Erano le 8,16 del 6 agosto 1945 quando un aereo statunitense lanciò la bomba denominata “Little boy” (16 chilotoni di potenza) sulla città di Hiroshima in Giappone: si stima che tra le 70 e le 80.000 persone siano morte all’istante, per poi arrivare sino a 200.000 negli anni seguenti per le conseguenze dell’esplosione.
Altre decine di migliaia di vite furono spezzate il 9 agosto a Nagasaki, colpita da “Fat Man” con una potenza stimata sui 25 chilotoni.
Armi nucleari
A distanza di oltre 75 anni gli arsenali nucleari, giunti nel corso della Guerra Fredda all’astronomica cifra di circa 70.000 testate, continuano a minacciare l’umanità. Pur essendo stato firmato nel 1968 il Trattato di Non Proliferazione TNP, che richiede ai Paesi firmatari d’impegnarsi per il disarmo e per l’uso dell’energia nucleare solo a fini pacifici, la proliferazione orizzontale è proseguita: ai cinque firmatari del TNP, gli unici autorizzati in base ad esso a detenere tali armamenti, si sono affiancati al di fuori del Trattato Israele, India, Pakistan e Corea del Nord.
La proliferazione verticale apparentemente si è contratta tanto che ad oggi si contano “solo” 13.000 testate. Esse sono però più precise e potenti, mentre i vettori (aerei o missili) aumentano la loro velocità e minacciosità, come nel caso dei missili ipersonici, altra nuova frontiera della sfida militare.
Questi ultimi, capaci di una traiettoria non balistica ma costantemente più vicina alla superficie del nostro pianeta, saranno più difficilmente individuabili sia per tempi di rilevazione più ridotti, sia per destinazione finale, sia per capacità (convenzionale o nucleare), con conseguenze nefaste sulla deterrenza in quanto aumenteranno un’insicurezza diffusa.
Di queste 13.000 testate quasi 4.000 sono immediatamente operative, pronte a distruggere il mondo. La maggior parte di esse sono in mano statunitense e russa, ma la contrazione dei tempi di rilevamento/reazione e le ipotesi per un uso di teatro (cioè per un conflitto limitato al teatro europeo insomma) non possono non preoccupare.
Il nucleare e l’intelligenza artificiale
Dati i tempi sempre più ristretti per la rilevazione e la conseguente risposta, si tende ad applicare su ampia scala sistemi d’intelligenza artificiale (IA) in questo settore, considerato che essa offre elevate capacità di analisi e di elaborazione dati in spazi temporali ridottissimi.
Ma, valutati i margini di errore e le vulnerabilità delle tecnologie informatiche (che esistono, anche se non se ne parla), aumenta parallelamente il rischio di un conflitto dovuto ad un difetto dell’IA, che potrebbe causare la distruzione dell’umanità.
Nonostante la Croce Rossa Internazionale e la Mezzaluna Rossa Internazionale abbiano da tempo evidenziato in un documento l’impossibilità di vincere una guerra nucleare per i gravi danni reciproci a livello umanitario, permane l’opzione nucleare nei discorsi dei leader e all’interno dei documenti strategici delle grandi potenze e anche della NATO, la quale ne ha recentemente ribadito l’importanza affermando l’«impegno a mantenere un mix appropriato di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica per la deterrenza e la difesa» (Comunicato del Consiglio Nord Atlantico, Bruxelles 14 giugno 2021).
Ridurre gli armamenti
A Madrid, nel luglio scorso, i tre copresidenti della Quarta riunione ministeriale dell’Iniziativa di Stoccolma per il disarmo nucleare (i ministri degli Esteri di Germania, Spagna e Norvegia: Heiko Maas, Arancha Galez Laya e Anne Linde) hanno lanciato un pubblico appello per ridurre in quantità apprezzabile il numero di testate e per «una nuova generazione di accordi sul controllo degli armamenti» strategici.
Il ministro tedesco Maas ha dichiarato che «dobbiamo costruire su questo ora, attraverso passi chiari con cui gli Stati dotati di armi nucleari adempiono al loro obbligo e responsabilità di disarmare».
L’Iniziativa di Stoccolma fu avviata nel 2019 con 16 ministri degli esteri di Stati non dotati di armi nucleari (NNWS), al fine di rafforzare il Trattato di non proliferazione (TNP) e promuovere il disarmo per un mondo libero dalle armi nucleari. Già nel 2020 presentò nel summit di Berlino 22 precise proposte (le cosiddette “Stepping Stones“) per rivitalizzare un processo di disarmo che prosegue a dir poco lentamente.
Anche Paesi della NATO o comunque filooccidentali premono in tal senso, dato che dopo mezzo secolo dalla firma del TNP lo scopo ultimo non solo non è stato raggiunto, ma non esiste neppure una tabella di marcia con tempi prefissati.
L’ONU
Di fronte a queste resistenze e lentezze, nel 2017 l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato con il sostegno di ben 120 Paesi il TPNW, che prevede un disarmo nucleare immediato da parte degli aderenti.
Il TPNW è entrato in vigore quest’anno, ma non è stato firmato dalle potenze nucleari e dai loro alleati. Tra questi purtroppo spicca anche l’Italia, peraltro firmataria del TNP.
Siamo a favore del disarmo nucleare, ma nel frattempo ospitiamo (basi di Aviano e Ghedi) decine di testate di bombe statunitensi B-61, destinate ad un’eventuale guerra tattica di teatro, da combattere in Europa, cioè (è bene ricordarlo sempre) qui a casa nostra. Le bombe B-61 (nella versione 12 più potente e avanzata) saranno trasportate dagli F35, invisibili ai radar e con maggiore autonomia di volo per penetrare più a fondo sul territorio della vicina Russia.
Quest’ultima, impegnata anch’essa nel rinnovo del proprio arsenale nucleare, avverte questa minaccia di bombe statunitensi poste vicino ai suoi confini come altro elemento ostativo per un dialogo in materia.
Se durante la prima Guerra Fredda Washington e Mosca riuscivano a confrontarsi e a discutere su vari tavoli in merito, da anni i colloqui e i contatti sono sospesi in modo preoccupante. L’ultimo incontro fu tra Obama e Medvedev nel 2010 con il “New Start” con il quale si stabiliva un tetto massimo di 1.550 testate nucleare operative e un massimo di 800 vettori per ciascuna delle due superpotenze. Unico segno di speranza è il rinnovo dell’accordo attivato da Biden e Putin all’inizio di quest’anno.
La posizione italiana
Il governo italiano, al fine di operare in maniera condivisa con gli alleati NATO e soprattutto con gli USA, ha optato per un sostegno al TNP invece che al TPNW, nella speranza di far fare qualche passo in avanti alle superpotenze nel quadro del primo trattato, dato che il secondo prevede un’opzione zero immediata che esse non sono certe disposte a fare.
La società civile italiana, che con la Campagna Senzatomica e l’impegno della Rete Italiana Pace e Disarmo, da tempo richiede l’avvio di un’azione governativa su più livelli per impedire un’accettazione passiva della realtà degli arsenali nucleari, che costituiscono una grave minaccia alla sicurezza internazionale.
- Ripreso dalla rivista Confronti.
Maurizio Simoncelli è vicepresidente e cofondatore dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo – Iriad.