cristo, valore secondario delle opere umane, critica a volte feroce alle gerarchie ecclesiastiche e alla religiosità popolare tedesca, pessimismo sulla natura umana e sulle sue possibilità (tutto è peccato, anche il matrimonio e le attività politiche se non sono guidate dalla fede) ecc. Tuttavia quel commento merita attenzione. Ne considereremo qui solo qualche brano (preso da V. Vinay, Scritti religiosi di Lutero, Utet 1967, pagg. 431-511). Ovviamente suppongo che il mio lettore conosca bene il Magnificat.
Dalla premessa: «La dolce madre di Dio mi procuri lo Spirito (!), affinché io possa spiegare con giovamento e bene questo canto… e noi tutti ne possiamo trarre un’intelligenza che ci meni alla salvezza e ad una vita degna di lode, sì che poi possiamo nella vita eterna celebrare e cantare questo eterno Magnificat. Lo voglia Iddio. Amen». Così dunque scrive Lutero.
Lutero commenta il Magnificat
Non tutti possono pregare col Magnificat: «I primi sono quelli che non sanno lodare Dio se prima egli non fa loro del bene… siccome non vogliono soffrire oppressione né abbattimento, non possono mai conoscere le opere di Dio e perciò non possono mai veramente amare e lodare Iddio… Il Magnificat viene cantato in modo solenne… ma non lo intoniamo se non nei momenti per noi buoni e se le cose vanno male il canto tace… Così anche il Magnificat rimane senza forza.
Poi ci sono quelli che per sé traggono vanto dai beni di Dio, ma non li attribuiscono alla pura bontà divina, bensì vogliono averne un merito, essere onorati e stimati dagli altri… Si diventa orgogliosi e soddisfatti di se stessi… Invece Maria non dice: L’anima mia magnifica se stessa. Maria magnifica soltanto Dio, al quale attribuisce ogni dono. Sebbene avesse accolto in sé quella grande opera di Dio (la maternità divina), ebbe e mantenne un sentimento di umiltà, senza elevarsi sopra il minimo uomo di terra e se lo avesse fatto sarebbe precipitata con Lucifero nell’abisso dell’inferno. Se un’altra fanciulla avesse ricevuto tali beni da Dio, Maria avrebbe voluto essere ugualmente lieta e gioire di lei come per se stessa…anzi stimava tutti gli altri più di se stessa… Così non si è inorgoglita per nulla e ha lasciato a Dio la sua libera bontà: ella non fu che un lieto ospizio e un’albergatrice volonterosa di tale Ospite…
Questo dunque significa magnificare Dio solo, stimare lui solo per grande e non avere alcuna pretesa per noi. Così appare chiaro a quale grande motivo di caduta e di peccato ella abbia resistito, poiché non è un piccolo miracolo che non si sia lasciata prendere da orgoglio e presunzione… Non pensi che sia un cuore meraviglioso?».
Bella questa pagina e sorprende: sembra che per Lutero la grandezza morale di Maria dipenda anche o soprattutto dalle sue virtù! Nulla anche dalla sua Immacolata Concezione? Non si capisce, però rimane sullo sfondo il richiamo al dono speciale di Dio per quella fanciulla di Nazaret né gelosa né invidiosa, umile e disponibile. Del resto, nemmeno tra i cattolici era già chiaro il dogma dell’Immacolata Concezione (definito da Pio IX nel 1854). A parte che, secondo i nostri Vangeli, poco sappiamo sulle virtù di Maria (al più si intravvedono) e lei stessa comprese a poco a poco il suo posto nella storia della salvezza.
Dal Magnificat alla politica
Da Maria che canta «la misericordia di Dio di generazione in generazione» Lutero attinge anche una direttiva per il duca di Sassonia e per tutti i capi di stato. «Il potere temporale ha il dovere di proteggere i suoi sudditi, perché esso porta la spada per incutere timore a coloro che non si convertono a questa dottrina divina, affinché lascino vivere in pace gli altri… Tuttavia questa protezione non deve avvenire provocando malanni maggiori… Si fa una cattiva protezione quando, a causa di una persona sola, si mette in pericolo tutta una città o si impegna tutto il Paese per un villaggio o un castello… Anche un suddito deve soffrire qualche torto per il bene della comunità e non deve volere che per cagion sua tutti gli altri subiscano gravi danni… Un principe o un’autorità deve badare piuttosto a giovare a tutto il popolo che a un singolo. Non diverrà un ricco padre di famiglia chi getta via l’oca perché le fu strappata una piuma». Insomma, la misericordia divina dovrebbe orientare anche i rapporti socio-politici, almeno quelli del tempo di Lutero.
