È stato presentato a Beirut, il 28 settembre scorso, un documento elaborato ecumenicamente che chiede un rinnovamento profondo della vita ecclesiale in Medio Oriente.
Il testo lungo e denso rappresenta un tentativo sistematico di approfondire l’attuale situazione delle comunità cristiane nel contesto mediorientale. È intitolato Cristiani in Medio Oriente: per un rinnovamento delle decisioni teologiche, sociali e politiche.
Secondo l’agenzia vaticana Fides, questa iniziativa è unica nella storia recente della riflessione teologica e pastorale sul presente e il futuro dei cristiani in Medio Oriente.
Il documento è stato presentato nella sala conferenze della chiesa di Sant’Elia ad Antelias, in Libano. Il testo è il risultato del vasto lavoro di un’équipe di teologi e teologhe e di esperti di problemi ecumenici, geopolitici e delle scienze sociali.
Il gruppo, composto da undici personalità provenienti da diverse località della regione. Fra queste personalità il pastore Najla Kassab, presidente della World Fellowship of Reformed Churches, il prof. Souraya Bechealany, ex segretario generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, il teologo ortodosso libanese-tedesco prof. Assaad Elias Kattan, il teologo palestinese luterano Pastor Mitri Raheb e il sacerdote maronita Rouphael Zgheib, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Libano.
Il contesto attuale geopolitico e storico
Nella prima delle tre sezioni del documento, in un approccio teologico-contestuale, si riflette criticamente sul contesto attuale geopolitico e storico. I cristiani in Medio Oriente – si afferma – si trovano di fronte a enormi emergenze e provocazioni, «che ci mettono davanti a decisioni dalle quali dipende la nostra esistenza e la nostra futura presenza». Il «graduale indebolimento della nostra presenza e della nostra testimonianza» rende «imperativo un esame approfondito della nostra situazione, basato su una serena lettura critica».
In molti passaggi sono riportati gli stereotipi che hanno plasmato e oscurato l’immagine prevalente nei media occidentali delle comunità cristiane del Medio Oriente. È sbagliato parlare sempre di “minoranze” angustiate, «bisognose di protezione esterna, sia dal punto di vista finanziario che geopolitico».
Di fronte agli sconvolgimenti politici in Medio Oriente, analizzati nel documento con grande ricchezza di riferimenti attuali e storici, come i tempi del “rinascimento” arabo e del “risveglio islamico”, gli autori del documento su dicono convinti che il pericolo più insidioso per le attuali comunità cristiane in Medio Oriente sia «l’approccio riduzionista basato unicamente sulla logica della maggioranza e della minoranza».
Il contesto ecclesiale e teologico
Nella seconda sezione viene analizzato il contesto ecclesiale e teologico. Di fronte all’esistente diversità e pluralità della presenza cristiana nei Paesi del Medio Oriente – che, però, rappresenta anche una ricchezza – si segnala la necessità della cooperazione ecumenica e l’importanza della formazione teologica e spirituale. Vengono messi in risalto anche il ruolo delle Chiese nell’ambito pubblico e il loro contributo al bene comune, nonché alcune sfide e alcuni problemi di convivenza.
L’emigrazione dei cristiani, aumentata negli ultimi decenni, non può essere interpretata unicamente come diretta conseguenza dell’emergere di violenti movimenti islamisti.
Vanno tenuti in considerazione anche i fattori di «debolezza interna» che gravano sullo spirito cristiano delle istituzioni e delle realtà ecclesiali. Si afferma, tra l’altro, che «il linguaggio utilizzato dall’establishment religioso è in molti casi ancora lontano dalla realtà quotidiana, dalle sofferenze e dalle paure dei cristiani locali» e sta progressivamente perdendo il suo fascino sulle giovani generazioni, tra le quali si osserva una crescente tendenza all’indifferentismo e perfino all’ateismo, non ancora sufficientemente percepita da parte della Chiesa.
Possibili risposte
Dopo un’analisi critica, la terza parte del documento formula possibili risposte alle sfide sollevate nei capitoli precedenti e suggerisce vie costruttive per una testimonianza rinnovata, rafforzata ed efficace della presenza cristiana in Medio Oriente.
Risuona in alcuni passaggi il richiamo a riscoprire il tesoro delle proprie tradizioni ecclesiali. La struttura della maggior parte delle Chiese storiche del Medio Oriente è fortemente influenzata dal principio della sinodalità. Le caratteristiche tradizionali della vita ecclesiale delle comunità basate su questo principio devono essere ripristinate. Secondo gli autori del documento, è cosa incompatibile con il principio della sinodalità se «il popolo di Dio – in particolare le donne e i giovani – vengono tenuti ai margini nelle decisioni importanti».
Riguardo al contesto geopolitico, gli autori del documento invitano i cristiani in Medio Oriente a rifiutarsi di aderire o di identificarsi con regimi politici dittatoriali, siano essi ideologicamente laici, teocratici o feudali. L’unica prospettiva orientata al futuro per i cristiani in Medio Oriente è una partecipazione attiva alla vita pubblica e l’impegno per uno Stato civile governato sulla base dei diritti di cittadinanza e del principio di uguaglianza. Solo uno Stato così moderno è in grado di assorbire e di accogliere tutta la diversità e la pluralità dei paesi del Medio Oriente.
L’ultimo capitolo del documento afferma: «Vediamo in queste decisioni e misure un’espressione ben ponderata dell’impegno dei cristiani in Medio Oriente per una solidarietà umana e una vita dignitosa per ogni abitante nella nostra regione. Costatiamo in loro anche un rifiuto della cultura dilagante della morte e l’accettazione della logica della violenza per risolvere i conflitti. La nostra presenza cristiana deve fondarsi sul servizio (diakonia) di ogni persona, sull’amore di totale dedizione e il perdono genuino, in obbedienza alla volontà di Dio.
Altri contributi
Durante la presentazione, sono stati offerti anche cinque contributi e commenti online con riferimento alla grande attualità del documento.
Il primo contributo è venuto dal cardinale patriarca caldeo Louis Raphael Sako di Baghdad, che ha accolto il documento come l’inizio di un dialogo per il rinnovamento delle Chiese in Medio Oriente e ha invitato i responsabili di tutte le Chiese a prendere parte a questo dialogo.
Anche il patriarca emerito latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, ha espresso apprezzamento e ringraziamento per l’intenso lavoro teologico svolto dal gruppo, definito di grande importanza per il futuro dei cristiani in Medio Oriente. In vista di questo futuro, la presenza quantitativa è meno importante della qualità della testimonianza cristiana nei contesti descritti, caratterizzati dalla pluralità. Sarà fondamentale incontrare con lo stesso amore coloro che stanno nella propria tradizione e coloro che sono di casa in altre tradizioni cristiane o nelle diverse religioni.
La teologa protestante viennese e collaboratrice di Pro Oriente, Viola Raheb, originaria di Betlemme, ha spiegato che il documento affronta questioni controverse e che, dal punto di vista teologico, prende una posizione chiara per la giustizia e la solidarietà umana. Una tale posizione è tutt’altro che ovvia, poiché richiede una fede coraggiosa, l’energia per la resilienza, la volontà di riforma e una grande speranza.
Alla presentazione pubblica erano state invitate personalità di spicco della politica, della religione e della società. La presentazione è stata trasmessa in diretta su diversi canali televisivi e radiofonici.
Il testo del documento, che da allora è stato firmato da centinaia di altre persone, è disponibile in arabo e in inglese sui social media con il titolo ufficiale Scegliamo la vita in abbondanza (Pro Oriente, Beirut, 29.09.21).