Dalle parole ai fatti. Prende sempre più corpo il progetto delle “collaborazioni pastorali” nella diocesi di Venezia. Dopo un’ampia riflessione che ne ha spiegato e approfondito le ragioni e le modalità (cf. Settimana News, 18 febbraio, 4 aprile e 16 maggio 2016), sono stati nominati 34 sacerdoti come moderatori delle rispettive “collaborazioni”. Ne ha parlato il settimanale diocesano Gente Veneta nel numero del 14 ottobre scorso.
Del moderatore viene tracciato un breve identikit che ne descrive il ruolo. Egli ha il compito di «far crescere la “collaborazione” nella precisa prospettiva della missionarietà e nello spirito dell’ecclesiologia di comunione del concilio Vaticano II, in modo da favorire, con ogni risorsa a disposizione, corresponsabilità e sussidiarietà».
Primo compito richiesto al moderatore è dar vita al “cenacolo”. Nella lettera pastorale del patriarca il “cenacolo” veniva definito «una piccola comunità che vive una reale esperienza di Chiesa». Ad esso «è essenziale che partecipino laici disposti ad impegnarsi, i consacrati, tutti i diaconi e i presbiteri che operano in quella porzione di Chiesa». Scopo del “cenacolo” è «realizzare quel soggetto evangelizzato ed evangelizzatore attraverso incontri e momenti in cui si possa crescere nella preghiera comune, nella spiritualità, nella conoscenza della fede, nella carità pastorale e, non da ultimo, nella fraternità». Da questi “cenacoli”, deve nascere «una presenza efficace della comunità cristiana sul territorio». Queste le parole del patriarca.
Il verbo che più spesso viene attribuito al moderatore è “coordinare”. Coordinare le celebrazioni liturgiche, gli interventi in ambito caritativo, i percorsi di iniziazione cristiana, la formazione comune dei catechisti… e i vari ambiti della pastorale.
Tre i punti sottolineati dal vicario per la pastorale, don Danilo Barlese.
«Il primo punto e più importante lavoro da fare – spiega il vicario – è di mettere in moto l’incontro reciproco, fra preti e laici, associazioni e movimenti, nelle “collaborazioni”. Nella consapevolezza che questo è un percorso lento e progressivo». Quindi, «nessuna foga aziendalistica».
«Tutto nasce dalla passione per il Vangelo – dichiara poi don Barlese –; se questa c’è, arriva anche il coinvolgimento».
Il terzo punto è “camminare insieme”. Non si parte da zero, perché alcune comunità parrocchiali lavorano già in rete, con lo stile delle “collaborazioni pastorali”. Esse possono fungere da catalizzatori. Fiducia, quindi, perché «nel patriarcato c’è un cuore grande, c’è un sacco di gente che ha compreso da tempo questa prospettiva e che fa cose meravigliose in ambiti specifici. Adesso si tratta di espandere questo processo e di dargli un respiro diocesano».