In questi giorni sento parlare, leggo, vengo raggiunto da notizie e tirato in discussioni su due questioni ecclesiali attuali: la sinodalità e il tema degli abusi.
Se ne parla in sede diverse, tenendo ben distanti i due temi. Ma è profondamente sbagliato. Le due cose sono legate dal filo rosso della gestione strutturalmente autoritaria e solitaria del governo delle comunità (siano comunità religiose, movimenti, diocesi, parrocchie poco importa). È impossibile dividere questi due temi.
E sarebbe un evento di grazia se, dal male terribile e vergognoso degli abusi (non solo sessuali!), si imparasse qualcosa sulla capacità di camminare insieme realmente. Rinunciando ad una struttura monarchica e ai tanti “munera” sacrali in cui non crede più nessuno. Neanche chi in mille modi li giustifica, li difende, se li attribuisce con simboli, stili e parole. A volte anche inconsapevolmente, come difesa psicologica che salva dalla verità di identità immature e inconsistenti.
La reticenza della Chiesa italiana nell’affrontare realmente la questione degli abusi, facendo un’operazione di verità, è legata strettamente non alla prudenza ma al tentativo di restare a galla nella sua struttura attuale fondata su una rendita di immagine che cela la sua incapacità di comprendere la cultura dell’uomo contemporaneo.
E il dramma è che nessuno, dal basso, può imporre un cambio di rotta. A dispetto di ogni parola sulla sinodalità. E questo perché ogni organo collegiale, ogni luogo di ascolto, ogni ambito di confronto è sempre e solamente consultivo. «Parlate quanto vi pare. Mi rinfresco anche l’immagine con questionari e processi sinodali, ma alla fine decido io».
La Chiesa cattolica, nella sua forma attuale, è strutturalmente incompatibile con una vera sinodalità. E la mancanza di sinodalità significa mancanza di controllo reciproco, lacuna incolmabile nella capacità di equilibrare i poteri dei singoli, o dei pochi. E questo è il terreno fertile per l’abuso di potere, di coscienza e sessuale. Da qui non si sfugge.
Se non cambiano i presupposti teorici e normativi – dottrinali e canonici –, la Chiesa è destinata solo a sceneggiate sinodali e a perpetuare il dramma degli abusi. Questa struttura, inoltre, è un handicap per qualsiasi servizio al Vangelo e all’uomo perché priva di qualsiasi capacità di rapportarsi, leggere, intendere e parlare al mondo contemporaneo e alla sua cultura, unica mediazione possibile all’evangelizzazione.
Probabilmente a causa di questo si avrà una diminuzione dei fedeli e, di conseguenza, circa l’abuso, diminuiranno anche i casi ma è tragico che si debba arrivare a questo.
E se qualcuno accusa di sociologismi questi ragionamenti, occorrerebbe rammentargli che, se tutte le teorie sulla grazia di stato contenute anche nella teologia del sacramento dell’ordine e in qualche modo codificate nel Codice di diritto canonico non sono riuscite ad evitare il peggio, è perché affidarsi al buon senso dei singoli tirando in ballo lo Spirito Santo significa solo cedere al più superficiale e colpevole degli spiritualismi.
Lo Spirito non abbandona l’uomo, l’umanità e la Chiesa. E, oltre quelli che crediamo essere i nostri recinti sacri, prepara spazi nuovi di vita ecclesiale, spazi spesso giudicati eretici, pericolosi, o a volte neanche ritenuti cristiani. Ma è in quegli spazi che un giorno, deposti i pizzi e i merletti e i mille munera, andremo a mendicare la fede.
Bellissimo articolo, concordo, evidenzia il nocciolo del problema. Ma se non cambierà qualcosa resteranno da soli a esercitare i propri munera e noi ci avvicineremo al Signore anche senza questo carrozzone che ormai è quasi solo una pietra di inciampo. Hanno rubato le chiavi del Regno e pervertito quello che Gesù aveva insegnato.
“Pietro” infatti cosa fa oggi? Inframezzato a qualche bel pensiero evangelico delle udienze del mercoledì, gestisce uno stato che si preoccupa di ottenere informazioni -con mezzi leciti e meno leciti- sui suoi stessi membri, tutto questo per il “bene delle anime” e per prevenire scandali. Salvo poi usare queste informazioni per descrivere in modo morboso la relazione del Vescovo di Parigi di fronte ai giornalisti, con il pretesto di scusarlo, ma di fatto dandogli il colpo di grazia.
Sconvolgente. Esempio tipico del comportamento, autoritario, fuori controllo, lesivo di colui che vorrebbe proteggere, portato avanti dai superiori ecclesiastici- nei diversi ordini e gradi, senza neppure rendersi conto del male che fanno (o forse sì). Una deriva autoritaria strutturale, ben evidenziata dall’autore dell’articolo, che comincia da Pietro e non ha altra soluzione che in un cambio profondo delle strutture canoniche e teologiche. La sceneggiata del sinodo per il momento può continuare.
Condivido assolutamente quanto affermato nell’articolo e dai due commenti qui sopra. C’è un esempio eclatante che sta imperversando ormai da quasi due anni, pur con un forte intervento del Santo Padre con un deciso decreto di allontanamento di un famoso monaco laico, successivamente nulla è stato fatto per fermare quella situazione, anzi viene tollerata una sorta di tentativo di riabilitazione messa in atto da varie figure anche all’interno della chiesa. Se è solo miopia bisogna aprire bene gli occhi e le orecchie, speriamo.
Interessante. Purtroppo quando si parla di abusi nella Chiesa… Essi vengono associati al sesso. Non si parla mai degli abusi di autorità dentro la Chiesa. Non ci sono canoni che individuino la fattispecie e puniscano chi li ha commessi. Come se dentro la Chiesa non esistesse il mobbing… Francamente tutto questo sembra una terribile miopia!
Condivido perfettamente e ringrazio l’autore per il coraggio di esporsi in questo modo. Non facile ma bisogna farlo.