Attraverso quale procedura dovrebbero entrare in carica i vescovi? Le richieste di coinvolgere maggiormente i laici nella selezione dei nuovi pastori per la loro diocesi esistono da decenni. Se la maggioranza dei delegati al Synodaler Weg sarà favorevole alla proposta, la Chiesa in Germania dovrebbe prenderla sul serio nel prossimo futuro. Nell’ultima Assemblea Generale, è stato accolto il relativo testo di lavoro Potere e separazione dei poteri nella Chiesa e inviato al Forum sinodale (riguardante il potere e la leadership nella Chiesa) per un’ulteriore elaborazione.
Secondo l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, il popolo di Dio nel suo insieme – si legge – dovrebbe apparire come un soggetto operativo, «Per questo sembra indispensabile coinvolgere maggiormente rispetto al passato il popolo di Dio nella chiesa diocesana locale nella nomina dei vescovi».
La procedura consueta è stabilita nel Codice di diritto canonico: la delega dell’ufficio appartiene al papa. È lui che «nomina liberamente i vescovi o conferma quelli che sono stati legittimamente scelti», stabilisce il Codice di diritto canonico (c. 377 § 1). La partecipazione è già prevista per la rispettiva Chiesa locale e i suoi membri, sia pure in misura ridotta: il nunzio apostolico può informarsi sui pareri di «altri del clero secolare e religioso, nonché dei laici» sui possibili candidati alla carica di vescovo (c. 377 § 3).
Diverse modalità
In Germania, per la presa di possesso della sede episcopale si applicano le disposizioni dei rispettivi Concordati, cioè gli accordi contrattualmente stipulati sui rapporti tra Chiesa e Stato. Essi risalgono agli anni ’20 del secolo scorso.
In base al Concordato della Baviera, ogni vescovo e ogni Capitolo cattedrale delle diocesi bavaresi devono presentare ogni tre anni alla Santa Sede una lista di candidati ritenuti idonei alla carica di vescovo. Se una sede episcopale è vacante, il capitolo diocesano della cattedrale interessata presenterà nuovamente un proprio elenco di candidati. Da tutte queste liste, il papa sceglie colui che nominerà vescovo.
Nelle diocesi tedesche la nomina dei vescovi è regolata diversamente a seconda dei Concordati vigenti.
Anche il Concordato di Baden e quello di Prussia stabiliscono che i vescovi e i Capitoli delle cattedrali presentino alla Santa Sede delle liste di candidati idonei alla carica di vescovo. «Valorizzando queste proposte – è detto – la Santa Sede presenta tre candidati al capitolo della cattedrale, da cui quest’ultimo dovrà scegliere il vescovo a scrutinio libero e segreto. Secondo il Concordato di Baden, però, fra i tre candidati nominati dal papa, deve esserci almeno un membro della diocesi interessata. Questa è l’attuale situazione giuridica.
È da qui che parte il testo operativo del Forum del potere nella Chiesa per la nomina dei vescovi e presenta in questo contesto i possibili suggerimenti per una maggiore partecipazione dei laici. Bisogna perciò costituire un corpo rappresentativo di fedeli, «che abbia tanti membri quanti ne ha il Capitolo della cattedrale e lo sostenga nell’esercizio dei suoi diritti nel processo di nomina». Entrambi i gruppi dovrebbero redigere congiuntamente un elenco di candidati. Nell’ambito d’azione dei Concordati di Prussia e di Baden, anche il Capitolo della cattedrale dovrebbe ascoltare il comitato prima della sua scelta. Questo dovrebbe essere autorizzato a presentare al capitolo della cattedrale una proposta di maggioranza per la scelta. Infine, «in sintonia con la Sede Apostolica» anche una rappresentanza di fedeli dovrebbe esercitare questo diritto di scelta. Occorre tuttavia chiarire in che misura ciò sia compatibile con il Concordato.
Rinuncia volontaria
La parola chiave a questo riguardo è «impegno vincolante del rispettivo Capitolo della cattedrale»: ciò dovrebbe essere prescritto per regolamento.
Attualmente la parola chiave – «valida condizione giuridica» – è l’unico modo che consentirebbe una maggiore comunicazione con i laici rinunciando a determinati diritti.
Questa opzione rimane aperta a ogni persona giuridica – ha sottolineato già l’estate scorsa la canonista di Ratisbona, Sabine Demel, anch’essa membro del Forum del potere sinodale nella Chiesa –. «L’idea dell’impegno vincolante liberamente accettato è una specie di obbedienza precorritrice alle riforme necessarie dal punto di vista della teologia». Ciò avrebbe anche il vantaggio di poter raccogliere esperienze in questo settore.
