In Brasile, molti sono stati i commenti giornalistici agli attacchi aggressivi e polemici di cattolici tradizionali alla Campagna della Fraternità della Quaresima di quest’anno.
Considero quello della teologa Ivone Gebara come il più appropriato e propositivo. L’articolo della Gebara[1] descrive “la triste fine di un certo tipo di ecumenismo. Non sarebbe davvero positivo che questo ecumenismo controllato da potenti autorità morisse?”[2]. Infatti, pare proprio che questo dialogo, frutto di generosa e autentica dedicazione di tanti profeti, iniziato dagli evangelici nel 1910 e finalmente accolto dal Concilio cattolico, non resista alla frammentazione identitaria, alla moltiplicazione delle divisioni che attraversano tutte le società, tutte le religioni e tutte le confessioni cristiane.
“… Musulmani ed ebrei, anche loro sempre piú divisi tra ortodossi e progressisti… gente del candomblé e dell’umbanda di destra, di centro, di sinistra… femministe e antifemministe…. gays, lesbiche, transessuali, transgender… portano dubbi crescenti sulla nostra situazione identitaria personale e sociale… E la Babele si è costruita tra noi al punto che ascoltavamo solo la nostra voce e davamo ragione a quelli che vicino a noi ci ascoltavano. Ormai non vedevamo più l’altro, appena constatavamo la sua diversità, la sua scomoda diversità, insieme alle sue scelte politiche e al suo posto nell’economia”[3].
Sono dovute alcune spiegazioni ai lettori che non conoscono la storia di questa tradizione della Chiesa brasiliana. Fin dal 1964, la Campagna della Fraternità è una iniziativa pastorale della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) per accompagnare la Quaresima. Il suo obiettivo è contribuire alla costruzione della fraternità, a partire dalla giustizia e dall’agape, esigenze inderogabili del Vangelo. Dal 1973, influenzata dai Concili di Roma e Medellin, ogni anno affronta un problema concreto che affligge la società brasiliana. E ogni anno, cerca e promuove cammini di riflessione e solidarietà concreta.
Ogni cinque anni, la campagna è progettata e organizzata ecumenicamente e quest’anno è l’anno della comunione ecumenica. La redazione del testo-base del 2021 è stata fatta dal CONIC che, in tempi estremi di odio e di polarizzazione diffusi nella società brasiliana, propone la sfida evangelica della “Fraternità e del dialogo come impegni dell’agape”.
Il CONIC è il Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane del Brasile che, dal 1982, riunisce l’Alleanza dei Battisti del Brasile, la Chiesa Cattolica, la Chiesa Episcopale Anglicana del Brasile, la Chiesa Evangelica di Confessione Luterana del Brasile, la Chiesa Presbiteriana Unita e la Chiesa Siriana Ortodossa di Antiochia. Nel 2006, la Chiesa Metodista, che partecipò al processo di fondazione, si è ritirata dal CONIC: forse il primo di tanti sintomi, che rivelano la crisi dell’ecumenismo istituzionale.
Tradendo la vocazione cristiana, che invita alla costruzione della fraternità attraverso il dialogo, senza preconcetti e pregiudizi, nell’accettazione cordiale dell’alterità diversa e irriducibile, i cattolici tradizionali e fondamentalisti attaccano la Campagna della Fraternità accusandola di proporre un cristianesimo comunista e un cattolicesimo senza identità, quindi modernista.
La strategia non è nuova e dà sequenza agli attacchi quotidiani sferrati – in rete e da radio e televisioni cattoliche – al Concilio e a papa Francesco. A essi si alleano anche alcuni vescovi diocesani e castrensi, preti, frati, suore e laici, in una specie di complotto aggressivo, intollerante, violento, che arriva a disseminare odio e diffamare le persone, come hanno fatto con la pastora luterana Romi Bencke, segretaria generale del CONIC.
La nota della CNNB[4], in difesa della Campagna della Fraternità, attaccata dal fuoco “amico”, non poteva essere peggiore: un testo pallido e insipido, che rivela solamente l’obbligo di difendere la cattolicità, senza la minima preoccupazione degli attacchi sferrati contro l’ecumenismo, il CONIC – di cui la CNBB, fino a prova contraria, fa parte – e la pastora Romi Bencke.
Pare proprio che noi, cattolici, siamo malati della presunzione di essere privilegiati, perché fedeli sin dalle origini, statisticamente maggioritari e, quindi, meritatamente egemoni, a patto di coltivare, però, la sistematica rimozione dei peccati e degli orrori che, insieme a tante cose buone e sante, abbiamo seminato in due mila anni di cattolicesimo, anche e soprattutto nell’impresa coloniale nell’Abya Ayala. Forse un po’ di codardia, alleata al maschilismo patriarcale, hanno precluso il dovere etico di dichiarare stima e solidarietà a una donna?
Quando non ci si capisce dentro la casa, riusciamo, finalmente, a comprendere l’estrema difficoltà della costruzione della fraternità ecumenica fuori di casa. Il piú esposto è evidentemente il presuntuoso ecumenismo istituzionale, che molto assomiglia allo stile politico dell’attuale sinistra mondiale, ormai abituata a ignorare qualsiasi messaggio che venga dalla complessità delle necessità e dei cambiamenti sociali, per privilegiare, invece, le conversazioni e i conciliaboli opportunisti e traditori di cupola.
Allora, che fare? Il sogno ecumenico del Concilio, che distingue tra ecumenismo e dialogo interreligioso, certamente è proseguito procurando nuovi spazi con la profezia latino-americana di Pedro Casaldàliga e José María Vigil: il macro-ecumenismo, che supera le classificazioni burocratiche e propone un piú ampio spettro del cammino della fraternità e sororità, includendo le religioni dei popoli originari e dei discendenti africani.
Ma si può camminare oltre, ritornando al sogno di Francesco e Chiara: la fraternità e sororità di tutti gli esseri viventi. Solo nella loro profezia, infatti, appare con chiarezza che la fraternità non è una mera questione di dialogo religioso o di dimenticati sogni rivoluzionari giacobini, ma è una vocazione cosmica, che riguarda non solo l’umanità, ma tutto l’universo, come afferma Paolo, nella Lettera ai Romani (8,21-25): “La creazione, infatti, è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto sino ad oggi. Non solo ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”.
Insomma, un progetto che riconcilia in un’unica casa (òikos) l’ecologia, l’ecumenismo e l’economia, ascoltando il grido dei poveri e il grido della terra.
[1] cf.: www.ihu.unisinos.br/78-noticias/606792-o-triste-fim-do-ecumenismo
[2] ibidem
[3] ibidem
[4] cf.: www.ihu.unisinos.br/…/606690-presidencia-da-cnbb-emite-nota-diante-dos- ataques-contra-a-campanha-da-fraternidade