Ci è gradito pubblicare in vista della Festa del Sacro Cuore di Gesù, che si celebra domani, questo intervento del vescovo emerito di Trento, Luigi Bressan. Anche la nostra congregazione infatti, fondata nel 1888 da padre Leone Dehon (da cui l’appellativo di “dehoniani”), trae origine da quella devozione. Il nome con cui siamo registrati nella Chiesa è “Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù”.
Un amico mi raccontava che, qualche anno fa, una signora prese il treno la sera in una della prime domeniche di giugno a Bressanone, dove era giunta per alcuni acquisti, per recarsi a Bologna. Appena fuori dalla stazione vide un fuoco sulla montagna della Polsa, un grande fuoco, e si meravigliò che non si sentisse un elicottero dei vigili del fuoco per spegnere quell’incendio.
Stava estraendo il suo telefono per chiamare con senso di responsabilità civica il 112, quando anche sul monte vicino vide un altro fuoco a forma di cuore e poi uno singolo… comprese che si trattava di una celebrazione.
Le radici di una tradizione
Effettivamente nel Tirolo si conclude la Domenica del Sacro Cuore con tale spettacolo veramente impressionante, senza che peraltro si ricordino incendi del bosco. E sono plurime le radici di questa tradizione radicata nel popolo.
- La fede nell’amore di Cristo per noi, di cui la devozione al Sacro Cuore di Gesù è espressione sviluppatasi soprattutto dal secolo XVII. Ovviamente si fonda su basi bibliche e su riflessioni teologiche e mistiche che hanno trovato testimonianze già nel medioevo.
Già nel 1400 si celebrava in varie località europee una festa del Sacro Cuore trafitto sulla croce, anche se essa divenne universale solo nel 1856. Nel frattempo avevano contribuito a questa venerazione nel 1600 le visioni di s. Margherita M. Alacoque e del suo direttore spirituale san Claudio de la Colombière e lo zelo nel diffondere la devozione da parte dei gesuiti sia in pubblicazioni sia negli esercizi spirituali e nelle frequenti missioni al popolo. Vi si manifestava il calore proprio del cattolicesimo e, nel Tirolo, era anche salvaguardia contro il protestantesimo.
Molte sono le congregazioni religiose sia maschili che femminili che si ispirano al Sacro Cuore e la risposta al suo amore è appunto il cammino verso la santità. Numerose le chiese a lui dedicate, le statue e pitture anche di validi artisti venerate quasi dappertutto. L’Apostolato della Preghiera contava verso il 1930 almeno trenta milioni di aderenti. Il celebre gesuita p. Teilhard de Chardin definiva il Sacro Cuore «il principio dinamico del mondo».
È commovente leggere come un laoziano descrive il contenuto dello zaino del sacerdote trentino Mario Borzaga ucciso nel maggio 1960 in odio alla fede e ora beatificato: «Vi era una cordicella con nodi che terminava con un oggetto in metallo [il rosario]; immagini di una donna con dei raggi che uscivano dalla sue mani [l’Immacolata]; quelle di un uomo con il cuore fuori dal petto [il Sacro Cuore]».
- La devozione al Sacro Cuore era anche il baluardo contro la secolarizzazione voluta dall’illuminismo, tanto che l’imperatore Giuseppe II (detto il “re sagrestano”, illuminista che voleva riformare direttamente la vita ecclesiale) lo proibì.
Sappiamo che il culto del Sacro Cuore fu il punto di riferimento degli oppositori della Vandea alle idee laiche della rivoluzione francese. E in questa linea si trovavano anche il Trentino e il Tirolo. Infatti, all’avvicinarsi delle truppe napoleoniche, il 1° giugno 1796 si riunirono a Bolzano (allora diocesi di Trento) molti rappresentanti della regione e fecero voto solenne al Sacro Cuore di celebrarlo ogni anno solennemente, se fossero rimasti liberi dall’invasione.
Se il sud fu parzialmente occupato da Napoleone stesso, il suo generale Joubert non riuscì a raggiungere Bressanone, benché avesse un esercito di 20.000 militari. Il riferimento religioso fu ripreso nelle lotte guidate un decennio dopo da Andrea Hofer e lungo tutto l’Ottocento nella Kulturkampft.