Il Forum del Potere del Cammino sinodale ha elaborato proposte su come i laici possono essere meglio coinvolti nella presa di possesso della sede episcopale all’interno dell’attuale situazione giuridica.
Ma – impegno vincolante volontario o no – le proposte garantiscono davvero una partecipazione effettiva? Una cosa è chiara: per quanto numerosi siano laici coinvolti nel processo, in condizioni valide, non si possono fare i conti senza la Santa Sede. Perché essa ha in mano la leva più lunga di tutte le varianti in gioco. Ecco perché il canonista di Friburgo, Georg Bier, considera il testo di lavoro con un certo scetticismo. Anche quando si tratta di proposte di candidati, il papa è del tutto libero, nonostante le disposizioni concordatarie. «Nelle diocesi in cui il vescovo è scelto dal Capitolo della cattedrale, il papa è obbligato a tenere in considerazione le proposte solo nella compilazione della sua lista di tre. Tenerle in considerazione significa che ne prende atto», sottolinea Bier.
In Baviera non sono scelti dal capitolo della cattedrale Il papa può nominare solo uno che già in precedenza era stato proposto. Ma la cosa non è trasparente. In effetti, questo teoricamente non è verificabile, «perché alla fine non si sa chi viene proposto o da chi», ha affermato il canonista. Infatti, oltre al Capitolo della cattedrale, anche la Conferenza episcopale può presentare alla Santa Sede proposte di candidati. «La formulazione delle liste dei candidati ha quindi solo un effetto molto limitato».
Nessun diritto di scelta nel Codice
Ciò vale anche per la prevista partecipazione dei laici al processo di scelta nelle diocesi in cui si applica il Concordato di Baden o quello prussiano. «Come dovrebbe agire il Capitolo della cattedrale formulando la lista dei candidati?», si chiede Bier. Anche trovasse un quadratura legittima, «se si sceglie, ne deriva che uno seguirà la propria coscienza piuttosto che la raccomandazione da parte degli altri». Inoltre, quando il testo parla anche di diritto di scelta che a lungo termine potrebbe essere esercitato da un organo diverso dal Capitolo della cattedrale, si sbaglia. Nelle norme sulla nomina dei vescovi nel Codice canonico non c’è alcun diritto di scelta. «Quando si dice che il papa nomina le persone giuridicamente scelte, ciò significa già un tener presente la situazione particolare in Germania e in alcune altre diocesi in Svizzera e Austria». Quindi si tratta solo di una concessione concordataria.
Certamente i concordati non sono scritti per l’eternità, e anche il diritto canonico non può essere valido per sempre, almeno su questo punto. Perciò, in teoria, molte cose sono possibili. Anche nel corso della storia della Chiesa ci furono diverse forme di partecipazione dei laici. Sarebbe pensabile un cambiamento dei Concordati in modo che, ad esempio, i diritti spettanti fino ad oggi al Capitolo della cattedrale siano estesi a organismi rappresentativi della diocesi già esistenti, come il consiglio pastorale diocesano o e il consiglio presbiterale. Ma cambiare i trattati fra Chiesa e Stato è difficile, ha sottolineato Sabine Demel: «Da quanto posso capire, i vescovi e anche la Sede Apostolica non vogliono metterci mano, perché si teme che, se si toccano i Concordati, molte altre cose insieme saranno gettate a mare».
Come trasmettere alla Sede Apostolica la ragione per cui dovrebbe consentire più ampi diritti di partecipazione? «Io – afferma il canonista di Friburgo George Bier – non mi aspetto che sarà spinta a farlo».
Ma c’è anche un altro aspetto che entra in gioco: chi vuole sciogliere i Concordati deve fare i conti con la possibilità che la stessa Sede Apostolica non rinnovi più le precedenti concessioni. Bier afferma, per esempio, che la tendenza del Vaticano è di cercare di assicurare a sé il diritto di nominare i vescovi anche in altri concordati o simili intese. Cita, ad esempio, il caso della diocesi svizzera di Basilea dove il vescovo è scelto liberamente dal clero diocesano e il papa non può che confermarlo. «Ci sono forti spinte da parte della Sede Apostolica per poter esercitare un suo influsso».
Il problema è far capire alla Sede Apostolica perché dovrebbe accettare diritti di partecipazione più ampi. «Inoltre – afferma ancora Bier –, non mi aspetto che si senta obbligata a farlo». Ciò non corrisponde all’idea della Sede Apostolica. Questa è favorevole infatti al modello dell’attuale Codice, ossia alla nomina del vescovo da parte del papa e non a una maggiore partecipazione dei laici, come finora è avvenuto in alcune parti.
