Al cinema e alla televisione l’horror è certamente uno dei generi più inflazionati. Tuttavia all’aumentare del numero di titoli legati a questo genere non è corrisposto un incremento della qualità e della profondità dei contenuti. Le pellicole che abbondano sugli schermi, infatti, sono molto distanti per originalità dalle produzioni degli anni ’70 e ’80, in cui autori come John Carperter e Was Craven usavano l’horror al pari di una scienza sociale, per analizzare i tanti orrori del quotidiano.
L’estate 2016, però, ha visto il rilascio di diverse pellicole, opera di giovani registi che hanno saputo interpretare il genere horror in maniera nuova, non puntando immediatamente a spaventare lo spettatore, quanto piuttosto cercando di suscitare riflessioni su un determinato tema. Tra di esse, apprezzata da critica e pubblico, c’è It Follows, seconda prova alla regia David Robert Mitchell, qui autore anche della sceneggiatura. Presentato al Toronto film festival nel 2014, il film è stato però distribuito in Italia solamente a luglio di quest’anno.
It Follows è la storia di Jay (Maika Monroe), una diciannovenne piena di sogni e progetti per il futuro. Dopo un rapporto sessuale con Hugh (Jake Weary), un ragazzo affascinante e misterioso, Jay si trova vittima di un’oscura maledizione. Il ragazzo le spiegherà che una “cosa” la seguirà ovunque, così come aveva seguito lui prima che la trasmettesse a lei. Questa cosa potrebbe assomigliare a chiunque, le dice Hugh, il suo scopo è avvicinarla e ucciderla. Sopraffatta da questa minaccia, con l’aiuto dei suoi amici più cari Jay cercherà con tutti i mezzi una via d’uscita per allontanarsi dall’orrore che incombe su di lei.
Attraverso la metafora dell’horror Mitchell vuole focalizzare l’attenzione dello spettatore su diversi temi. In primo luogo il rapporto tra i giovani e la sessualità, presentata dal regista come una cosa potenzialmente pericolosa e lontana dall’essere una forma di liberazione. Ma sopratutto It Follows esplora il doloroso passaggio dall’adolescenza all’età adulta, volutamente rappresentato dal regista al di fuori del nucleo familiare. È significativo, infatti, che i genitori dei protagonisti vengano ripresi sempre di spalle, per aumentare la sensazione di isolamento che avvolge i protagonisti. La “cosa” che segue Jay è sì un’entità sovrannaturale, di cui nulla ci viene spiegato, ma rappresenta soprattutto la paura della morte e più in generale quella per lo scorrere del tempo.
Il film è inoltre colmo di citazioni: importante quella che marca l’entrata in scena del primo inseguitore della ragazza, tratta da Il canto dell’amore di J. Alfred Prufrock di T. Eliot: «Io sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti. Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto». Ma questo spettro che avanza verso Jay e che solo lei può vedere non dà risposte e si impone con tutto il suo carico di enigmi e paure. Lazzaro tornato dai morti simboleggia la mancata elaborazione del proprio passato, l’impossibilità di dare un senso al presente e immaginare positivamente il futuro. Così i protagonisti di It Follows sono intrappolati in una sorta di limbo da cui è impossibile fuggire.
Con una regia che si concede solo raramente ai cliché del genere, Mitchell confeziona un lavoro sui giovani e per i giovani che però chiama in causa in molti dei suoi raffinati passaggi la coscienza degli adulti, in primo luogo nel loro mancato ruolo di genitori responsabili. Come in molte narrazioni audiovisive americane di questo genere, gli amici rimangono il solo nucleo di riferimento attraverso il quale i problemi, se non risolti, possono essere almeno affrontati. In definitiva l’orrore evocato da Mitchell non è tanto sovrannaturale, ma quanto mai concreto e reale. Quello generato dalla rinuncia alla responsabilità che il ruolo di adulto richiede verso una generazione sempre più esigente e ansiosa di risposte.