Come cambia la percezione che i preti hanno di se stessi e del loro ministero? L’interrogativo viene regolarmente sollevato e variamente declinato. I vescovi italiani ne hanno fatto oggetto di un’assemblea straordinaria ed è in preparazione un sussidio per accompagnare la formazione permanente dei preti. Per questo anche un evento locale può essere stimolante. Non solo per quello che dice, ma anche per i suoi limiti e le possibili manipolazioni. In altri termini: come si riesce a far dire quello che si desidera venga espresso.
La Croix presenta nel suo numero dell’11 ottobre un’inchiesta nel presbiterio della diocesi belga di Liegi. 46 questionari rimandano un’immagine del sacerdote in cura d’anime in parte apprezzabile e in parte condizionata da pregiudizi prevedibili.
La parte più faticosa del vissuto sacerdotale è affidata non tanto alla vita affettiva, alla solitudine e al sovraccarico di lavoro, quanto alla mancanza di una prospettiva per il futuro e alla distanza dell’istituzione. Sul versante positivo vi sono le sorgenti spirituali (preghiera, ritiro, direzione spirituale), le relazioni coi fedeli, il tempo dedicato a se stessi e la percezione di rispetto che si avverte attorno a sé. Nell’area intermedia si registra la solitudine e la preoccupazione per la salute. La sottolineatura anti-istituzionale e anti-curiale sembra scontata e l’assenza di progetto pastorale per il futuro confligge con una vasta opera diocesana per il rinnovo della catechesi e delle strutture parrocchiali che la diocesi ha messo in opera fra il 2003-2004.
Anche sulla cura del presbiterio va registrato lo sforzo diocesano di supervisione sul giovane clero che è in esercizio dagli anni ’90 e l’operazione «essere preti diversamente», costruita attraverso un’accurata inchiesta e un dossier negli anni 2000, culminata in un’assemblea generale del clero a Banneux.
L’incertezza sui risultati costringe a ripercorrere le metodologie. Si scopre allora che tutto parte dall’iniziativa di un sacerdote che distribuisce in consiglio presbiterale una serie di appunti, trasformati in questionario a cui alcuni rispondono (46 su 110 preti). Il materiale viene affidato a tre esperti (uno psicologo, un teologo e un sociologo) che raccolgono e ordinano secondo un proprio schema 247 citazioni emerse dalle risposte. L’esito complessivo è quello già indicato: in parte apprezzabile e in parte condizionato.
Alla presentazione del tutto in consiglio presbiterale il vescovo si limita a recepire il lavoro e a chiedere possibili proposte per il futuro. E commenta: «La disaffezione nei confronti dell’istituzione è sorprendente nel momento in cui il papa Francesco si sforza di sostenere la riforma ecclesiale e la confidenza nella Chiesa».
Misurare la coscienza presbiterale non è cosa facile. È poco prudente affidarla a metodologie incerte, perché è troppo rilevante in ordine al futuro delle comunità cristiane.