Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani dal 1999 al 2010 – e prima docente di teologia sistematica e quindi, per dieci anni, vescovo della diocesi di Rottemburg – il card. Kasper (83 anni) rappresenta un punto di riferimento per molti, compreso papa Francesco che, nel 1° Angelus, domenica 17 marzo 2013, l’aveva già definito «un buon teologo» e il suo testo sulla Misericordia (concetto chiave della vita cristiana) «un libro che mi ha fatto molto bene». Autore di testi fondamentali come Chiesa cattolica. Essenza, Realtà, Missione o della relazione tenuta al Concistoro del febbraio 2014 (in preparazione al Sinodo straordinario sulla famiglia) che ha lanciato il sasso per una nuova percezione della realtà di oggi, Kasper è il rappresentante di quella «teologia in ginocchio», di chiara matrice conciliare, come l’ha riconosciuta il pontefice.
In vista dell’anniversario dei 500 anni dalla Riforma aveva pubblicato un breve saggio sulla figura di Lutero (Martin Lutero. Una prospettiva ecumenica, Queriniana 2016) giunto rapidamente alla seconda edizione. Su quegli stessi temi, legati anche alla storica commemorazione che vede papa Francesco in questi due giorni in Svezia, ha risposto ad un’intervista di Gerard O’Connell apparsa sul numero in uscita (30 ottobre) della rivista dei gesuiti America.
«Un passo importante nel comune cammino verso l’Unità»
La commemorazione ecumenica del 500° anniversario della Riforma protestante nel 2017 può diventare occasione per festeggiare il fatto che i cristiani non sono più «sulla via della separazione, ma su quella dell’unità» ribadisce fin dalle prime battute, come già affermato nel testo citato: «Le questioni dottrinali non sono l’unica cosa importante per l’ecumenismo, altrettanto importante è l’ecumenismo fatto di rapporti di amicizia e fiducia,» e la profonda sintonia con Bergoglio emerge ancora una volta: «è esattamente questo il carisma di Francesco».
Qual è il significato del viaggio a Lund?, chiede il giornalista. «La Federazione luterana mondiale (L.W.F.) è stata la prima con cui abbiamo iniziato il dialogo dopo il Concilio Vaticano II. Il dialogo con i luterani – a mio avviso – è il dialogo più avanzato che abbiamo. La prima grande conseguenza di ciò è stato l’accordo sulla questione della giustificazione, e ora penso che il tempo è maturo per avere una simile carta su Chiesa, Eucaristia e ministero».
Una prospettiva di apertura e fiducia già espressa nel testo su Lutero (con riflessioni che sembrano aver posto le premesse anche per successive affermazioni di papa Francesco): «In principio Lutero aveva buone intenzioni. Non voleva creare una nuova Chiesa, voleva riformare tutta la Chiesa, voleva il rinnovamento della Chiesa universale, a partire dalla Bibbia. Oggi, noi chiamiamo la “nuova evangelizzazione”». E ancora un riferimento all’esperienza fatta al Pontificio Consiglio: «Lutero è una personalità complessa, in lui stesso si è verificata una profonda evoluzione. Nel dialogo con i luterani, e soprattutto con la L.W.F., abbiamo cercato di discutere di tutti questi problemi e quindi non siamo più nella posizione del XVI secolo. Il mondo è cambiato, la Chiesa è cambiata, i luterani sono cambiati. Abbiamo cercato di pervenire a una interpretazione ecumenica di tutto questo attraverso il dialogo, e ora siamo molto più vicini».
Fondamentale per Kasper sono i rapporti d’amicizia: «Abbiamo camminato insieme e condiviso come viviamo le nostre rispettive fedi. Tutto ciò ha creato un clima di fiducia in cui si possono individuare le soluzioni» (ad esempio sul nodo della “giustificazione”, ndr).
Ma il cardinale ricorda anche tutto il lavoro compiuto e i (tanti) passi in avanti, come quello dell’ottobre 1999, quando papa Giovanni Paolo II aveva approvato l’accordo sulla giustificazione, uno dei punti centrali della Riforma, e come conseguenza in Germania avevano raggiunto un accordo anche sul riconoscimento reciproco del battesimo (imitati poi da altre Chiese locali).
