Nell’incontro con i nunzi apostolici, in occasione del loro raduno per celebrare il Giubileo della misericordia, papa Francesco non si è risparmiato e non li ha risparmiati. Ha presieduto l’eucaristia, nel clima intimo di Santa Marta, ha condiviso con loro il pasto per due volte e, nell’udienza, ha pronunciato un discorso impegnativo per poi salutarli uno per uno.
Nell’eucaristia ha voluto mostrare in pieno il suo volto di padre, riflesso della misericordia di Dio: ci ha accarezzati, mostrando di comprendere bene le nostre fatiche, le valige fatte e rifatte, lo sforzo di entrare in culture sempre nuove, il dovere del silenzio nell’adorazione, perché il seme, sempre buono, porti frutto.
Persone inviate a persone
Nell’allocuzione ha fornito indicazioni molto dense, a volte complesse: al centro l’essere persone inviate a persone, e non strumenti destinati ad istituzioni. Il papa ha ampiamente privilegiato la missione presso le Chiese locali rispetto ai rapporti con le autorità civili, chiedendo di sorreggere queste Chiese, ma servendole con empatia, come dal di dentro, non con imposizioni o presunte velleità di autoritarismo, anche se non ha escluso che ciò vada fatto con solidità.
Francesco chiede soprattutto un profonditá, spirituale e culturale, che scaturisca da una vera umanità, come Cristo l’ha voluta, facendosi uomo.
E anche nel settore politico, pur non escludendo strategie intelligenti della realtà, ha chiesto incontri di persone con persone, coraggio di dire la verità di Cristo ad alta voce, sapendo che questo porterà anche contraddizione, e dunque rifiuto. Non ci ha esortato a blandire i poteri, ma ad essere ambasciatori di verità, giustizia e misericordia.
Pescare al largo
Anche per i nunzi ha collocato al centro l’essere pastori, nel cuore, nell’intelligenza e nell’agire concreto. Vuole che essi incontrino le Chiese, escano dal solo ristretto ambito dell’ufficio, per essere segno visibile della sollecitudine di Pietro; che non si limitino a frequentare «gli amici degli amici», a cercare i futuri vescovi «nel solito acquario», ma peschino al largo, nell’inatteso, nel non predestinato.
Non ci ha chiesto anzitutto di essere esecutori di ordini calati dall’alto, ma «voci delle periferie», perché Pietro possa conoscere e amare chi gli è affidato. Ci ha ricordato che lo Spirito fa maturare le Chiese dal di dentro: a noi il compito di essere servitori della profezia, per non spegnere lo Spirito.
Ha mostrato di essere perfettamente cosciente delle nostre solitudini, e ha espresso la volontà di rimediarvi, almeno in parte, con una rete più efficace di comunicazione. Ma ci ha ricordato che la solitudine è e rimane un’ascesi, una croce, di cui solo un solido rapporto con Dio, orante, intercedente e sapienziale, può essere fondamento.
Sono considerazioni che tutti possono facilmente desumere da una lettura attenta dei testi.
Pietro oggi è Francesco
Ma c’è un fattore che mi ha particolarmente colpito: la coscienza chiara e detta ad alta voce che Pietro oggi è Francesco, come in passato è stato altri ed altri sarà in futuro. «Qui Pietro c’è oggi nel papa che la provvidenza ha voluto che ci fosse»; e ancora: «Ringrazio ognuno di voi per il servizio che svolge al mio ministero», e poi «Grazie per la delicatezza con la quale “auscultate” il mio cuore di pastore universale e cercate di far sì che tale respiro raggiunga le Chiese cui sono chiamato a presiedere nella carità».
Come si vede, si tratta del “suo” cuore, il cuore di Francesco, che oggi è Pietro. Non ha detto, come spesso fa chi ha posizioni di autorità nella Chiesa, quando parla di sé: “Il papa vuole, il vescovo pensa”. Qui ha detto chiaro: “io voglio” e “io penso”, perché oggi è Francesco ad essere Pietro. E noi siamo chiaramente chiamati a servire questo Pietro, quali che siano gusti o sensibilità individuali.
L’obbedienza a “questo” Pietro non è facoltativa, non si sfuoca in un generico riferimento al papato, alla sede apostolica o ad astrazioni simili. Non ci scegliamo il Pietro che ci piace. Questo vale anzitutto per i nunzi, che sono i suoi diretti rappresentanti, ma ho avuto la sensazione che il messaggio fosse pensato per raggiungere anche altri cattolici, per quanto dialogico, conciliare, flessibile, misericordioso e quant’altro possa essere lo stile con cui questo Pietro intende operare. Intelligenti pauca.
Il vescovo Claudio Gugerotti è nunzio apostolico in Ucraina.