C’è un po’ di Firenze nel libro di Mariangela Maraviglia su vita e opere di Adriana Zarri (Semplicemente una che vive). La Firenze del prete di Barbiana e quella dell’Isolotto. Il secondo capitolo, dedicato agli «incroci» che la Zarri ebbe dal dopoguerra al Sessantotto, riflette anche su ciò che la storica pistoiese definisce «costosa parresia»: il polemico rapporto fra una teologa progressista e due vicende che hanno fatto e, almeno nel caso di don Milani, ancora fanno parlare. Con don Lorenzo, cui pure riconobbe «atteggiamenti profetici», e con la comunità dell’Isolotto specie dopo la rottura con la Chiesa ufficiale, Adriana non fu tenera. E questo le costò non pochi biasimi. Chi volesse saperne di più troverà i dettagli.
Il volume – bene leggibile, scritto con una passione che mai cede alla tentazione della «santinificazione» – è corredato da un prezioso apparato sia bibliografico che di note. L’opera consente di far tornare al centro dell’attenzione una donna: autentica, scrittrice, polemista, teologa, eremita, così scomoda dall’essere stata, oggi, quasi dimenticata perfino nelle case «progressiste». È dunque Mariangela Maraviglia, dottore di ricerca in Scienze religiose e indagatrice su grandi personalità del cattolicesimo novecentesco (suoi testi fondamentali su don Mazzolari e padre Turoldo), a colmare un vuoto: anzi, come sostiene lei stessa, a iniziare un’opera nella speranza che altri possano approfondire singole sezioni.
Quattro i momenti indagati nella vita di «una cattolica scomoda, stata sempre dalla parte “sbagliata” ma restata sempre libera» (così padre Alessandro Cortesi in una presentazione svolta su Zoom): dall’infanzia nella pianura bolognese e da una precoce esperienza di allontanamento dalla fede alla radicalità di una vita basata sulla essenzialità del Vangelo; dal trasferimento a Roma negli anni del Concilio (lo seguì come giornalista accreditata) alla scelta dell’eremitaggio a partire dagli anni Settanta con un «monachesimo laico», fuori da Ordini e Congregazioni; dall’intensità dei dibattiti sulle grandi questioni socio politiche alle meditazioni di teologia mistica e trinitaria; dai rapporti con grandi personalità del mondo laico comunque attirate dalla nostalgia verso l’Assoluto al continuo stupore per la vita che ogni giorno rinasce nella Natura.
Il tempo di Adriana Zarri finì il 18 novembre 2010. Dieci anni fa. La sua amata gatta (non a caso la copertina del volume ritrae Adriana con la gatta) all’improvviso balzò sul letto dove Adriana stava morendo: con la lingua le leccò la mano destra e si accovacciò in fondo, all’altezza dei piedi, reclinando la testa fra le zampe, pochi istanti prima che Adriana a sua volta reclinasse il capo. Un piccolo episodio, chiosa Maraviglia, «degno delle vite dei padri del deserto». Come aveva chiesto, fu vestita con un tralcio di fiori nelle mani e con il Vangelo. Aperto al brano della Samaritana.
«Ora è la morte – aveva scritto – ma non è la morte: è soltanto l’attesa».
Mariangela Maraviglia, Semplicemente una che vive. Vita e opere di Adriana Zarri, Il Mulino, Bologna 2020. Recensione apparsa su Toscana Oggi, 22 novembre 2020.