O le nuove sensibilità riguardo alla figura del papa: «C’è stata una serie infinita di discussioni e dialogo sulla questione del papato. Ma occorre dire che loro non considerano più il papa come l’anti-Cristo. Vescovi luterani vengono a Roma e chiedono una foto con il papa. Le cose sono cambiate, tuttavia c’è ancora molta resistenza verso la giurisdizione universale del papa». Molta speranza viene riposta in quella «conversione del pontificato» avviata da Francesco: «Lui vuole dare più libertà, non autonomia ma più responsabilità, ai vescovi e alla Chiesa locale. E da entrambe le parti c’è un riavvicinamento».
Non solo dottrina, anche amicizia e fiducia
È in questo contesto che – secondo Kasper – l’incontro a Lund è molto importante: se le questioni dottrinali non sono l’unica cosa importante per l’ecumenismo, il carisma di Francesco è fondamentale per instaurare e consolidare amicizia, stabilire rapporti personali e relazioni di fiducia, camminare insieme anche per affrontare, da cristiani uniti, le sfide dei nostri giorni. «Tutto questo può aiutare molto».
«Considero Lund un passo importante in questo comune cammino verso l’unità. Lund non può chiudere questioni teologiche, ma può aprire la strada a un nuovo documento sul ministero, l’Eucaristia e la Chiesa, o almeno aiutarci ad andare oltre. Dà sostegno importante al nostro dialogo, perché si costruisce la fiducia, e senza fiducia non possiamo risolvere eventuali problemi».
«So che a Buenos Aires Francesco aveva ottimi rapporti con i luterani, e vuole andare avanti. Non è uno specialista del dialogo teologico, è vero, ma per lui l’ecumenismo è sinodalità, significa camminare insieme. Crede nel processo dove il tempo ha la precedenza sullo spazio».
A questo riguardo Kasper ricorda come il Movimento verso l’unità non sia soltanto un processo teologico, bensì un processo di vita, esattamente il «camminare insieme» di Francesco, anche se questo può sconvolgere alcuni «cattolici ultra-ortodossi» andati in crisi perché, a loro avviso, il papa non può rinunciare a qualcosa della dottrina e della tradizione cattolica, come esistono anche ultra-ortodossi luterani che temono qualcosa di simile in termini di tradizione luterana. «Ma non esiste questa paura».
«Sono passati i tempi in cui per i cattolici Lutero era l’eretico e per i luterani il Papa era l’anti-Cristo, ma da Giovanni XXIII tutto questo è cambiato». Anzi già prima – ricorda il cardinale – si era manifestato un grosso cambiamento tra gli storici cattolici come Joseph Lortz, e Hubert Jedin, l’esperto del concilio di Trento: essi erano giunti alla conclusione che Lutero all’inizio aveva buone intenzioni. Oggi cattolici e protestanti storici hanno più o meno la stessa comprensione della Riforma. Benedetto XVI ha riconosciuto tutto questo quando ha visitato Erfurt nel 2011, e ha elogiato Lutero come «un uomo appassionato di Dio».
«Più vicini ai luterani che agli ortodossi»
Degna di attenzione la risposta alla domanda se sia più facile per i cattolici raggiungere l’unità con i protestanti o con gli ortodossi.
«Questa è una bella domanda – risponde Kasper –. Dal punto di vista dogmatico, siamo molto più vicini agli ortodossi che ai protestanti, perché riconosciamo gli altri sacramenti, dal sacerdozio all’episcopato. L’unico punto di disaccordo con gli ortodossi è il papato. Essi sarebbero d’accordo con un primato d’onore, ma non di giurisdizione. Ma ci sono persone all’interno della Chiesa ortodossa, come i monaci del Monte Athos, che non sono d’accordo sulla validità dei nostri sacramenti. E, in aggiunta, tutte le difficoltà all’interno delle Chiese ortodosse, come abbiamo visto in tutto il Sinodo pan-ortodosso. Alcuni non osano riconoscere noi come Chiesa, ed è fondamentalismo, anche se il patriarca ecumenico Bartolomeo si è espresso molto chiaramente, e come lui anche il patriarca Kirill, i quali riconoscono la validità di tutti i sacramenti.
Se guardiamo le cose dal punto di vista dogmatico è indiscutibile che siamo più vicini agli ortodossi, ma i protestanti non appartengono alla cultura latina e occidentale, quindi non sono dogmatici (gli ortodossi hanno una storia e una cultura diversa, la bizantina) e questo rende le cose molto più facili con i protestanti che sono più vicini al nostro modo di fare teologia, usano gli stessi metodi di esegesi biblica, metodi storico-critici e così via. Su questo versante culturale, cattolici e protestanti sono molto più simili, mentre la tradizione ortodossa e il loro modo di pensare sono assai differenti».