Giovanni Deiana è professore emerito dell’Università Urbaniana, dove ha insegnato Teologia Biblica e diretto il Dipartimento di lingue. In precedenza aveva insegnato Lingue bibliche presso la Pontificia Università Lateranense.
Aprono l’opera la Prefazione (pp. 5-8) e Le Abbreviazioni e sigle (pp. 9-12).
Note introduttive
Del libro del profeta Osea (pp. 13-308), nella Parte prima, Sezione introduttiva (pp. 13-100), viene offerto un profilo storico-letterario di Osea, con le classiche questioni introduttorie.
Nella Parte seconda vengono presentati la traduzione e il commento al testo (pp. 101-258) mentre, nella Parte terza (pp. 258-308), trova una sintetica esposizione il messaggio teologico: temi teologici, il libro di Osea nel canone biblico, Osea nella tradizione, lessico biblico-teologico di Osea (pp. 159-270). Conclude questa parte la ricca bibliografia ragionata e quella generale (pp. 271-308).
L’ampia sezione introduttiva viene di fatto a delineare uno status quaestionis sulla storia del profetismo biblico e della suo inquadramento nel più ampio contesto della profezia del Vicino Oriente Antico. A tale proposito i testi di Mari sono molto interessanti. Essi citano le figure del profeta, della scriba che redige il testo e lo archivia con cura.
Il profetismo biblico sarà differente, grazie all’opera di scuole scribali che rielaborano i testi originali in vista di una rilettura attualizzante del messaggio originale del profeta anche a distanza di secoli.
Anche l’introduzione della figura del re è stata problematica in Israele, ma presentata come subordinata alla parola di Dio, di cui il re doveva prendersi cura con la lettura e l’attualizzazione soprattutto con la difesa delle fasce sociali più deboli.
Sia nel Testo Masoretico che nella tradizione greca della LXX Osea ha sempre conservato il primo posto fra i quattro primi profeti, mentre l’ordine degli altri variava nel TM e nella LXX.
Anche al libro del profeta Gioele (pp. 309-376) vengono dedicati una sezione introduttiva (pp. 309-320), la traduzione e il commento (pp. 321-358), l’esposizione del messaggio teologico, il ruolo di Gioele nel canone biblico e nella storia dell’interpretazione, il lessico biblico-teologico (pp. 359-369). Seguono la bibliografia ragionata e quella generale (pp. 369-376).
Gli indici (pp. 377-406) comprendono sia per Osea che per Gioele l’indice degli autori, lessicale, citazioni bibliche e filologico. Un indice è dedicato agli excursus.
Osea, Gioele e le scuole scribali
Il volume si presenta come un commentario scientifico di alto valore ai primi due dei Dodici Profeti cosiddetti “minori”.
Osea può esse inquadrato nel sec. VIII a.C., nell’ambito del regno di Samaria, al tempo di Geroboamo II (787-747 a.C.) e nel periodo burrascoso successivo.
Per Gioele, il più recente dei profeti minori, la data di composizione varia dal X sec. a.C. al tardo periodo persiano. L’autore propone una finestra posta fra il 445 e il 332 a.C.
Gioele sarebbe stato composto proprio per essere inserito dopo il libro di Osea quando i profeti minori furono raccolti in un solo rotolo, viste le connessioni letterarie che lo legano sia a Osea che lo precede che ad Amos che lo segue.
Il libro del Siracide, composto nel 180 a.C., conosce il libro dei Dodici Profeti come opera unitaria: «Le ossa dei dodici profeti rifioriscano dalla loro tomba, perché essi hanno consolato Giacobbe, lo hanno riscattato con la loro confidente speranza» (Sir 49,10).
Deiana insiste nel ricordare come ormai sia impossibile risalire agli ipsissima verba del profeta Osea, in quanto le sue profezie sono state rielaborate e attualizzate dalle scuole scribali presenti alla corte reale. Esse attingevano anche alle tradizioni del Deuteronomio e a quelle relative ad altri profeti, quali Geremia ed Ezechiele.
I testi di Osea ritrovati a Qumran attestano in ogni caso l’attendibilità del testo ebraico nel corso della sua trasmissione.
Tragedie e conseguenze
Sia nel libro di Osea sia in quello di Gioele viene descritta una tragedia iniziale (sfortunata vicenda matrimoniale per Osea che sposa una prostituta, un’invasione di cavallette in Gioele) viste come svelamento/punizione del tradimento del popolo nei confronti di YHWH.
