«Quello che c’è in gioco è la dignità di noi stessi. Siamo noi i primi interessati a trasmettere un pianeta abitabile per l’umanità che verrà dopo di noi. È un dramma per noi stessi, perché ciò chiama in causa il significato del nostro passaggio su questa terra» (Laudato si’ 160).
Messaggio della Conferenza episcopale italiana per l’11ma Giornata per la custodia del creato. Dallo scorso anno papa Francesco ha istituito, nella stessa data e in comunione d’intenti con il patriarca Bartolomeo, la Giornata mondiale di preghiera (ecumenica) per il creato. (Approfondimento qui).
Messaggio per la
11ª Giornata nazionale per la custodia del creato
«La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente» (Sir 18, 12): così la Scrittura canta l’amore di Dio nella sua ampiezza senza misura. Non a caso papa Francesco sottolinea che proprio «l’amore di Dio è la ragione fondamentale di tutto il creato: “Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata” (Sap 11, 24)».[1] Davvero la traboccante misericordia del Dio trinitario si espande a creare un mondo ricco di una varietà di creature. Celebrare la Giornata del creato nell’anno giubilare è, dunque, un invito a vivere fino in fondo – nella nostra esperienza di fede, come nei comportamenti quotidiani – questa dimensione della misericordia divina.
Benediciamo il Signore
La lode e la gratitudine sono la prima risposta al dono fondamentale che il Signore ci fa con la creazione. Alla scuola dei Salmi impariamo la pratica della benedizione per la bellezza del creato, il rendimento di grazie per il nutrimento che ci offre e per la cura provvidente che ci avvolge. Anzi, tutte le creature sono convocate, per un ringraziamento cui non bastano le parole umane: «Benedite, opere tutte del Signore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli» (Dn 3,57); «Ogni vivente dia lode al Signore» (Sal 150,6).
Tale dinamismo accomuna le Chiese cristiane, che pure condividono la fede nell’eucaristia, punto focale di tale esperienza. Essa «unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato»; è «un atto di amore cosmico»,[2] che raccoglie in un’unica celebrazione il mistero salvifico della Pasqua e la storia dell’azione creatrice del Dio misericordioso. In essa, realtà vivificante in cui vive e si fa vicino ad ogni creatura, siamo educati a contemplare il mondo come sacramento della sua grazia.
Il grido della terra
Leggere la Laudato si’ nell’Anno della misericordia significa anche imparare ad ascoltare il gemito e la sofferenza della «nostra oppressa e devastata terra», assieme a quello dei «poveri più abbandonati e maltrattati».[3] Il nostro Paese è segnato in molti modi dalla violenza che degrada la creazione: si pensi ai numerosi casi di inquinamento nelle città, che mettono a rischio la salute e la stessa vita di molti – quasi sempre soprattutto i più fragili, i più poveri, gli esclusi. Si pensi all’avvelenamento di tanti territori, a seguito di pratiche industriali non sempre adeguatamente controllate; alle tante morti, di cui magari si comprende la causa solo dopo anni. Si pensi, ancora, agli effetti dei cambiamenti climatici che portano alla crescita dei cosiddetti “migranti ambientali” e al loro impatto sui cicli delle stagioni e sulla produzione agricola; alla violenza di tanti eventi meteorologici estremi: veramente sono un «problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità».[4]
C’è, quindi, un grido della terra che va ascoltato con attenzione, nella varietà dei suoi aspetti; chiama ogni essere umano, in modo particolare i credenti, alla cura della casa comune. Essa si esprime in un profondo ripensamento del modello di sviluppo, così come nel rinnovamento degli stili di vita. La sfida è comunque quella di superare quella «cultura dello scarto»,[5] che troppo spesso pervade sia la vita sociale che quella personale, per orientarci ad un «modello circolare»,[6] che limiti decisamente il consumo di risorse e la produzione di inquinanti. Si tratta di costruire un’economia sostenibile, capace di promuovere il lavoro umano in forme che custodiscano la casa comune.
Misericordia per ogni creatura
Leggere in quest’anno la Laudato si’ significa pure accogliere l’invito ad allargare il nostro cuore nel praticare la misericordia, scoprendoci membri di una comunità della creazione, che vive di una molteplicità di relazioni vitali. «Creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile».[7]
Dobbiamo ancora imparare a condividere la tenerezza del Padre per le sue creature, a riconoscerne il «valore intrinseco»,[8] aldilà della loro utilità per noi. Dobbiamo ancora apprendere le forme di un rapporto equilibrato tra la cura che dobbiamo agli esseri umani – in particolare verso le vittime del degrado ambientale provocato da guerre e migrazioni obbligate – e l’attenzione per gli altri viventi: in parecchi casi le nostre relazioni con essi comportano sofferenze che potrebbero essere evitate.
Convertirci alla misericordia
L’enciclica Laudato si’ è tutta un invito alla conversione ecologica, a un riorientamento delle pratiche che si radichi in un cuore rinnovato. Impariamo a sperimentare, in modo più intenso il dono del creato, scoprendoci immersi in una misericordia che chiama anche noi ad essere “in uscita”, nella cura responsabile per il creato e per la famiglia umana. Impariamo a praticare il dialogo con religioni e culture, a partire dalle Chiese cristiane, per ricercare assieme le vie di una custodia efficace di «sorella terra».[9]
Roma, 15 maggio 2016
La Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
La Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo
[1] Francesco, Enc. Laudato si’, 24 maggio 2015, n. 77.
[2] Ibid., n. 236.
[3] Ibid., n. 2.
[4] Ibid., n. 25.
[5] Cf., Ibid., nn. 20-22.
[6] Ibid., n. 22.
[7] Ibid., n. 89.
[8] Ibid., n. 140.
[9] Ibid., n. 53.
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