Con la presente mi permetto di inoltrare gentile richiesta ampliata alle riviste cattoliche allo scopo di una spiegazione esaustiva sull’argomento in questione. Eventuale risposta può anche risultare di grande utilità a quel settore di cattolici che, per quanto minoritario, desidera fondare la propria fede sul messaggio di Gesù evitando il pericolo di confuso pressapochismo.
È noto che in data 20 marzo 2020 la Penitenzieria Apostolica ha autorizzato l’assoluzione generale dei peccati, in riferimento particolare alla situazione di emergenza attuale, incluso il votum confessionis, a condizione cioè di far seguire al più presto possibile l’accusa dei peccati gravi al sacerdote, come di consueto. Prassi non nuova nella storia della Chiesa.
La stessa concessione è stata emanata dai vescovi del Triveneto nel periodo natalizio dal 16 dicembre 20 al 6 gennaio 21 per quanto concerne il loro territorio.
Da più di qualche parte si sono sentite e raccolte osservazioni.
Sull’argomento vale la pena prendere il toro per le corna, non nascondere la polvere sotto il tappeto, ma – come dice papa Francesco nel programma “Chiesa in uscita” – andare in trasparenza nei confronti di questo nervo scoperto.
Per chiarezza e completezza, la domanda viene presentata per punti.
- Chi perdona i peccati? Ovvio, solo Dio (Mc 2,5), attraverso il pentimento del cuore, cioè l’inversione di tendenza nel proprio comportamento. Ora, se è Dio a concedere il perdono, che motivo sussiste di ripresentarsi al prete per un’accusa dettagliata dei peccati? Il perdono di Dio ti arriva a rate? Sarebbe come se Dio dicesse: figliolo mio, io ti assolvo, ma per il momento resti in quarantena fino a che non ti sarai presentato dal confessore. Quasi che Dio si ponesse sotto il controllo di quest’ultimo.
- Strano che Dio ragioni col bilancino: i peccati veniali te li perdono io con l’assoluzione generale, quelli gravi in toto te li perdona il sacerdote, una volta detta a lui la “lista della spesa”. Nel frattempo rimani fra coloro che son sospesi. A parte il fatto che oggi la gente non si raccapezza più quali siano peccati veniali e quali mortali.
- L’assoluzione generale viene data pure all’inizio di ogni messa. Tale assoluzione vale? Allora chiuso il discorso. Non vale perché considerata pia devozione? Allora meglio abolirla per non creare inutile confusione.
- Gesù nel cenacolo ha partecipato l’incarico di rimettere i peccati solo agli apostoli o anche ai discepoli riuniti? (Gv 20,19-25). E i discepoli non rappresentano la nostra attuale comunità dei battezzati, laici fedeli? Che nelle Chiese riformate siano anche gli assistenti pastorali, non sacerdoti, a dare l’assoluzione è così deviante dall’intenzione del fondatore?
- Ovvio che non viene considerato inutile, anzi raccomandabile, il presentarsi ogni tanto al sacerdote dopo l’assoluzione generale per una consulenza spirituale, per una cura dell’anima, per un senso di appartenenza alla comunità cristiana, considerando così il sacerdote l’accompagnatore della nostra fede e non l’esattore delle nostre colpe, né la condizione per convalidare il perdono retroattivo.
Va detto, a mo’ d’esempio, che in varie parrocchie del Veneto si sono avute diverse modalità. Questo è doveroso citarlo non per istituire un processo nei loro confronti, ma per sottolineare quanto sia necessaria una risposta inequivocabile.
Qui di seguito:
modello a): assoluzione generale, comunicando ai presenti l’obbligo di ripresentarsi al confessore privato per i peccati gravi;
modello b): assoluzione generale previa preparazione comunitaria per l’esame di coscienza, seguita dall’assoluzione impartita dal sacerdote singolarmente ad ogni partecipante in fila senza l’accusa dei peccati comunicando che tale assoluzione è esaustiva e completa;
modello c): assoluzione generale, comunicando ai presenti che essi sono perdonati senza nessuna ulteriore accusa.
Per questa varietà di modelli, non sarebbe inutile anche un’adeguata informazione storica sulla confessione.
Che essa nei primi secoli era pubblica per i tre peccati di carattere sociale, cioè omicidio, adulterio, apostasia dalla fede. E che si poteva praticare una volta sola in vita.
Che nel 600-700 d.C. la confessione assunse forma di dialogo ad opera dei monaci irlandesi.
Che nel 1215 (concilio Laterano IV) venne definita sacramento autorizzato solo al clero, mentre prima potevano assolvere pure i laici.
Che nel 1560 con il Concilio di Trento divenne una forma di tribunale in cui il sacerdote giudice assolveva il penitente a condizione si accusasse di tutti e singoli i peccati, numero, specie, (ci si perdoni) quasi lista della spesa.
Che nel 1965 con il recente concilio ecumenico prese un altro appellativo, cioè sacramento della riconciliazione. È ovvio che, alle richieste dei numeri 1-2-3, una risposta sarebbe di grande utilità per evitare confusione e relativismo. Gesù disse che la verità ci renderà liberi.
Sia lo scrivente sia altri interessati alla propria fede pensata e motivata siamo grati per un’eventuale chiarifica.
Grazie per il bell’articolo. La chiarezza ci sarebbe già per conto mio. Lo sviluppo del dogma implica l’onestà di riconoscere quando ci si è cacciati in un vicolo cieco e fare il possibile per uscirne:
La lista della spesa è abolita per sempre.
Ci si può confessare con un’accusa standard generica dei peccati, tipo atto di dolore, senza specificare. Sia in forma individuale che collettiva.
Chi vuole aprirsi di più per avere un consiglio lo può sempre fare.
Il sacramento resta con tutta la sua forza di momento salvifico reale, ma in questo modo il potere del confessore e la relativa possibilità di abuso sono limitati drasticamente.
I penitenti sono felici.
I preti sono felici perché non devono più sentire i peccati degli altri, con grande sollievo del loro già troppo lavoro.
Dio è il più contento di tutti.
S. Agostino smetterà di sentirsi in colpa perché è andato in paradiso senza essersi mai confessato.