Nel libro di Osea l’idolatria regna sovrana, portando con sé gravi ingiustizie sociali e mancanza di istruzione nella legge del Signore. In quello di Gioele viene annunciato con severità il giorno del Signore, ma non manca la prospettiva di speranza e di salvezza con l’effusione dello Spirito di Dio su tutti i membri del popolo.
Struttura e messaggio
La struttura del libro di Gioele è così delineata da Deiana: la sovrascritta (1,1); Il flagello delle cavallette e il lutto del popolo (1,2-20); L’invasione di un popolo forte come giorno del Signore (2,1-17); La risposta del Signore (2,18-27); La diffusione dello Spirito (3,1-5); Il giudizio sulle nazioni (4,1-21).
Di fatto il libro di Gioele può essere diviso in due parti: descrizione del giorno del Signore e delle sue conseguenze sul popolo di Giuda (1,1–2,27); descrizione dell’intervento salvifico di Dio che si conclude con la restaurazione del popolo (3,1–4,21).
Il testo del profeta Osea è più lungo di quello di Gioele, con una struttura più elaborata: Sovrascritta e introduzione (1,1); Il dramma familiare di Osea (1,2–3,5); La responsabilità dei sacerdoti e dei politici (4,1–5,7); La guerra siro-efraimita (5,8–6,11); I mali di Samaria (7,1-16); Israele tornerà in Egitto (8,1-14); Le cause della sciagura (9,1-17); Meditazione sul passato di Israele (10,1-5); Ingratitudine del figlio (11,1-11); Giacobbe e Mosè a confronto (12,1-15); La fine inevitabile di Israele (13,1–14,1); Il perdono di YHWH è più forte del peccato (14,2-10).
Tramite il dramma vissuto da Osea che, su ordine di YHWH, sposa la prostituta Gomer, dalla quale ha tre figli che con i loro nomi rivelano la lontananza del popolo da YHWH, Os 1–3 offre uno spaccato della religiosità di Israele che privilegia il culto esteriore e idolatrico rispetto alla pratica della giustizia sociale.
Il legame con il c. 4, non sempre facile da ricostruire, sta nel fatto che la causa del degrado religioso è da imputare alla classe sacerdotale. Essa non ha istruito il popolo, ma si è dedicata a saccheggiare le sue offerte ricevute nel santuario. Il peccato che sta alle radici dei mali di Israele sta nella mancanza di conoscenza di YHWH. La classe sacerdotale chiude un occhio sulle pratiche di culti idolatrici, espressi in termini simbolici come atteggiamenti di prostituzione. Ciò porterà alla caduta di Israele per le sue colpe e Dio non si farà trovare nel momento in cui lo si cercherà.
Da Os 5,8 in poi inizia quella che sembra una rilettura degli eventi storici conosciuti come guerra siro-efraimitica. Sia Giuda che Israele cercano nell’Assiria la soluzione dei loro mali, ma l’unico medico vero è YHWH. La sua vendetta “leonina” (5,14-15) non smorza il grido di speranza (Os 6): se Israele si converte, arriverà il ristoro, come la pioggia per un terreno arido (6,3). Le punizioni sono finalizzate al ritorno del popolo verso Dio. Pentimento ed esercizio della misericordia valgono più dei sacrifici, l’armonia sociale più delle celebrazioni-spettacolo.
Os 7 allude a fatti di cui non si conoscono i dettagli (probabilmente gli intrighi successivi alla morte di Geroboamo II). I capi cadranno di spada e in Egitto si riderà di loro. Gli egiziani non miravano infatti ad aiutare Israele, ma a indebolire la potenza nemica assira.
Os 8 sviluppa Os 4,6: la violazione della legge porta alla rovina. Nella traduzione di Deiana: «È distrutto il mio popolo senza conoscenza, perché tu hai disprezzato la conoscenza, di conseguenza io disprezzerò il tuo servizio sacerdotale a me; tu hai dimenticato la legge del tuo Dio e anch’io dimenticherò i figli tuoi» (Os 4,6).
La legge non è una raccolta di norme, ma è alleanza e torah. La loro trasgressione è aggravata dall’istituzione della monarchia (non prevista da YHWH) e dal culto pagano dei vitelli. Le conseguenze sono tragiche: chi semina vento, raccoglie tempesta (8,7; correggere l’originale 8,6 a p. 263 r 20).
Os 9 sviluppa ulteriormente la condanna di Israele: poiché il popolo non ha saputo mantenere i suoi impegni, dovrà ritornare in Egitto e rivivere la condizione della schiavitù. Sembra che la condanna sia senza speranza: Menfi sarà la tomba per Israele.
