Il metropolita di Minsk, Filarete, è morto all’età di 85 anni il 12 gennaio. Personalità di primo piano nella storia della Chiesa russa.
Il metropolita Filarete (Valchromelev) è morto all’età di 85 anni il 12 gennaio. Personalità di primo piano nella storia della Chiesa russa. È stato rettore dell’Accademia di teologia di Mosca dal 1966 al 1975 e successivamente esarca del Patriarcato di Mosca a Berlino dal 1975 al 1978, quando venne nominato metropolita di Minsk con il grado di esarca del Patriarcato di Mosca per la Bielorussia.
Nel contempo esercitava le funzioni di responsabile delle relazioni del Patriarcato di Mosca (1981-1989) e di esarca del Patriarcato di Mosca nell’Europa occidentale ( 1979-1984). Membro permanente del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, presiedette la Commissione teologica sinodale e fu rettore della Facoltà di teologia ortodossa dell’Università di Minsk.
Lo incontrai nel dicembre 1986 a Mosca per conto della rivista Il regno. Freddo gelido. Gli operai lavoravano al restauro del celebre monastero di San Daniele, che doveva essere pronto entro il giugno 1988 per accogliere i pellegrini del mondo ortodosso mondiale in occasione del millennio del battesimo della santa Russia.
Molta euforia al Dipartimento degli affari ecclesiastici esteri del Patriarcato. Lo dirigeva il metropolita Filarete di Minsk e Bielorussia. Lo chiamavano il numero due della gerarchia ortodossa. Fine diplomatico, acuto osservatore della lenta e progressiva «svolta» di Gorbaciov, divenuto nel 1985 primo segretario del Partito comunista dell’Unione Sovietica, che avrebbe portato alla dissoluzione dell’URSS nel 1991.
Filarete, con un passato di informatore del detestato KGB, manteneva rapporti di «costruttiva collaborazione», come mi confidò, con il regime, al quale riconosceva molti pregi con la svolta di Gorbaciov. Gli rimproveravano comunque di andare un po’ troppo a braccetto con le alte personalità del regime. Si difendeva dicendo che seguiva la «via dei piccoli passi» adottata in Ungheria dal cardinale Lékai. Ma preferiva chiamarla la «via della pazienza ragionevole».
Il cristianesimo in Russia
Si domandava Filarete: «Che cosa ha dato il cristianesimo al popolo russo, alla sua cultura, al suo ordinamento sociale? Come ha contribuito a far progredire questo popolo nella coscienza di sé? Non vorremmo limitare la solennità del giubileo alla pura esteriorità delle celebrazioni. Cerchiamo di far sì che questa solennità venga percepita spiritualmente in ogni parrocchia del nostro Paese».
Continuò: «Questo processo è iniziato durante la seconda guerra mondiale, quando il popolo ha sentito che resisteva alla sciagura grazie alla sua unità. Componente determinante di questa unità è la fede, che è speranza in Dio. Il Signore ha aiutato il popolo a uscire dalla sventura. La gente ha chiamato in aiuto i santi protettori. Abbiamo istituito moltissime feste in onore dei nostri santi russi. Questo processo continua a svilupparsi con regolarità, di pari passo con la preparazione esterna: restauro di chiese, di arredi sacri, costruzione di nuove chiese… Parallelamente è in atto un processo di rinnovamento spirituale, che comporta uno sguardo retrospettivo sulla storia della nostra Chiesa. Il 13 giugno 1988 avrà luogo l’atto solenne del giubileo, nella cattedrale del Patriarcato all’interno del monastero di San Daniele, simbolo del giubileo, il cui restauro simboleggia la vitalità della nostra Chiesa».
Dal 21 al 28 luglio 1986 si tenne a Kiev la Conferenza internazionale, un grande evento ecumenico, al quale parteciparono molte altre Chiese, compresa la Chiesa cattolica, con la quale Filarete aveva continui contatti tramite il Segretariato per l’unione dei cristiani, come si chiamava allora. Ammetteva che i rapporti con Roma erano piuttosto fiacchi: «Come sempre avviene nella vita. Ci sono alti e bassi.
