La comunità monastica di Bose si dà un futuro. Questo il significato della scelta di Sabino Chialà come nuovo priore. Il 30 gennaio «i fratelli e le sorelle professi della comunità, riuniti per il consiglio generale annuale – alla presenza del garante esterno mons. Erik Varden, vescovo di Trondheim e già abate trappista di Mount Saint Bernard, e del delegato pontificio p. Amedeo Cencini – hanno proceduto all’elezione del nuovo priore secondo quanto previsto dallo statuto».
Un passaggio importante, giunto dopo una settimana di preghiera e riflessione. Dopo la prova e la sofferenza di questi ultimi due anni e la complicata gestione dei rapporti interni e della tempesta mediale da parte di fr. Luciano Manicardi, si giunge a un punto fermo.
L’elezione è avvenuta secondo lo statuto, in conformità alla Regola e in continuità con le norme che la comunità si è data. Un segnale di stabilità in ordine all’identità propria della comunità. E cioè alla compresenza di uomini e donne (monastero misto), in un contesto liturgico proprio lungamente sperimentato, con l’apertura ecumenica che caratterizza la sua storia.
In compagnia dei Padri e degli uomini
La notizia dell’elezione è apparsa sul sito della comunità già al mattino del primo giorno di votazioni, il che significa che i fratelli e le sorelle hanno trovato subito la convergenza sul nome del nuovo priore. Per chi ha una qualche esperienza di elezioni o designazioni all’interno della vita consacrata e monastica sa che non è affatto scontato arrivare a un consenso immediato di questo tipo.
Il risultato è legato anche al profilo dell’eletto. Sabino Chialà ha 54 anni, è nato a Locorotondo (Bari). È nella comunità di Bose dal 1989. Riconosciuto studioso di ebraico e siriaco, è esperto della letteratura cristiana orientale dei primi secoli, specialista dei Padri del deserto. Ha pubblicato testo e commento de Libro delle parabole di Enoc (Brescia 2007), La vita spirituale dei Padri del deserto (Trapani 2006), Discorsi ascetici (Bose 2021, su Isacco di Ninive), La perla dai molti riflessi. La lettura della Scrittura nei Padri siriaci (Bose 2014), Dall’ascesi eremitica alla misericordia infinita (Firenze 2002), I detti islamici di Gesù (Milano 2009, con Ignazio De Francesco). Ha sviluppato un’attenzione al contemporaneo ecclesiale con Cristiani in una società plurale (Padova 2020), Pensare e dire alcuni spunti per praticare coscienza e parresia (Bose 2021), L’uomo contemporaneo. Uno sguardo cristiano (Brescia 2012).
Un insieme di ricerche che sottolineano due elementi cari alla tradizione di Bose: da un lato, il legame con la tradizione monastica orientale e, dall’altro, l’attenzione alla cultura contemporanea. Chialà appartiene alla seconda generazione dei monaci di Bose e, rispetto a Manicardi, ha legami personali meno pronunciati con lo statu nascenti della comunità, pur ereditando l’insieme della sua storia.
I numeri e una lettera ai vescovi italiani
La comunità si è smagrita in questi ultimi anni, passando da un’ottantina a una sessantina di monaci e monache. Le fuoriuscite più recenti sono solo in parte legate alle censure vaticane. Il contesto ha accelerato percorsi di discernimento che erano già avviati.
Ne è un esempio la nota di commento giunta a Settimananews da parte di uno di questi, fr. Rupert: «Io ho chiesto al priore e alla comunità un anno extra claustra per motivi del tutto personali, e ho vissuto l’anno appena concluso, anno per me di discernimento e di verifica, in totale sintonia con Luciano (Manicardi), che mi è stato sempre vicino e mi ha accompagnato in maniera discreta e attenta. Per Luciano ho solo sentimenti di affetto e di stima. Ne sia riprova quanto ho scritto nella lettera alla Comunità con cui formalizzavo questa mia richiesta il 18 gennaio c.a.: “Scrivo infine per dire la mia gratitudine a Luciano, non solo per come mi ha sempre accompagnato, ma anche per non essere venuto meno nonostante le ostilità e gli attacchi di cui è stato oggetto in questi ultimi anni”. Penso che questa frase sia sufficiente a mostrare che non ho sbattuto nessuna porta e che non sono in disaccordo con l’attuale priore» (cf. questo articolo su SettimanaNews).
L’augurio delle Chiese in Italia (e non solo) è che la comunità abbia individuato la rotta per il futuro. Enzo Bianchi, da parte sua, è approdato all’acquisto di un cascinale e di un ampio terreno ad Albiano, in provincia di Torino, continuando un’intensa attività pubblicistica. Ai vescovi italiani è giunta una lettera dalla Santa Sede che motiva l’invito a un attento discernimento prima di fare ricorso alle competenze di Bianchi. Non tanto per censura (facilmente aggirabile), quanto per prudenza in attesa di una compiuta chiarifica su persone ed eventi di questi ultimi anni.
Mi rispondo da solo visto che a quanto pare non interessa più a nessuno l’attualità e il futuro di Bose. La vita continua e ovviamente i progetti avanzano, ho appena visto su un blog che il fondatore andrà, tornerà, rientrerà, a Cellole in occasione della Quaresima, perfetto, magnifico. Allora la presa per i fondelli arriva da ogni parte, basta saperlo.
La missiva ai vescovi forse è arrivata dopo che alcuni avevano già prenotato “le competenze di Bianchi” visto che l’attività pubblicistica è ampiamente sempre in corso, ci sono per esempio questo tipo di prestazioni: Oasi dello Spirito – Montesilvano (PE) – dal 21 al 25 febbraio 2022 Diocesi di Pescara – Penne – Esercizi spirituali residenziali per presbiteri e religiosi Predicati da Enzo Bianchi – Fondatore della Comunità di Bose.
Addirittura esercizi spirituali per presbiteri, come dire prendere lezione di come si fa a far finta di vivere da monaco e magari inaugurare una nuova residenza guarda caso nel comune confinante del precedente monastero, che combinazione. Spero che il mio vescovo faccia quel attento discernimento suggerito.