Anche oggi la festa ha aspetti spirituali e folcloristici, con processioni e cortei: fede e spettacolo si uniscono nell’anima di un popolo. Vi sono riti religiosi in tutte le parrocchie, ma ovviamente la più solenne e vasta è quella di Bolzano presieduta dal vescovo, che regolarmente propone una riflessione nelle tre lingue della popolazione: tedesco, italiano e ladino.
A queste ragioni di fede e di storia patria, si unisce alche il ricordo del sistema di difesa del paese, del quale fece esperienza amara già il generale francese conte di Medavy alla fine del 1702.
Eravamo in piena guerra di successione spagnola ed egli pensò di occupare, nell’ultima notte dell’anno, Torbole e Riva, a nord del lago di Garda, cogliendo di sorpresa le difese locali.
Aveva organizzato segretamente le barche con ben mille soldati d’assalto e era risalito sul lago con i remi e il favore del vento serale; senonché, come si avvicinò alla meta, vide un pullulare di fuochi sulle cime dei monti: era il sistema di allerta provato da secoli (i Lichtenstein). Comprese che era meglio far subito dietro front e profittare dell’aria che volgeva al sud nella notte.
Dal 1511 la popolazione della regione era stata chiamata, infatti, per decreto imperiale, a provvedere alla difesa locale con milizie proprie (gli Schuetzen), e in cambio era esente dalla leva militare. Tali difensori ebbero un ruolo importante in quella guerra del 1703 e ancor più negli anni dell’invasione napoleonico-bavarese.
Oggi quei fuochi sui monti ricordano l’amore alla patria, alla libertà e alla tradizione religiosa e non più, fortunatamente, a lotte fra Stati.
- La pratica dei “nove primi venerdì”favorì, nella devozione al Cuore di Gesù, l’accesso al sacramento della penitenza e in particolare dell’eucarestia come la visita dei sacerdoti ai malati nelle case, rendendola prassi mensile costante, base e sviluppo per una pastorale degli infermi… e ultimamente anche il servizio dei “ministri straordinari della comunione”.
- Ma un nuovo arricchimento vi è giunto con il collegamento tra la devozione a quel Cuore misericordioso e il ministero dei sacerdoti, chiamati a viverlo loro stessi e a testimoniarlo.
Infatti, la festa del Sacro Cuore è anche Giornata per la santificazione sacerdotale. L’idea sorse dallo zelo di padre Mario Venturini, fondatore della congregazione di Gesù Sacerdote, nel 1947, e già l’anno successivo divenne “mondiale”, con migliaia di lettere che partivano regolarmente da Trento in quattro lingue ai vescovi del mondo intero per incoraggiarli e sostenerli nel compito di favorire la santificazione del loro clero.
L’idea era stata approvata direttamente dal papa Pio XII in un’udienza privata concessa il 13 gennaio 1947 a padre Venturini; più tardi la Congregazione vaticana del clero la fece sua.
A Trento il ritiro spirituale del clero è animato quest’anno dal vescovo di Bolzano, segno anche di un cammino di fraternità tra le due diocesi.
La vetta dell’amore
La misericordia di Dio manifestatasi in Gesù Cristo verso l’umanità e verso le singole persone può essere illustrata con varie parole che la lingua offre: benevolenza, amore, salvezza, affetto, carità, cura, dedizione, tenerezza, empatia, benignità, affetto, passione per il bene altrui, servizio…, ma sono sempre approcci parziali e mai esprimeremo pienamente quella realtà che l’evangelista Giovanni afferma nel capitolo 13,1 cioè che Gesù «amò i suoi fino alla fine», ma anche questa parola italiana rischia di tradire l’originale greco – telos – che indica il sommo grado di amore e di dedizione; il cuore squarciato sulla croce lo testimonia.
Con commozione in questa festa rileggiamo quanto lo stesso apostolo scrive nella sua prima lettera: «In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi» (1Gv 3,16).