Dodici comunità e istituti tradizionalisti di fondazione francese ma con alcune presenze in diversi altri paesi hanno firmato assieme una lettera indirizzata ai vescovi di Francia per riaprire un dialogo sull’uso del rito preconciliare nella celebrazione liturgica. Resa pubblica il 2 settembre (La Croix), la lettera mantiene un tono rispettoso e supplice. Ben lontano dalla risposta rimbombante attesa dagli ambienti della destra cattolica al motu proprio di papa Francesco, Traditionis custodes del 16 luglio 2021, che regola in forma molto restrittiva l’uso del rito di san Pio V.
Da tempo il piccolo mondo dei tradizionalisti storici raccoglie echi di polemiche interne, spesso di tipo personale. Come quella che ha contrapposto il card. Raymond Leo Burke a Steve Bannon, ex consigliere di Trump e grande sostenitore delle forze sovraniste in Europa, a proposito di un film sull’omosessualità nel clero; o come quella che ha diviso Roberto Mattei (Fondazione Lepanto) a mons. Carlo Maria Viganò sui recenti interventi “politici” di quest’ultimo; o come la frattura sulla questione dei vaccini (pro e no vax) di cui ha dato nota S. Magister nel suo blog Settimo cielo.
Il tema di fondo è quello sul credito da dare agli impianti complottisti e apocalittici proposti dal filone dei QUanon e il contraddittorio richiamo a una libertà (no-vax) la cui estensione porta a rafforzare il sistema liberale più che a metterlo in crisi.
Sospettati e marginali
La severità di Traditionis custodes è in particolare rivolta a quell’area del mondo cattolico, i neo-tradizionalisti, che ha fatto del rito antico l’arma per resistere al magistero papale e alla sue riforme.
Qui non si tratta di contrapposizione liturgica e teologica, ma soprattutto di posizionamento ecclesiale in cui la rivendicazione del rito è il mezzo per sottrarsi all’obbedienza gerarchica e alimentare un’ideologia politica autoritaria (da Trump al sovranismo). Ma, naturalmente, l’incisione rituale, interessa direttamente i tradizionalisti storici: una ventina di famiglie religiose e fondazioni monastiche che la chiusura della Commissione Ecclesia Dei ha dirottato verso la responsabilità della Congregazione dei religiosi.
La lettera dei 12 istituti di fondazione francese esprime in forma compiuta la ricerca di una sopravvivenza sotto l’ombrello dei vescovi e una risposta all’irrisione espressa dai lefebvriani a quanti non li hanno seguiti sull’opposizione frontale al papa, ai vescovi e al concilio.
Se, nel loro insieme, sono rappresentativi della loro area di riferimento, i numeri non sono eclatanti. Guardando ai loro siti web, il loro numero complessivo non supera i 500 preti, 220 seminaristi, 160 monache e suore. Si va dai 450 della Fraternità sacerdotale San Pietro alle pochissime unità dei Missionari della Santa Croce.
Nella lettera, frutto di un incontro dei responsabili a Cortalain (Eure-et-Loir, Francia) scrivono: «Ci sentiamo sospettati, messi al margine, condannati». «Quali colpe abbiamo commesso? Siamo pronti, come ogni credente, a chiedere perdono se qualche eccesso di linguaggio o di sfida verso l’autorità si è introdotto in questa o quella persona. Siamo disponibili alla conversione se lo spirito di parte o l’orgoglio ha inquinato i nostri cuori. Supplichiamo che si apra un dialogo umano, personale, pieno di confidenza, lontano dalle ideologie o dalla freddezza dei decreti amministrativi. Vorremmo incontrare una persona che sia per noi il viso della maternità della Chiesa. Vorremmo poterle raccontare la sofferenza, i drammi, la tristezza di tanti laici del mondo intero, ma anche di preti, religiosi, religiose che hanno offerto la loro vita sulla base delle assicurazioni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ci era stato promesso che “sarebbero state prese tutte le misure per garantire l’identità degli istituti nella piena comunione della Chiesa cattolica”».
I decreti di erezione e le costituzioni approvate hanno specificato per ciascuno il proprio posto nella Chiesa. «I religiosi, le religiose e i preti dei nostri istituti hanno pronunciato voti ed emesso promesse secondo questa specificazione. Chiedono al papa comprensione e tempo, temendo visite apostoliche di tipo disciplinare». «Con fiducia, ci rivolgiamo anzitutto ai vescovi di Francia per aprire un dialogo vero e per chiedere la designazione di un mediatore che mostri il volto umano del confronto».
