Nel 1984, il vescovo mistico, profeta e poeta, Pedro Casaldáliga, nel contesto della sua travagliata diocesi amazzonica di São Félix de Araguaia, scriveva: «Lo Spirito/ha deciso/di amministrare/ l’ottavo sacramento:/la voce del Popolo».1
Questa affermazione, che poteva scandalizzare i cristiani che intendevano in modo puramente aritmetico la definizione di Trento circa il numero settenario dei sacramenti, è pienamente ortodossa ed evangelica.
Nei sacramenti avviene un incontro di fede con il Signore e secondo la parabola del giudizio finale del Vangelo di Matteo 25,31-46, il Signore è presente nei poveri che hanno fame e sete, nei forestieri e negli ignudi, nei malati e nei carcerati, che costituiscono il cuore del Popolo, l’Otto biblico. Al termine della vita saremo giudicati sull’amore, l’opzione per i poveri è implicita nella nostra fede cristologica, poiché è ciò che fece Gesù durante tutta la sua vita.
Nel 2016, il teologo cristiano statunitense Paul Knitter, nel contesto del dialogo interreligioso, confessava che il buddismo lo aveva aiutato a continuare ad essere cristiano ed è grato per aver scoperto nel buddismo un ottavo sacramento: il sacramento del silenzio.2
In un mondo pieno di rumore, voci, parole e di propaganda mediatica che ci assorda e deforma, dobbiamo fare silenzio per poter ascoltare la voce interiore e aprirci al Mistero. Questo silenzio fa parte della tradizione apofatica, monastica e mistica della Chiesa cristiana.
Siamo di fronte a due posizioni contraddittorie? È stata superata l’affermazione di Casaldáliga, debitrice di un contesto di lotta contro le dittature latinoamericane e di dialogo con il marxismo, in piena euforia della teologia della liberazione, quando ormai è già caduto il muro di Berlino e sono cadute sia le sinistre politiche e il cosiddetto socialismo del XXI secolo sono in crisi? Dobbiamo passare da Marx a Budda? Dobbiamo abbandonare i vangeli sinottici narrativi per il più mistico vangelo di Giovanni? Dobbiamo sostituire Casaldáliga con Knitter?
Le due affermazioni dell’ottavo sacramento, lungi dall’essere contraddittorie o disgiuntive, si completano e si integrano a vicenda.
Senza un clima di profondo silenzio e di apertura alla trascendenza del Mistero, il povero e la prassi della giustizia possono diventare un inganno, una ideologizzazione del popolo, un rischio di un’analisi chiusa della realtà, una sottile affermazione dell’io, una falsa utopia rivoluzionaria di un cambiamento di strutture senza conversione personale, che può bruciare invano generose illusioni giovanili.
Ma possiamo anche pensare che un silenzio oceanico e cosmico, aperto al Tutto, se non approda ad un’apertura ai deboli, se non ascolta la voce dei poveri, se si chiude alla storia, alla giustizia e alla solidarietà, può essere ambiguo, egoistico, narcisista e ombelicale, e diventare una nebulosa esoterica e liquida, cessa di essere un sacramento.
Il silenzio autentico deve aprirsi oggi alle vittime di un sistema economico omicida e distruttivo della casa comune, alle vittime della pandemia, alle vittime della violenza, ai profughi che muoiono nel cimitero del Mediterraneo, alle vittime del maschilismo e degli abusi sessuali…
Il silenzio orante di Mosè davanti al roveto ardente, culminò nella liberazione del suo popolo schiavo del faraone egiziano.
La contemplazione di Thomas Merton nel monastero trappista del Kentucy lo rese un pacifista impegnato contro la guerra del Vietnam e in un difensore del dialogo interreligioso.3
Gesù di Nazareth, che trascorreva lungo tempo nel silenzio della preghiera davanti al mistero del Padre, è lo stesso che predica il Regno, guarisce i malati, perdona i peccati, sfama la gente, chiama i discepoli, dà la vita fino alla morte per il popolo ed effonde il suo Spirito.
La migliore tradizione umana e spirituale dell’umanità ha integrato queste due dimensioni irrinunciabili: Gandhi, Tagore, Mandela, Luther King, Romero, Roncalli, Hildegarda, Eckhart, Madeleine Delbrêl, Dag Hammarskjöld, Madre Teresa, Foucauld, Elie Wiesel, Ahmad Al-Tayyeb, Dorothy Stang…
Il popolo povero e il silenzio potranno essere un ottavo sacramento solo se sono espressione dello Spirito di Gesù che ci convoca al Regno, ci apre al mistero silenzioso del Padre e ci chiama a dare la vita per gli altri, come fece Gesù di Nazaret.
Siamo tutti fratelli nel silenzio orante e nel nostro impegno quotidiano per la giustizia e la casa comune.
Non esistono “due-ottavi sacramenti”, ma uno solo: ascoltare in silenzio la voce dello Spirito, soprattutto attraverso il grido del popolo.
1 P. Casaldáliga, Fuoco e cenere al vento, Santander 1984.
2 P. Knitter, Senza Budda non potrei essere cristiano, Barcellona 2016, citato in J. Melloni, De aquí a Aquí , iBarcelona 2021, p. 45.
3 Cf. J. Melloni, o.c. 48-53.