Il sinodo non passa invano: Modena e famiglia

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È il Signore che costruisce la casa

Non si tratta di una semplice riflessione sulla famiglia, né di un commento o divulgazione dell’Amoris lætitia, l’esortazione post-sinodale che ha concluso i due sinodi dedicati ai temi familiari. La lettera pastorale di mons. Erio Castellucci, vescovo di Modena-Nonantola (È il Signore che costruisce la casa) costituisce un organico tentativo di “traduzione” nel contesto della Chiesa locale del cammino della Chiesa universale. I cinque brevi capitoli (una casa di grandi dimensioni; una casa in costruzione; una casa in restauro; una casa dalle fondamenta e struttura solide; una casa aperta alla comunità civile e religiosa) raccolgono nel percorso formativo alla famiglia, nella cura per le famiglie ferite, nella collocazione della famiglie all’interno della comunità cristiana e della convivenza civile, le varie forme di intervento e di azione che sono attive in ordine al servizio verso le unioni familiari. Così il cammino formativo degli adolescenti (all’affettività) e dei fidanzati (in percorsi diversificati), i ritiri e la preghiera per gli sposi, le complesse attività del Consultorio familiare nel Centro famiglia di Nazaret, la vita dei gruppi sposi, delle equipe Notre Dame, di Chemin neuf di Rétrouvaille, del tribunale ecclesiastico ecc.

Valorizzando alcune esperienze del passato si elaborano indicazioni nuove relativamente ai “gruppi di Vangelo” nelle case con un percorso specifico di formazione degli animatori e una verifica diocesana del lavoro nelle parrocchie. Si darà vita anche a percorsi che abilitino alcuni sposi a prendersi cura di altre coppie, affidando loro un compito di discernimento e di accompagnamento che fin’ora era sostanzialmente riservato al clero. Ai percorsi già attivi per divorziati e risposati si affiancherà un servizio pastorale Amoris lætitia, per facilitare la partecipazione delle coppie ferite alla vita ecclesiale.

La scrittura piana e il tratto pratico non nascondono la qualità teologica nei punti in cui questa è richiesta come nel rapporto fra eucaristia e sacramento del matrimonio, nel paragone della partecipazione “progressiva” all’eucaristia fra le varie confessioni cristiane in riferimento a quella auspicata per i divorziati-risposati, nelle motivazioni che sostengono la dimensione civile e istituzionale  del matrimonio.

Il magistero di Francesco

La fedeltà al magistero di Francesco è nell’accettazione della sfida che ha lanciato alle pastorale delle Chiese locali. Non si tratta di opporre verità e carità, di dottrina e misericordia, né le categorie di regolare a quello di irregolare. Ciò che conta è da un lato la riproposta del patrimonio di sempre della Chiesa (amore, fedeltà, fecondità, indissolubilità) e dall’altro l’apertura a forme differenziate di appartenenza e a percorsi che facilitino la inclusione di tutti, nel passaggio fra incompleto e completo. «Data la grande varietà della situazioni, anche in riferimento alla diversità delle culture e delle tradizioni, il papa ha lasciato ai singoli vescovi – cioè alle singole Chiese – il compito di stabilire degli itinerari, fornendo alcuni criteri per il discernimento. Questa decisione è certamente scomoda, perché istintivamente avremo preferito una risposta netta dal papa: si o no». Ma le cose non si decidono fra il bianco e il nero. «È decisivo piuttosto che le persone si mettano in cammino, che accettino la sfida del tempo, che non pretendano la facile soluzione immediata». Un percorso che modifica gli interessati e che cambia anche le comunità. Verificati i vari elementi e avviato il paziente cammino «papa Francesco prospetta la possibilità della riammissione alla comunione eucaristica, pur permanendo il contrasto oggettivo con il sacramento del matrimonio». «Nel caso del matrimonio, la Chiesa può riconoscere che la nuova unione familiare, pur non essendo oggettivamente completa, incarna soggettivamente una serie di valori e riflette alcuni dono di grazia che il Signore non fa mancare a chi con umiltà si apre a lui e alla Chiesa, facendo il bene che gli è possibile in quella determinata situazione». L’attesa prospettica è quella di costruire un protagonismo pastorale della famiglia stessa.

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