L’11 giugno, festa del sacro Cuore, in occasione dell’assemblea plenaria della Conferenza episcopale polacca, i vescovi rinnovano l’atto di consacrazione del paese al cuore di Gesù, a cent’anni dal primo affidamento, il 3 giugno 1921.
Il rito solenne sarà presieduto dall’arcivescovo presidente, mons. Stanislaw Gadecki – a pochi giorni dal riconoscimento vaticano della sua totale estraneità alle accuse di aver coperto abusi dei suoi preti – nella chiesa di Cracovia dove avvenne la prima volta. Sul fregio della basilica, ha ricordato Gadecki, vi è un «invito a fare del cuore di Dio il centro dell’universo.
Il nuovo gesto celebrativo vuole ricordare questa verità che dovrebbe essere presente nella vita di ogni cristiano». Secondo p. J. Paszyneski è anche una occasione penitenziale per le infedeltà e i peccati compiuti nell’ultimo secolo.
Per l’occasione i vescovi hanno firmato una lettera pastorale che riconosce la connessione fra culto al sacro Cuore e identità polacca, fra culto e attenzione sociale e fra devozione nella sua declinazione tradizionale (Margherita Maria Alacoque) e nuova (Faustina Kowalska).
«Il simbolo dell’amore infinito e sorprendente di Dio è il cuore ferito e aperto del Salvatore, trafitto dalla lancia e inchiodato sulla croce. Non si può rimanere indifferenti a tale amore. È necessario rispondere. Il culto del Cuore di Gesù si esprime nel desiderio che i nostri cuori, feriti dal peccato, ma lavati e guariti dal sangue di Cristo, palpitino al ritmo del suo Cuore, che è “fuoco ardente di amore” (litanie del sacro Cuore). Ha rivelato al mondo l’amore nel modo più completo, perché Dio non è giudice implacabile, ma Padre amorevole. Dedicandosi al cuore di Gesù, l’uomo si lascia completamente penetrare dall’amore di Dio, per rispondere a questo amore e portarlo nel mondo».
Devozione e libertà
La venerazione al Cuore di Gesù ha una storia molto antica, ma si è espansa a tutta la Chiesa nel XVII secolo, grazie alle apparizioni a Margherita Maria Alacoque. Nel 1765 si istituisce la festa liturgica, ma limitatamente alla confraternita titolata al Cuore e all’allora Regno di Polonia.
Pio IX lo ha esteso a tutta la Chiesa e Leone XIII compì l’atto di consacrazione per l’intera umanità nel 1899. Nel 1920, davanti alla minaccia bolscevica, i vescovi polacchi affidarono la nazione al sacro Cuore e l’anno successivo, riconquistata l’indipendenza, celebrarono il solenne atto di consacrazione. Nel 1948, il card. August Hlond favorì la diffusione della consacrazione personale davanti ai nuovi poteri comunisti. Il 28 ottobre 1951, il suo successore, card. Stefan Wyszynski, rinnovò il gesto per l’intero paese accompagnato da un milione di pellegrini a Jasna Gora. Atto ripetuto nel 1975 e nel 2011, nella basilica del sacro Cuore a Cracovia.
La dimensione sociale del culto emerge nella connessione col tema della libertà. «Rinnoviamo questo atto nello spirito di ringraziamento per il dono della libertà che è presente da oltre trent’anni, ringraziando anche per il fatto che la Polonia sia tornata a far parte a pieno titolo della comunità delle nazioni europee (Unione Europea) che ha aperto una nuova tappa della sua storia». Un processo positivo in cui non mancano le ombre.
Come le «infime tensioni, conflitti, odio e ostilità, in cui è difficile riconoscere la preoccupazione per il bene comune. L’unità della nostra comunità nazionale, grazie alla quale siamo sopravvissuti per secoli, sembra addirittura minacciata». Si insiste per un linguaggio inclusivo e per il perdono reciproco. È importante costruire ponti, dialogo, riconciliazione e perdono.
Fra le sfide urgenti vi è la famiglia. «Un matrimonio su tre si rompe» rendendo più difficile la trasmissione della fede. «Come comunità ecclesiale dobbiamo superare la difficile prova di credibilità, scossa dai peccati e dalle ferite inflitti ai nostri fratelli e sorelle da alcuni sacerdoti». «La Chiesa ha bisogno di un processo di purificazione, chiedendo perdono agli offesi e circondandoli di cure speciali».
La devozione al sacro Cuore ha conosciuto un singolare rinnovamento con il culto alla divina Misericordia, avviato dall’esperienza spirituale di santa Faustina Kowalska a Cracovia negli anni a cavallo della tragica esperienza della seconda guerra mondiale. La centralità della misericordia nel culto a Dio incrocia una sensibilità crescente nella Chiesa.
L’umano e la nazione
«Rendiamo il mondo più umano! In una società atomizzata dall’isolamento a causa della pandemia, gli anziani, i malati e i disabili sperimentano una solitudine dolorosa. Inoltre, la crisi economica rende i poveri ancora più poveri. Apriamoci a loro, non dimenticando che i deboli sono “il cuore della Chiesa” e che devono essere al centro dell’attenzione anche di ogni comunità umana. Il segno della civiltà dell’amore è anche l’apertura alla vita, perché ogni persona, specialmente indifesa e non nata, ha diritto alla vita».
La lettera episcopale è stata letta domenica scorsa nelle chiese del paese e porta la data dell’unidici marzo 2021.
Accanto al tono consapevole, prudente e cordiale della lettera vive anche la corrente più intransigente, espressa da mons.
Marek Jedraszewski, vicepresidente della Conferenza e arcivescovo a Cracovia, che salda la tradizione cristiana con la storia della Polonia e il paese con la continuità biologica, minacciata dall’aborto e dalla svalutazione della famiglia: «L’unità spirituale, la continuità e la durata della nazione polacca hanno il loro fondamento specifico e scientificamente misurabile: la sua continuità e forza biologica» – con il corollario di una preoccupata visione del futuro europeo dove i pochi bianchi rimasti potrebbero essere «mostrati ad altre razze come gli indiani nelle riserve degli Stati Uniti».