«Solo la pace è santa, non la guerra!»: l’affermazione di papa Francesco ad Assisi può diventare la sintesi di quell’evento. La conclusione condivisa circa la non conciliabilità della violenza con le fedi si scontra con le ambiguità che sopravvivono in esse (Bartolomeo I ha ammonito: «Dobbiamo essere capaci di isolarli [i fondamentalismi], di purificarli…, di trasformali in ricchezza per tutti») e con il tenace sospetto di un’opinione diffusa che identifica le religioni non come fonte di senso e alimento di pace, ma come elementi sorgivi di violenza generalizzata.
In tale contesto vale la pena riprendere un documento della sezione cattolico-islamica del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (reso pubblico il 24 maggio scorso) in cui si scrive: «Oggi abbiamo l’impressione condivisa che, per ragioni apparentemente religiose, la violenza si amplifichi. Conseguentemente le tre religioni monoteistiche si ritrovano di fronte a pregiudizi e a crescenti ostilità. I musulmani, in particolare, sono esposti sempre più a un sospetto di violenza. Le convinzioni religiose sono percepite più come portatrici di violenza che come forza di pace».
Affermiamo insieme
«Ci unisce la speranza che la pace di Dio sia in grado di modellare i nostri pensieri, sentimenti e atti e che ci dia la possibilità di collaborare tra noi verso un mondo di pace e di relazioni umane positive». «Insieme affermiamo: – ricorrere a Dio per giustificare gli assassinii e gli atti di violenza è una bestemmia; – non esistono guerre sante. Dio vuole la pace nella giustizia. È a partire da qui che prende senso ogni azione umana; – come cristiani e musulmani condanniamo tutte le forme del fondamentalismo, del fanatismo e del terrorismo; – la Bibbia e il Corano si propongono di guidare gli uomini verso la giustizia e la pace. Dobbiamo contestare la manipolazione delle scritture sacre, utilizzando tutte le possibilità della comunicazione e della spiegazione …; – la fede non deve mai essere diffusa con la coercizione o con la violenza …; – affermiamo insieme la libertà di religione come un diritto umano (sia quando cristiani e musulmani siano minoranze, sia nel caso delle minoranze cristiane perseguitate in paesi a maggioranza islamica ndr.) …; – è decisivo identificare e superare le immagini negative e ostili …; – impedire atti di violenza è compito di ogni credente e quindi è un dovere del dialogo interreligioso».
«Come cristiani e come musulmani vogliamo dichiarare pubblicamente che la nostra confessione di fede non è un cammino di violenza, di terrore, di conflitto, ma piuttosto di riconciliazione, di comprensione, di equilibrio e di un pacifico vivere insieme. Vogliamo contribuire a una più positiva visibilità delle nostre convinzioni nella società. La forza e i valori che esse sostengono costituiscono per noi un arricchimento; è questo che vogliamo fare conoscere al di là dei limiti delle nostre comunità per la riuscita della nostra esistenza e del nostro vivere civile».
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