Si tratta quindi di una situazione difficile. Se le proposte saranno alla fine accolte dalla necessaria maggioranza sinodale tedesca e attuate in alcune diocesi, avremo davanti per lo meno dei test appropriati non appena una sede episcopale sarà vacante. Allora si vedrà chiaro se la persona nominata o scelta sarà anche quella che i rappresentanti laici favoriscono.
La prassi ecclesiale è talvolta contorta e strana, quasi che da Roma debba arrivare un imprimatur. Faccio notare che nell’antichità non era così. Ambrogio, Agostino sono stati eletti vescovi e Roma non ha detto nulla e che vescovi!!!! Dovrebbe riprendere vigore il sensus fidelium come era nella Chiesa antica.
Senza cambiare poco o nulla si dovrebbe introdurre la prassi secondo la quale il Papa “conferma quelli che sono stati legittimamente eletti” (can. 377.1) anzichè nominare i vescovi. Poi sulla modalità di elezione è necessario coinvolgere tutto il Popolo di Dio, vescovi della regione, preti, diaconi, religiosi e religiose, fedeli, donne e uomini della diocesi.
a parole farlo eleggere dal Popolo di Dio è bellissimo, e teoricamente anche io sarei d’accordo
nelle prassi per me verrebbe fuori un casino, ovvero la formazione di espliciti partiti ecclesiali tra i laici e il basso clero per eleggere i ‘favoriti’che aumenterebbero la divisione presente tra noi, oltre alla possibile commistione tra tra i partiti politici e le nomine ecclesiali
Sempre meglio correre questi rischi che l’attuale sistema di nomine, simbolo di non trasparenza assoluta. Concordo pienamente con Marco Ansalone, aggiungendo che i laici dovrebbero avere almeno un peso equivalente a quello del clero-religiosi, nell’elezione.
il rischio si può correre se il nuovo sistema sarà migliore
il rischio è che invece questo presenti nuovi problemi, diversi ma peggiori di quelli precedenti.
e pone tanti interrogativi:
– come si sceglieranno i candidati? chiunque potrà proporsi o essere proposto oppure ci sarà chi farà una scrematura? e chi saranno gli scrematori e in base a quali criteri scremeranno?
– tutti i battezzati potranno partecipare almeno indirettamente all’elezione del vescovo? se si, come ci poniamo di fronte al problema che i non praticanti e non partecipanti alla vita comunitaria superano di molto quelli che praticano e partecipano?
– a livello locale ci sono poteri politici ed economici che hanno commistioni molto forti con la vita ecclesiale, nel bene e nel male? come evitiamo che essi riescano a esercitare un influsso determinante tramite pressioni, corruzione etc?
– il processo di elezione quanto durerà? chi governerà nell’interregno?
poi vediamo che le Chiese che hanno un processo di elezione vescovi dal basso hanno avuto risultati ambigui, con casi in cui sono stati eletti personaggi di grande spessore e consenso (Chiesa Copta) e casi in cui il sistema è degenerato in una demeritocrazia (Chiesa d’Inghilterra)
Purtroppo quando bisogna nominare un vescovo in una diocesi, soprattutto italiana, le cordate entrano in gioco e più volte Papa Francesco lo ha espresso esplicitamente, condannando tale prassi (es. discorso ai nuovi cardinali il 23/02/2014). Ora le cordate operano nell’ombra, invece i processi per la nomina dei vescovi devono essere sempre più trasparenti. Poi non è mai chiaro chi viene consultato per la nomina dei vescovi e ciò non è buono. La procedura attuale fa acqua da tutte le parti e infatti si capisce solo dopo che le nomine sono state sbagliate e le indagini sono state superficiali. I casi che stanno emergendo negli ultimi tempi devono far riflettere molto la Chiesa nel suo insieme.
ma allora più che una nomina dal basso è necessaria una valutazione pubblica dei candidati all’episcopato, in cui rappresentanti del clero e dei laici delle diocesi provenienza e di arrivo (più altre personalità da diversi luoghi) valutino i profili e le storie del candidato o dei candidati proposti, escludendo gli improponibili (evitando però di fare censure su persone solamente ‘teologicamente scomode’)
e che le ‘sponsorizzazioni’ per le nomine siano pubbliche e motivate, in modo che si sappia chi ha spinto per fare diventare vescovo un prete