(Claudio Monge)*
Colpiscono, in questi giorni, le parole di sincero incoraggiamento e di comunione spirituale espressa dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli a papa Francesco e al “fratello” nella fede ortodossa Kirill, in occasione dello storico incontro di questi due all’aeroporto de L’Avana.
Colpiscono perché dimostrano una fiducia importante nell’azione di quello Spirito che sa far camminare gli uomini su vie inesplorate, anche quando c’è il vago sospetto che gli uomini frappongano alla sua azione dei calcoli di opportunismo politico. È stato, infatti, diplomaticamente geniale il tempismo del capo della Chiesa ortodossa russa nel chiedere un incontro con il successore di Pietro, per altro auspicato da Bartolomeo nella speranza di dare uno slancio nuovo all’agognato Sinodo Pan-Ortodosso, dopo che agenda, luogo e date di quest’ultimo erano già state scelte, in una logica decisamente “al ribasso”.
Del resto il Sinodo in qualche modo si farà, dopo che tante discussioni e contrasti l’avevano ancora una volta messo in dubbio fino all’ultimo. Ma Kirill ha preferito incontrare Francesco affrancato dalle “agende pan-ortodosse” e dalla temuta regia occulta di Bartolomeo. Nello stesso tempo, Mosca sa bene che la leadership, almeno simbolica, nell’universo ortodosso, passa anche attraverso i buoni rapporti con Roma e che continuare nella politica dell’isolamento autoreferenziale alla lunga non paga.
Francesco, come Bartolomeo, chiude un occhio, chiamandolo “fratello”, come da tempo fa con il patriarca di Costantinopoli! Certo, l’ecumenismo al quotidiano ha bisogno di ben altre svolte, per riprendere fiato al cuore di Chiese mai così autoreferenziali e poco inclini a una testimonianza davvero comune e credibile del Cristo morto e risorto!