Sorelle e fratelli carissimi!
(1) Sognare e pregare per conoscere le vie della Grazia divina. Il messaggio di papa Francesco per la 58ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni al sacerdozio ordinato e alla vita consacrata, riprende alcuni aspetti della sua lettera apostolica Patris corde.
Nel corso di quest’anno speciale in onore di san Giuseppe, ci viene proposto di pregare sognando o anche di sognare pregando, rimeditando in particolare tre parole legate alla vicenda di Giuseppe di Nazaret, sposo di Maria e padre putativo di Gesù: sognare; servire; esser fedeli.
Comportiamoci, dunque, come san Giuseppe, l’uomo dei sogni, nel corso dei quali egli veniva avvertito dei pericoli imminenti, o sollecitato a compiere le proprie scelte qualificanti per il futuro di Maria sua sposa e del figlio di lei, Gesù di Nazaret.
Come lui, anche noi siamo invitati come ad astrarci rispetto a questi tempi segnati da fragilità e sofferenze, dovute anche alla pandemia, che ha originato un po’ in tutti incertezze e paure circa il futuro e il senso stesso della vita.
Sognare non significa, tuttavia, dormire per non pensare e non cadere nella depressione. I sogni di san Giuseppe, infatti, «erano chiamate divine, ma non furono facili da accogliere. Dopo ciascun sogno, Giuseppe dovette cambiare i suoi piani e mettersi in gioco, sacrificando i propri progetti per assecondare quelli misteriosi di Dio. Egli si fidò fino in fondo».
Analogamente opera Iddio oggi, nel momento in cui ci chiama a vocazioni di speciale consacrazione: «La chiamata divina spinge sempre a uscire, a donarsi, ad andare oltre. Non c’è fede senza rischio. Solo abbandonandosi fiduciosamente alla grazia, mettendo da parte i propri programmi e le proprie comodità, si dice davvero “sì” a Dio. E ogni “sì” porta frutto, perché aderisce a un disegno più grande, di cui scorgiamo solo dei particolari, ma che l’Artista divino conosce e porta avanti, per fare di ogni vita un capolavoro».
(2) Servire. Lo sposo di Maria e padre putativo di Gesù ci viene, inoltre, proposto dal santo padre come emblema del servire. Un’indicazione spirituale molto rilevante, questa, per tutti coloro che sono chiamati a vocazioni di speciale consacrazione: lo scopo non è quello di ottenere potere o di guadagnare posizioni sociali ambite, bensì di servire: «Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).
Per consentire all’Altissimo di continuare a chiamare, invochiamo di poter servire nell’umiltà e nella disponibilità, come faceva santa Teresa di Lisieux in una sua preghiera per ottenere l’umiltà:
«Gesù, quando eravate pellegrino sulla terra avete detto: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete riposo alle anime vostre». O potente Sovrano dei cieli, sì, l’anima mia trova riposo nel vedervi, rivestito della forma e della natura di schiavo, abbassarvi fino a lavare i piedi dei vostri apostoli. Mi rammento allora delle parole che avete proferito per insegnarmi a praticare l’umiltà: «Vi ho dato l’esempio, affinché anche voi facciate come ho fatto io. Il discepolo non è da più del Maestro… Se voi comprendete ciò, sarete beati mettendolo in pratica». Le comprendo, o Signore, queste parole uscite dal vostro Cuore mansueto e umile, le voglio mettere in pratica con il soccorso della vostra grazia. Voglio umilmente abbassarmi e sottomettere la mia volontà a quella delle mie consorelle, non contraddicendole in nulla e senza cercare se hanno o non hanno diritto di comandarmi. Nessuno, o mio Diletto, aveva tale diritto su di voi, e tuttavia avete obbedito, non soltanto alla santa Vergine e a san Giuseppe, ma anche ai vostri carnefici. Ora è nell’ostia che vi vedo portare al colmo i vostri annientamenti. […] O mio Amato, come mi apparite mite e umile di cuore sotto il velo dell’ostia candida! Non potete abbassarvi maggiormente per insegnarmi l’umiltà: per corrispondere all’amor vostro, voglio anch’io desiderare che le mie consorelle mi mettano ognora all’ultimo posto e persuadermi sinceramente che è questo che mi è dovuto» (Preghiera per ottenere l’umiltà, 16.7.1897).
(3) Il segreto della gioia dei preti e dei consacrati è rimanere fedeli alla chiamata. «Non temere: sono le parole che il Signore rivolge anche a te, cara sorella, e a te, caro fratello, quando, pur tra incertezze e titubanze, avverti come non più rimandabile il desiderio di donare la vita a Lui. Sono le parole che ti ripete quando, lì dove ti trovi, magari in mezzo a prove e incomprensioni, lotti per seguire ogni giorno la sua volontà. Sono le parole che riscopri quando, lungo il cammino della chiamata, ritorni al primo amore. Sono le parole che, come un ritornello, accompagnano chi dice sì a Dio con la vita come San Giuseppe: nella fedeltà di ogni giorno».
Nell’omelia pronunciata a Fatima il 12 maggio 2010, papa Benedetto XVI esclamò: «Permettetemi di aprirvi il cuore per dirvi che la principale preoccupazione di ogni cristiano, specialmente della persona consacrata e del ministro dell’altare, dev’essere la fedeltà, la lealtà alla propria vocazione, come discepolo che vuole seguire il Signore. La fedeltà nel tempo è il nome dell’amore; di un amore coerente, vero e profondo a Cristo Sacerdote. […] In quest’Anno sacerdotale che volge al termine, scenda su tutti voi una grazia abbondante perché viviate la gioia della consacrazione e testimoniate la fedeltà sacerdotale fondata sulla fedeltà di Cristo. Ciò suppone evidentemente una vera intimità con Cristo nella preghiera, poiché sarà l’esperienza forte e intensa dell’amore del Signore che dovrà portare i sacerdoti e i consacrati a corrispondere in un modo esclusivo e sponsale al suo amore».
(4) Conclusione: preghiamo per le vocazioni. Carissime e carissimi, preghiamo particolarmente per i giovani che si formano nel Seminario arcivescovile e nel Seminario San Pio X: sono i giovani del nostro Seminario, della nostra comunità diocesana.
Quanto sarebbe bello se li rendessimo la nostra stessa casa da accudire, riempire di giovani da noi convocati, frutto della nostra preghiera e della sollecitudine per il gregge di Cristo Signore! Sono convinto che ogni vocazione al ministero ordinato è un frutto del nostro amore per la Chiesa, che è tutta affidata alle nostre cure, non solo per il presente, ma anche per il futuro. Una Chiesa che senza Pastori non ha futuro, vive di due grandi doni: l’Eucaristia e il Pastore che ogni giorno le offre la vita per la sua santificazione e perché possa crescere di numero: questi due doni nutrono e fanno crescere la Chiesa. Oltre a operare, per tutto questo occorre pregare intensamente.