Con Os 10 inizia una riflessione sulla storia di Israele: il dono della vite fatto da YHWH ha alimentato l’idolatria di Israele, che si è votato al culto del vitello, che finirà in dono al re assiro. Vengono ricordate altre vicende tristi, riguardanti Gibeah (stupro di massa) e Betel (la sua distruzione segnerà la fine del regno di Samaria).
In Os 11 Israele è presentato come un figlio ingrato nei confronti delle tenerezze amorose espresse dal padre. La punizione sarà un lungo periodo di esilio in Egitto e in Assur, ma questo non significherà che Efraim verrà distrutto completamente. Quando tornerà a casa, avrà imparato a fidarsi del suo unico sostegno, YHWH. (Questo vale anche per Giuda).
Os 12 rimprovera Giacobbe (= Efraim) di aver cercato il benessere a prescindere da Dio, quale valore supremo della vita. Israele ha ingannato YHWH col suo comportamento, dimenticandosi di lui dopo aver sperimentato la sazietà derivante dai suoi doni. Israele è diventato un cananeo… In confronto a Giacobbe viene ricordato brevemente Mosè, l’uomo di cui YHWH si servì per la liberazione dall’Egitto.
La chiave di lettura riassuntiva della storia di Israele è fornita nel c. 13. Il fallimento politico non dipende da situazioni storiche esterne, ma dal comportamento religioso idolatrico del popolo. Il destino di Israele è segnato: come un leone, un’orsa e un leopardo YHWH diventerà un nemico implacabile e abbandonerà il popolo allo sheol e alla morte. ù
La religiosità di Israele era finalizzata a ottenere da YHWH un benessere a cui ha sacrificato tutto, persino la riconoscenza verso il generoso donatore. Per Dio non c’è più posto (lezione quanto mai attuale anche per il popolo dei cristiani, ricorda Deiana).
Il libro di Osea non si chiude con il fallimento di Israele dovuto all’ingratitudine umana. Più forte di questa è la speranza espressa nel c. 14: Israele troverà la strada del ritorno a Dio attraverso il riconoscimento dei propri sbagli. Solo allora il medico potrà guarire la malattia del suo popolo. Per esso inizierà una nuova era, che vedrà l’armonia tra Dio, il popolo e il creato intero. Una speranza vivida che era già stata anticipata nel bellissimo brano di Os 2,16-25 e 3,5.
Dopo la minaccia di YHWH di togliere i propri beni alla sposa infedele, che invece li chiede agli amanti ingannatori, inopinatamente YHWH la condurrà nel deserto del primo innamoramento, dove concluderà con lei una nuova alleanza, con una verginità rinnovata. La ricca dote nuziale sarà fornita dallo stesso sposo!
Misericordia più che sacrifici
Mt 9,13 e 12,7 riportano la duplice citazione che Gesù fa di Os 6,4 «Misericordia io voglio e non sacrificio». Considerandola una “negazione dialettica” tipica del pensiero ebraico, che sottolinea l’importanza del secondo elemento menzionato senza negare il primo, si potrebbe tradurre: «Misericordia io voglio e non tanto sacrifici». Altro esempio: «Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17; a parte il fatto che il greco non ha articoli e quindi si potrebbe forse tradurre lett. «Non sono venuto a chiamare giusti, ma peccatori». Sembra che giusti al mondo non ce ne siano…).
La prima volta Gesù cita Os 6,4 mentre è a tavola con i “peccatori” ospitati da Matteo, il pubblicano chiamato a diventare uno dei Dodici discepoli di Gesù. La seconda, mentre difende i Dodici che, in giorno di sabato, strappano delle spighe per sfamarsi (ma in Mc 2,23 non lo fanno per fame, ma con la libertà goduta dai discepoli di cotanto Maestro…). Due situazioni che rivelano il cuore misericordioso di Gesù e la libertà che vige nel Regno da lui inaugurato. Os 6,4 le illumina e le preannuncia alla perfezione…
Possano queste semplici note rendere onore a un commentario di alto valore scientifico, che fa davvero onore all’esegesi italiana, divulgando un messaggio profetico sempre attuale e vivo anche per i nostri tempi, tentati da un orgoglioso senso di autosufficienza e dalla dimenticanza dell’autore della vera vita, unica sorgente della possibilità di costruire anche nel futuro una comunità planetaria globalizzata (detto meglio: “fraterna”) che salvaguardi, nello stesso tempo, la dignità di ogni essere umano e della cultura di ogni popolo.
- Osea Gioele. Nuova versione, introduzione e commento di GIOVANNI DEIANA (I Libri Biblici – Primo Testamento 14), Edizioni Paoline, Milano 2021, pp. 416, € 49,00, ISBN 978-88-315-5128-1.