“La situazione è catastrofica”: la testimonianza drammatica di un attivista che porta soccorso ai migranti, sfrattati e finiti in strada a Tripoli, fermi da quasi un mese davanti all’ufficio dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), senza casa e senza nulla dopo le operazioni di polizia condotte a inizio mese dalle autorità libiche in diverse zone della capitale popolate perlopiù da rifugiati e richiedenti asilo.
“Ventisei giorni in cui si ripetono uguali sofferenze, mancanza di riparo e cibo”, si legge sull’account Twitter Refugees Libya, un diario social che dall’inizio del mese documenta le condizioni in cui si trovano a vivere i migranti.
Due giorni fa su Tripoli è caduta una pioggia battente e i migranti sono rimasti in strada, solo pochi di loro al riparo sotto un telone. “La situazione è catastrofica sotto tutti i punti di vista, vivono in strada senza avere accesso alle cose essenziali” – ha raccontato a InfoAfrica/Africa rivista un attivista per i diritti umani, Almoatassam Senoussi, che raccoglie e distribuisce ai migranti gli aiuti che riesce a ottenere “da donatori”.
L’Unhcr stima siano circa 3.000 le persone accampate davanti al Centro comunitario diurno, in una “situazione estremamente precaria” dopo le “irruzioni e gli arresti arbitrari” che hanno visto molti migranti perdere la casa ed essere ridotti in povertà. In un comunicato diffuso nei giorni scorsi, l’agenzia Onu ha sollecitato “un piano efficace che ne rispetti i diritti e individui soluzioni durature”.
Stando al racconto fatto da Senoussi, “i migranti dipendono dagli aiuti che riescono a raccogliere per strada, dagli aiuti che fornisco io personalmente, come medicine e vestiti invernali che ricevo da donatori, e non c’è aiuto da nessun’altra parte (comprese le Ong)”. I migranti hanno anche creato “un comitato che si occupa di alcune questioni come l’acquisto di cibo, ma rimane insufficiente”.
Alla domanda se il governo libico si stia adoperando per assisterli, l’attivista ha risposto che Tripoli “non sta facendo nulla per loro”, precisando però che “è difficile fornire loro un rifugio temporaneo”, anche perché “hanno perso la fiducia in tutte le parti locali e internazionali”.
I migranti “non chiedono altro che essere evacuati immediatamente dalla Libia verso un Paese sicuro, la maggior parte di loro chiede di essere trasferita in un Paese europeo”, ha proseguito Senoussi, ammettendo come la situazione sia “molto complicata”. “Personalmente la considero una crisi umanitaria globale, perché tutte le parti hanno le proprie responsabilità – ha commentato – lo Stato libico è obbligato a proteggerli in quanto richiedenti asilo o migranti in Libia, l’Unhcr deve fornire aiuti umanitari e svolgere il proprio ruolo in collaborazione con le autorità competenti, e la comunità internazionale deve fornire nuove sedi per accogliere i rifugiati e iniziare ad accogliere le persone più vulnerabili”.
Domenica scorsa, papa Francesco ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale per soluzioni concrete e durevoli nella gestione dei flussi migratori, che mettano fine alle sofferenze patite dai migranti in Libia, dove ci sono “dei veri lager”. Nel corso dell’Angelus il pontefice ha espresso la propria “vicinanza alle migliaia di migranti e rifugiati in Libia”, sottolineando: “Non vi dimentico mai. Sento le vostre grida e prego per voi. Siamo tutti responsabili di questi nostri fratelli e sorelle che da troppi anni sono vittime di questa grave situazione”.
Parole subito rilanciate dai migranti a Tripoli, che hanno ringraziato il papa: “Grazie mille Pontefice, ognuno di noi qui in strada ti esprime la propria sincera gratitudine per la tua vicinanza in questa lotta per la giustizia e l’uguaglianza. Non ci sentiamo più soli come ci siamo sentiti nelle ultime tre settimane di fame”.
- Ripreso dalla rivista Africa.