«Chi entra papa, esce cardinale»: il detto che mette in guardia dalle speculazioni dei media in ordine ai candidati più accreditati nel conclave è stato confermato nell’elezione di papa Francesco. Qualcosa di simile si può dire anche rispetto alle previsioni per le decisioni dei sinodi di Mosca e Costantinopoli per i successori degli attuali patriarchi.
Cirillo, 74 anni, e Bartolomeo, 81 anni, mostrano una vitalità assai lontana dall’esaurimento delle forze. Nondimeno voci, impressioni e supposizioni sono alimentate nei rispettivi circuiti. Poco rilevanti in ordine alla futura elezione patriarcale sono invece intriganti per la distribuzione attuale delle responsabilità e della capacità di influire sugli indirizzi delle sedi maggiori dell’Ortodossia oggi.
Hilarion e gli altri
Ha colpito gli osservatori il clima di apprezzamento, quasi una “glorificazione”, del metropolita Hilarion di Volokolamsk in occasione dei suoi 55 anni.
Presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiali estere del Patriarcato di Mosca e direttore degli studi post-laurea e di dottorato dell’istituto più prestigioso, dedicato ai santi Cirillo e Metodio, Hilarion è molto noto sia in Russia che in Occidente. La sua opera musicale conosce una decina di opere di vasto respiro, fra cui Passione secondo Matteo per solisti, coro e orchestra e Oratorio di Natale per solisti, voci bianche, coro e orchestra.
I suoi lavori di teologo, storico e saggista raggiungono il migliaio di pubblicazioni. È molto legato a Gesù Cristo. Vita e insegnamento (in 6 volumi). L’impegno maggiore è sul versante pastorale e di rappresentanza della Chiesa ortodossa russa nel contesto ecumenico, politico e culturale. Per il suo compleanno è stato pubblicato un filmato che ne racconta la vita e il magistero.
Alla celebrazione liturgica per l’occasione ha ricevuto messaggi augurali non formali dal patriarca Cirillo, dalla Chiesa di Antiochia, di Serbia, di Cechia e Slovacchia, da quella rumena, bulgara, statunitense e polacca.
Molto presente nei media e interpellato circa la difficoltà maggiore incontrata nel suo servizio al Dipartimento ha indicato la frattura della Chiesa ucraina, denunciata come «azione anti-canonica e di rapina del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, che abbiamo affrontato nel 2018 e che ha diviso l’intera Chiesa ortodossa. Questa spaccatura si sta approfondendo a causa delle azioni del patriarca di Costantinopoli», senza intaccare l’unità con le Chiese dello spazio canonico russo (Russia, Bielorussia, Moldova) e le Chiese di tradizione slava.
Per la sua azione di salvaguardia del “mondo e pensiero russo” ha operato in parallelo e col sostegno del governo e del ministero degli esteri. In una intervista il ministro degli esteri, S. V. Lavrov ha risposto: «Lavoriamo a stretto contatto da molti anni. Esiste un gruppo di lavoro di lunga data sulla cooperazione fra il ministero e la Chiesa ortodossa russa… È una persona erudita, di alto profilo culturale. Molto immediata. Per la sua posizione una qualità importante è non mostrare emozioni. Ma sono sicuro che in molte situazioni le emozioni lo investono. È un interlocutore intelligente e pensante».
Porta come esempio la questione ucraina: «Abbiamo una chiara comprensione che le azioni di Costantinopoli sono direttamente manipolate da Washington. Non hanno nulla a che fare con gli ideali dell’ortodossia, con le tradizioni canoniche sulle quali sono stati organizzati i rapporto fra le Chiese locali».
Il 12 giugno, nella sala San Giorgio del Cremlino ha ricevuto da Vladimir Putin uno dei premi più prestigiosi della Federazione Russa nel campo della letteratura e dell’arte, «per il suo contributo allo sviluppo della cultura nazionale e delle attività educative». Putin ha osservato, a suo riguardo: «continua le tradizioni dell’illuminismo russo, combinando il servizio alla Chiesa con una brillante attività creativa; le sue opere letterarie, musicali, cinematografiche sono un evento nella vita culturale del paese e i suoi programmi educativi alla televisione russa hanno un pubblico vastissimo anche fuori del paese».
