In Burkina Faso cresce la preoccupazione per l’incedere del terrorismo in tutta l’area del Sahel, per il fallimento e la riorganizzazione – simile a uno smantellamento – delle protezioni occidentali. L’appello che ci è giunto è a non dimenticare e a pregare per questi fratelli e sorelle nel pericolo.
Vi raggiugo per condividere alcune considerazioni sul terrorismo in Burkina Faso. All’inizio di giugno ci sono stati massacri nella località di Solhan: la notizia dovrebbe aver fatto il giro del mondo. È stato attaccato il villaggio ai confini tra il Mali e il Niger, nella zona detta delle tre frontiere che da anni è la zona più difficile da controllare da parte degli eserciti dei tre paesi.
Il bilancio ufficiale dell’attacco è di 130 morti, mentre altre fonti ne attestano 160: si tratterebbe quindi dell’attacco che ha causato più vittime dall’inizio del terrorismo in Burkina Faso dal 2016.
L’amara realtà è che gli attacchi non sono mai cessati[1] in Burkina Faso. Una parte del territorio, ad ovest e al nord del paese, è costantemente sotto attacco. L’esercito vi ha condotto varie operazioni belliche che hanno portato solo ad una relativa calma in certe zone.
Ma il terrorismo merita l’appellativo di idra tentacolare capace di rispuntare ogniqualvolta si pensi di averlo sradicato. Perciò quest’ultimo attacco desta ulteriore preoccupazione, in quanto ha colpito direttamente un gran numero di civili. Sinora questo attentato non è stato rivendicato – come la maggiore parte di quanti avvenuti nell’intero Sahel – lasciando così adito a molte ipotesi e speculazioni.
L’anno scorso è stato creato un corpo di civili armati per intervenire in diverse località in aiuto dell’esercito governativo. Ciò spiegherebbe la violenza e la particolare crudeltà con cui questo l’attacco è stato condotto. Nella linea di mira sono stati posti i civili armati[2], i VDP, cioè i volontari della Patria[3].
Secondi certi analisti, si è instaurato un modo di operare che ormai si ripete ogni anno: i terroristi colpiscono duramente all’inizio della stagione delle piogge per far così parlare di loro, con insistenza, anche nei mesi successivi, quando, a causa della impraticabilità dei terreni, non possono muoversi.
A livello della lotta globale contro il terrorismo nel Sahel, non ci sono buone notizie. A metà di aprile ha trovato la morte il presidente del Ciad Idriss Deby, sceso in campo per lottare contro dei terroristi che hanno attaccato il paese dal territorio libico. La versione ufficiale della sua morte sul terreno delle operazioni militari lascia molte perplessità, secondo varie fonti.
Il figlio ha preso il potere al suo posto violando la costituzione del Paese, per quanto previsto nel caso di vacanza del ruolo di presidente. La morte di Deby ha generato instabilità non solo in Ciad ma in tutto il Sahel, poiché l’esercito del Ciad è sicuramente quello più preparato contro il terrorismo, sia nel proprio territorio che in aiuto di altri Paesi.
Un altro fatto di tenore destabilizzante è da ricercare nel doppio colpo di stato in Mali in poco meno di un anno[4]. In seguito a ciò, la Francia ha annunciato la fine della sua cooperazione militare con il Mali e anche la fine del suo intervento nel Sahel, proponendo un diverso modo di operare a livello internazionale[5]. Ci si chiede cosa ci sia dietro queste strane decisioni. Quale sia la risposta, si osserva una crescente instabilità in tutto il Sahel[6].
Nella zona della città capitale del Burkina Faso Ouagadougou – ove vivo – sono stati registrati tre attacchi terroristici in questi ultimi anni: due nel 2016 e uno nel 2018. Il punto più vicino attaccato è circa a 150 chilometri di Ouagadougou. Ciò ci porta ad essere attenti nei nostri spostamenti all’interno del paese, ma pure all’interno della stessa capitale.
Non si sa se ci sia una relazione tra la decisione della Francia di lasciare l’area e gli attacchi a Solhan. Poco prima una coppia di sposi – lei è francese – ci ha avvisato di prestare ancora più attenzione perché la decisione avrebbe suscitato un incremento degli attentati e possibili rapimenti dei francesi, quindi dei bianchi. Questo è stato raccomandato anche dalla ambasciata francese. Tramite l’ambasciata degli Stati Uniti riceviamo indicazioni sui luoghi e i posti da evitare.
Di fronte a tutto questo percepisco nella nostra gente, da una parte, un sentimento di impotenza, ma, dall’altra, una fiducia e una speranza crescente in Dio Padre. In questi ultimi anni, in tutta l’opinione pubblica nazionale, è cresciuta la coscienza di quanto sia importante favorire la creazione di legami che favoriscono la coesione sociale, evitando attentamente tutto ciò che può creare ulteriori divisioni.
La Chiesa ha un ruolo trainante per questo, stimolando lo spirito del vivere comune nella ricerca della pace. Regolarmente giungono i messaggi di esortazione della conferenza episcopale e dell’arcivescovo di Ouagadougou, il cardinale Philipe OUEDRAOGO.
Affido alla vostra preghiera il desiderio di pace per il nostro Paese.
[1] https://www.rfi.fr/fr/afrique/20210610-burkina-faso-chronologie-des-violences-jihadistes-depuis-2015
[2] https://www.dw.com/fr/solhan-attaque-forces-suppl%C3%A9tifs-arm%C3%A9es-afrique/av-57834056
[3] https://www.geopolitica.info/civili-armati-contro-il-terrorismo-il-caso-delle-milizie-volontarie-del-burkina-faso/
[4] https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2021/05/26/mali-nuovo-colpo-stato
[5] https://www.dire.it/11-06-2021/643181-africa-la-francia-annuncia-la-fine-della-missione-militare-nel-sahel/
[6] https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/06/16/instabilita-nel-sahel-incontro-segreto-francia-algeria/