Talvolta la situazione internazionale generale condiziona i contatti e talvolta, al contrario, le relazioni della Chiesa possono influenzare molto positivamente la situazione internazionale. Noi miriamo a far sì che l’attività ecumenica della nostra Chiesa, per quanto riguarda, ad esempio, la pace, influenzi positivamente la complessa situazione internazionale».
Già allora si parlava di una visita di Giovanni Paolo II a Mosca. Il commento di Filarete: «Sì, se ne parla molto e non solo da adesso. Quando fui da papa Paolo VI, era il 1972, lasciando il suo ufficio, la prima domanda che mi fece la cerchia del papa fu: “Si possono preparare le valigie per Mosca?”. La questione dell’invito del papa per le celebrazioni giubilari non è stata ancora risolta».
Chiesa e Stato
Non potevo non fargli la domanda su una possibile strumentalizzazione delle celebrazioni da parte del regime ateo. La risposta: «Non è l’ateismo che fa paura: è piuttosto l’alterazione della sensibilità religiosa. È il falso cammino di spiritualità. In breve: non è giusto considerare la società sovietica una società atea. I capi di questa società appartengono al Partito comunista, la cui ideologia è atea, questo sì, ma ai problemi dello Stato, alla costruzione del socialismo prendono parte anche i credenti: cristiani, musulmani, buddhisti del grande impero. Per questo non è esatto definire la nostra società una società nella quale manca l’dea di Dio. Abbiamo una Costituzione che garantisce il diritto di professare le religioni. Per questo – ribadisco – non si può definire la nostra società una società atea».
Affrontammo la spinosa questione dell’uniatismo. Gli ortodossi non digeriscono la presenza dei cosiddetti “uniati”, cioè di quegli ortodossi che nel 1596, con l’Unione di Brest, si unirono a Roma.
Nel 1986 la Chiesa ortodossa festeggiò in pompa magna i 40 anni del concilio di Lviv (Leopoli), che sancì il ritorno all’ortodossia: «Questione difficile. È un problema nazionalistico, non religioso. Per questo è complesso. L’uniatismo è la soluzione politica del problema dell’unità della Chiesa. L’uniatismo è una soluzione laica, non ecclesiastica. È una soluzione artificiale, meccanica del problema dell’unità della Chiesa. Occorre essere chiari, dire la verità. Siamo pronti a dialogare. Nel territorio della moderna Bielorussia l’uniatismo è praticamente sparito. Il popolo non l’ha accettato perché era imposto. C’è la Chiesa cattolica di rito latino. Ci sono oltre 100 chiese cattoliche di rito latino».
Espressi al metropolita Filarete l’impressione che la Chiesa ortodossa fosse sottomessa allo Stato. «Io come cittadino dell’URSS – mi rispose – riconosco naturalmente il potere dello Stato e tutti noi dobbiamo rispettare le leggi, che noi stessi abbiamo votato. Come membro della Chiesa e come tutti i membri della Chiesa viviamo secondo le nostre leggi spirituali. La Chiesa ha le sue leggi canoniche. Per quanto riguarda il rapporto tra la Chiesa e lo Stato, penso che nella storia della Chiesa non sia mai esistito un periodo ideale. Nel corso degli ultimi settant’anni, dopo la rivoluzione, sono state fatte molte esperienze in comune sia da parte dello Stato sia da parte delle associazioni religiose. Questo processo si sviluppa per vie democratiche e speriamo che continui a svilupparsi e si continui a stabilire rapporti reciproci per il bene della società sovietica. Qui occorre una pazienza ragionevole, un lavoro costante».
Contento di Gorbaciov? «È in atto una ristrutturazione (perestrojka) che ci tocca come cittadini e come membri della Chiesa».