Nella risposta mons. Hilarion ha ringraziato in ordine: la Russia, la madre, il patriarca Cirillo, i colleghi, il presidente Putin. «Sono entrato nella Chiesa negli anni negli anni dei “muri” rispetto alla società, alla cultura e alla scuola. I muri si stanno sgretolando. Di recente, con il suo aiuto presidente, è caduto un altro muro fra Chiesa ortodossa e università: il diritto di studiare e insegnare teologia nelle università statali».
Ma Hilarion conosce anche molti nemici. Un acuto osservatore della Russia mi ha fatto notare che non è tutto oro quello che luccica. Quanto alla sua elezione a patriarca dipenderà da chi, nel sinodo e nel Cremlino, avrà al momento opportuno la maggior forza di king maker. Se ci sarà ancora Putin è probabile che si opti per il vescovo che meglio conosce e che gli è più vicino, il metropolita Tikhon, vescovo della diocesi di Pskov.
È lui che risponde alle domande di senso di quell’umanesimo spirituale che il presidente vive e che gli rivolge. Interrogativi che non fa né al sua entourage né al personale ecclesiastico; lo ritiene troppo mondano e attaccato ai soldi. Se Putin scompare allora entra in campo l’FSB (prima KGB) che probabilmente opterebbe per Hilarion, perché lo tiene in pugno.
Se Cirillo dovesse vivere a lungo vi sono personaggi giovani e interessanti che lo aiutano. Fra questi il giovane metropolita Antonio, esarca a Parigi e molto presente a Mosca. Brillante, defilato, di grande profondità spirituale.
Bisanzio: stormir di fronde
Per quanto riguarda il Fanar, si può accennare a una polemica giornalistica ospitata da Ortodoxtimes.gr, a firma di Melchizedek, uno pseudonimo per un personaggio molto addentro alle questioni ecclesiastiche.
Il 17 giugno scorso ha espresso l’irritazione di alcuni sinodali nei confronti del metropolita Emmanuel, prima esarca dell’Ortodossia in Francia, poi rappresentante di Bartolomeo nella complicata vicenda dell’autocefalia alla Chiesa ucraina e ora metropolita anziano (il numero due) nel sinodo episcopale costantinopolitano.
Alla sua cerimonia di intronizzazione mancavano tre metropoliti. La sua presenza e azione «ha causato lamentele e frustrazioni» per il suo presenzialismo che relativizza l’apporto degli altri. Per la prima volta due metropoliti non partecipano alle assemblee patriarcali.
Agli incontri esterni il patriarca è accompagnato solo dal metropolita Emmanuel. È lui che ha rappresentato Bartolomeo a Roma per la festa dei santi Pietro e Paolo. Sarebbe ancora lui all’origine dello spostamento del metropolita Anfiloco di Adrianapoli. Il suo arrivo avrebbe smosso le tranquille carriere locali, legate al mondo turco-greco, più che a quello internazionale.
Occasione propizia per i media del sistema Erdogan per mettere in difficoltà i due maggiori esponenti e possibili successori di Bartolomeo: il già citato Emmanuel e il metropolita Elpidoro, ora al vertice dell’ortodossia americana. Il primo è accusati di disturbare la politica turca.
Il secondo è criticato per aver alimentato a livello internazionale la reazione negativa alla decisione di Erdogan di trasformare Santa Sofia in moschea. E inoltre aver difeso i diritti dei ciprioti nei confronti di Ankara. Infine perché usa sistematicamente l’aggettivo “ecumenico” parlando di Bartolomeo, cosa che violerebbe il trattato di Losanna. Nella delicatissima e fragile presenza ortodossa a Istanbul anche piccoli dissidi personali possono diventare pericolosi.