Lefebrviani: venite con noi
Di tono assai diverso la lettera del superiore generale (22 luglio) della Fraternità sacerdotale San Pio X (lefebrviani) che si dispone a ereditare tutti quelli che non accetteranno il motu proprio.
Il testo papale e la lettera che l’accompagna – scrive don Davide Pagliarani – «hanno provocato un profondo sommovimento nel cosiddetto mondo tradizionalista. Si può notare, a rigor di logica, che l’era dell’ermeneutica della continuità, con i suoi equivoci, le sue illusioni e i suoi impossibili sforzi, è drasticamente superata, cancellata con un colpo di spugna». «La messa di sempre, che esprime perfettamente la vittoria definitiva di nostro Signore sul peccato, tramite il suo sacrificio espiatorio è un… segno di contraddizione».
La concezione di Chiesa che essa veicola «è assolutamente incompatibile con l’ecclesiologia derivante dal concilio Vaticano II. Il problema non è semplicemente liturgico, estetico o puramente formale. Il problema è, al tempo stesso dottrinale, morale, spirituale, ecclesiologico e liturgico». La Chiesa conciliare si è affidata alle potenze del mondo». «Le ultime disposizioni prese contro la messa obbligheranno queste anime (turbate) a trarre tutte le conseguenze di ciò che hanno scoperto: ora si tratta per loro di scegliere – con gli elementi di discernimento che hanno a disposizione – ciò che si impone a ogni coscienza cattolica ben formata». Tradotto: venite con noi!
La parola passa ora alla Conferenza episcopale francese, al suo presidente, mons. Eric de Moulin-Beaufort, e ai due vescovi incaricati per il dialogo con le istituzioni tradizionaliste, Olivier Leborgne e Dominique Lebrun.
Visto che nessuno risponde mi sono messo a studiare.
Secondo l’Ufficio Statistico della Chiesa Cattolica risultano presenti in Italia 54.606 sacerdoti nel 2019.
Sono 2.753 i seminaristi della Chiesa italiana, censiti al 31 dicembre 2014.
Putroppo non sono riuscito a trovare dei dati allineati.
In ogni caso non penso che le vocazioni in Italia possano essere esplose dopo il 2014.
Questi sono i numeri poi ognuno li legge come gli pare.
Non c’è che dire.
Penso che il motu proprio di papa Francesco “Traditionis custodes” sia stata motivato dal fatto che molti sacerdoti e fedeli che vivono la messa secondo il rito di san Pio V rifiutano o sono dubbiosi sul Concilio Vaticano II. Il documento di Papa Francesco induce ad uscire da qualsiasi ambiguità ed accettare o meno il Vaticano II. Mi domando perchè un sacerdote che celebra la messa secondo il vecchio rito non dovrebbe accettare il Vaticano II visto che San Pio da Pietralcina lo ha accettato in una lettera a San Paolo VI prima di morire !? Perchè laici come Santa Gianna Beretta Molla o Beato PierGiorgio Frassati o Beato Alberto Marvelli morti prima del Concilio non avrebbero voluto accettare il Vaticano II !? Certo in alcuni punti il Vaticano II ha portato novità innegabili ma in altre è stato in continuità come è accaduto con il Concilio di Trento, che dal punto di vista dottrinale è stato fortemente conservatore ma dal punto di vista disciplinare è stato fortemente innovatore ed in discontinuità con la situazione ecclesiale precedente.
500 preti, 220 seminaristi?
Cioè quasi un seminarista ogni due preti?
Qual’è il rapporto semminaristi/preti nel mondo non tradizionalista?
Si può sapere?
si giudicano male i numeri dei tradizionalisti (sbagliando, perchè per esempio la FSSP non ha 450 membri, ma 504 di cui 330 presbiteri, 12 diaconi e 162 seminaristi al 2020) ma non si giudica da dove sono partiti: sempre la FSSP è partita da 12 preti e 20 seminaristi nel 1988, quindi in 32 anni ha avuto una forte crescita
Insomma, invece di fare un intervento chirurgico “mirato” colpendo solo quei tradizionalisti pericolosi e ribelli, il papa ha sparato nel mucchio, mettendo in atto l’antico detto: “colpiteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”