Si può indicare una prossimità feconda fra due eventi distanti 500 anni nel tempo e ancor più separati da processi religiosi, culturali e politici succedutisi nella storia? In prossimità del V centenario dall’avvio della Riforma protestante, la Facoltà teologica del Triveneto e l’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia hanno avviato un progetto di confronto e di riflessione su come vivere ecumenicamente questo evento e, in particolare, nel convegno accademico annuale della Facoltà, il 10 novembre 2016, a Padova, si è affrontato il tema: Giubileo della misericordia, giubileo della Riforma: una prossimità feconda?
Si tratta certamente di due eventi diversi, «eppure accomunati dal riferimento al primato dell’agire di Dio che salva per pura gratuità, per amore – sintetizza Simone Morandini, docente della Facoltà e dell’Ise –; accomunati, ancora, da un richiamo alla conversione, al rinnovamento per persone e comunità. Ciò che va colto in questo evento, al di là del versante critico pur rilevante, è la dimensione di proposta e di riscoperta, l’esperienza rinnovata del Dio di grazia che salva e accoglie».
Alzarsi in piedi assieme
L’icona di papa Francesco ospite e concelebrante a Lund, per condividere una memoria e per ringraziare dei frutti di vangelo scaturiti dalla Riforma, è emersa come indice di un clima ecumenico davvero inedito e segno che l’ecumenismo tra i cristiani non è opzionale. «È indispensabile che i cristiani si alzino in piedi assieme – ha affermato la teologa luterana Elisabeth Parmentier, docente all’università di Ginevra – per resistere alle angosce profonde che dominano l’attualità. È urgente mostrare che il fine profondo di ogni religione è la pace fra gli esseri umani. Tutte le religioni devono rifiutare di lasciarsi strumentalizzare per ragioni politiche o economiche. Così, protestanti e cattolici possono trovare il loro fondamento comune: la riscoperta del vangelo».
La certezza che «l’unico balsamo che i cristiani possono portare in mezzo alle sofferenze del mondo è il senso del vangelo» è stata ribadita da Parmentier, che proprio sul vangelo ha posto il collegamento con il giubileo della misericordia: «Il vangelo ha anche altri nomi, in particolare il bel nome di “misericordia” rimesso in auge da papa Francesco, e il nome di “giustificazione” nelle Chiese della Riforma. Questi fiumi biblici, la misericordia e la giustificazione, si irrigano reciprocamente e ci permettono di collaborare meglio nella testimonianza cristiana».
Oggi, di fronte alle Chiese che temono di perdere ciò che le caratterizza, con il rischio di radicalizzazioni identitarie, è necessaria una vera conversione perché «noi siamo in primo luogo responsabili non nei confronti della nostra Chiesa, per quanto sia importante, ma nei confronti del vangelo. La fierezza dell’identità non deve impedire la riconciliazione ecumenica». E l’ecumenismo «deve rimanere uno sprone per tutte le Chiese – ha concluso Parmentier –, tale da renderle vigilanti contro l’auto-sufficienza e contro l’imprigionamento della verità».
Offrire misericordia
Il teologo cattolico James Puglisi del Centro Pro Unione di Roma ha posto l’accento sul tema della misericordia di Dio e della verità dell’uomo, fra Agostino e Lutero. «Ciò che impariamo dal Nuovo Testamento – ha affermato il teologo cattolico – è l’offerta disinteressata che Gesù fa continuamente per l’altro: Gesù insegna che il vero fondamento delle leggi del giudaismo è l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Questo è ciò che papa Francesco intende come l’uscire continuamente verso la periferia, verso l’altro». È nella ricerca di Dio e nell’esperienza della presenza fedele di Dio che l’uomo scopre la propria verità.
«Sia nel contesto agostiniano che luterano – ha ribadito Puglisi – la ricezione della misericordia di Dio dovrebbe incoraggiarci a offrire la misericordia verso gli altri. La verità della persona umana si manifesta quando la persona concretizza il dono della misericordia ricevuta attraverso l’offerta di misericordia. Perciò i cristiani di ogni Chiesa e comunità ecclesiale riescono a trovare l’unità».