Maria e la progenie di Abramo
Quando il Magnificat arriva a parlare delle promesse graziose di Dio alla «progenie-discendenza di Abramo, ossia al popolo di Israele», Lutero affronta insieme due temi: quello, appunto, di Israele e quello della verginità di Maria.
Su Israele e giudei Lutero fu a volte tremendo e aspro nemico; qui invece usa un linguaggio più mite: «Non dobbiamo trattare duramente i giudei, perché fra di loro ve ne sono ancora di quelli che nel futuro diverranno cristiani e che lo divengono ogni giorno. Inoltre, essi soli hanno la promessa e non noi… essi sono la progenie benedetta. Se noi vivessimo cristianamente e con la bontà li conducessimo a Cristo, useremmo il metodo giusto. Chi vuole diventare cristiano, quando vede i cristiani trattare gli uomini tanto poco cristianamente? Non è così che si deve agire, diletti cristiani, ma si dica ai giudei la verità con benevolenza; se poi non la vogliono accettare li si lasci in pace. Quanti sono i cristiani che non rispettano Cristo, non ascoltano le sue parole, fanno peggio dei pagani e dei giudei, eppure li lasciamo in pace o addirittura cadiamo ai loro piedi quasi adorandoli come idoli?». E se Hitler e i suoi adepti, che quasi adoravano il loro capo, avessero letto anche queste frasi del loro Lutero?… Purtroppo ne ricordarono solo quelle pesantemente antiebraiche del 1543.
Sulla verginità di Maria Lutero ha una complessa riflessione e un’enfasi inaspettata. Per capirla, anche senza condividerla del tutto, occorre richiamare ancora il pessimismo luterano (e in buona parte agostiniano): tutte le attività umane sono per sé e rimangono sempre bacate dal peccato, sono impure, esprimono e producono, per sé, maledizione. Tra quelle anche il matrimonio e la sessualità; così egli pensa almeno per un certo tempo, cioè almeno fino al suo matrimonio con una ex suora (Caterina von Bora, avvenuto nel 1525 e da cui avrà 5 figli). Quella mentalità pessimistica gli suscita il problema: tutti i figli di Abramo, tutto Israele, in quanto dipendenti da matrimonio e sessualità, sono per natura immondi, maledetti e procreatori di maledizione. Come poteva Gesù, in quanto ebreo, non essere anche lui maledetto?
Ecco l’invenzione di Dio: Gesù nasce da un’ebrea, dalla sua carne di donna, ma vergine! «Chi troverà una via di mezzo, affinché rimangano veri le parole e il giuramento di Dio (ad Abramo e alla sua discendenza) senza cadere nella maledizione naturale?… Ecco come egli ha saputo associare due elementi contrastanti: suscita in Abramo il seme, un figliolo secondo natura da una delle sue figliole, però pura vergine, Maria, per mezzo dello Spirito Santo, senza opera di uomo. In questo caso la nascita e la concezione secondo natura non fu accompagnata dalla maledizione, che non poté colpire questo seme, il quale eppure è veramente seme di Abramo secondo natura, come tutti gli altri figlioli di Abramo…
È quanto intende la dolce Madre di questa progenie, quando dice che Dio ha soccorso Israele secondo la promessa rivolta ad Abramo e a tutta la sua progenie, ben vedendo che la promessa si era compiuta in lei. Perciò ella dice che ormai questo fatto è compiuto e che Dio ha soccorso Israele, mantenendo la sua parola per semplice ricordo della sua misericordia.
Qui noi vediamo il fondamento dell’Evangelo e perché ogni sua dottrina e ogni sua predica porti alla fede in Cristo e al seno di Abramo. Se manca questa fede, in cui si afferra la progenie benedetta, vano è ogni consiglio e ogni soccorso».
Da Lutero a noi
Non tutto ci appare condivisibile in Lutero, in particolare il suo esagerato pessimismo verso tutto ciò che è umano (Lutero identifica il peccato originale con la concupiscenza naturale) e quindi anche la sua maniera di valorizzare la verginità di Maria. Se Gesù è “santo”, lo è per altri motivi e lo sarebbe anche se fosse nato, supponiamo, da una normale coppia di sposi. Prese queste distanze da Lutero, tuttavia è sempre utile, anzi doveroso, conoscerlo prima di… mandarlo al rogo (a parte il fatto che lui l’ha scampato).
Pur con limiti, contraddizioni e peccati (e chi non ne ha?), egli ci invita a sottolineare sempre la fondamentale importanza della grazia di Dio per noi povere creature e peccatori, manifestata e realizzata in Gesù morto e risorto e nato dalla vergine Maria. Così possiamo anche noi, con Lutero e i suoi discepoli, cantare il Magnificat.