Si è abilmente sottratto ad ogni esposizione di evidente sostegno all’aggressione militare russa all’Ucraina. Il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, la voce più nota della “politica estera” della Chiesa russa, discepolo e ispiratore del patriarca Cirillo, nelle ultime settimane si è limitato ai commenti biblici, alle esortazioni morali e alla questione ecclesiali.
Tanto da meritare l’ironia di Orthodox Times sull’improvvisa afasia del «ciarliero metropolita». Ma la sua non è una tattica timorosa perché la sua presenza è notata in tutti i momenti pubblici rilevanti. È l’altra via che consente la difesa del Russkij mir, del mondo russo che ispira il progetto pastorale del patriarca e quello politico di Putin (senza identificarli).
Contatti e dialoghi
I contatti insistenti con tutti i patriarchi utili alla causa, da quelli di Antiochia a quello di Georgia, dalla disponibilità al confronto con il mondo diplomatico (ambasciatore francese, dell’Unione Europea, di Olanda e di Siria), con le autorità interne (vicepresidente del Parlamento, ministro degli esteri, viceministro degli esteri) ecc., sono contatti funzionali rispetto all’isolamento internazionale della diplomazia russa.
Così giustifica il rapporto on-line del patriarca Cirillo con papa Francesco e l’arcivescovo di Canterbury, Welby: «Ora viviamo in due mondi di informazione completamente diversi. Qui in Russia riceviamo un’informazione, mentre gli occidentali, sia il papa che l’arcivescovo, ricevono informazioni totalmente diverse. I due mondi informativi non si toccano. Pertanto, i dialoghi che hanno luogo, anche attraverso i mezzi di comunicazione a distanza, sono anzitutto un’occasione di scambio di pareri. Molto spesso gli interlocutori imparano l’uno dall’altro ciò che non riescono a sapere a causa dell’isolamento attuale».
Nell’editoriale al n. 4/2022 del Giornale del patriarcato, Hilarion sollecita il clero a preservare e conquistare la pace interiore e profonda attraverso la preghiera. Davanti agli eventi tumultuosi e alla «divisione generale nella società» è necessario ancorarsi all’unità della Chiesa attorno al patriarca.
«L’unità della Chiesa è nella comprensione profonda del senso della struttura gerarchica. Nei difficili anni del XX secolo la Chiesa russa è sopravvissuta precisamente grazie all’unità dell’episcopato e dei fedeli. “Dove manca il vescovo, non c’è Chiesa”: sono le parole del martire Ignazio il teoforo pronunciate quasi duemila anni fa, ma che definiscono chiaramente l’importanza del ruolo episcopale. La fedeltà al vescovo, e coerentemente a sua santità il patriarca, è un fattore importante dell’integrità della nostra Chiesa».
Clericalismo ed ecumenismo debole
L’allargamento della responsabilità pastorale di Mosca a tutte le Chiese dell’ex Unione Sovietica alimenta la visione imperiale di Putin, ma modifica anche la sensibilità ecclesiale interna e la forma dell’ecumenismo. Negli ultimi due decenni vi è una vistosa piegatura clericale nell’Ortodossia russa. Un segnale importante è la modifica sull’autorità del concilio.
Forti dell’esperienza di quello di Mosca del 1917 (un concilio territoriale, con ampia presenza di monaci e laici) e in coincidenza con il millennio della Rus’ (1988), si era confermato il ruolo del concilio territoriale come suprema autorità nell’ambito della dottrina e dell’ordinamento canonico. Dal 2000 il concilio dei vescovi (la riunione di tutti i vescovi ogni quattro anni) non ha più alcuna autorità superiore e le sue disposizioni non sono più modificabili.
Il progressivo controllo delle istituzioni centrali del patriarcato su monasteri e clero, d’intesa coi vescovi locali, ha reso afono il laicato.
Non meno importante la modifica sul versante ecumenico: è finita la stagione del confronto teologico e sull’identità delle Chiese. Il campo di azione è quello dei servizi caritativi e del confronto con la cultura imperante (occidentale).
Il passaggio è stato identificato dal teologo di Salisburgo, Dietmar Winkler, nell’intervento che Hilarion fece al congresso generale della fondazione pontificia La Chiesa che soffre a Würzburg nel 2011. Davanti a un pubblico molto sintonico, Hilarion, in un’intervista assieme al card. Kurt Koch, enunciò la necessità di un confronto muscoloso con l’ideologia declinante dell’Occidente e il suo cedimento sui valori etici, dalla distruzione della famiglia alla crisi demografica, dal riconoscimento delle tendenze omosessuali al preteso diritto all’aborto, fino al pericolo della cristianofobia nei paesi di antica cristianità.
Va dato atto al cardinale Koch di aver reagito con cordiale sapienza. Ha ricordato al suo interlocutore che si sarebbe dovuto parlare non di “scelta strategica” ma di “scelta evangelica” e che l’impegno andava discusso con tutte le Chiese ortodosse e non solo con quella russa.
Cosa significasse quell’orientamento lo si è visto l’anno successivo nell’appello firmato il 17 agosto (2012) a Varsavia fra Cirillo e il presidente dei vescovi polacchi, J. Michalik. In esso si denunciava: «Col pretesto di salvare il principio della laicità o di difendere la libertà si negano le fondamentali norme morali basate sul Decalogo».
Due note a margine: non ridurre la straordinaria ricchezza spirituale, teologica e storica, della tradizione ortodossa russa a eventi limitati, seppur molto gravi, come la mancata denuncia dell’Ortodossia russa all’aggressione all’Ucraina. E dall’altro: non sottovalutare le critiche alla cultura mediale occidentale, banalizzando e semplificando le posizioni.
sinceramente con gli ‘ortodossi’ russi continuiamo a essere troppo buoni dopo che questi:
– sono stati uno strumento del KGB per infiltrare il Consiglio Mondiale delle Chiese e orientarne le decisioni in modo che ignorassero i problemi di libertà religiosa oltrecortina e che questo si concentrasse su temi e problemi che facevano comodo alle strategie sovietiche
– con la scusa dell’ecumenismo hanno influenzato le decisioni vaticane dell’ostpolitik
– hanno collaborato alla soppressione dei greco-cattolici ucraini e beneficiato di questi fatti mandando, mandando un sacco di vescovi, chierici e fedeli nei gulag, al patibolo o nelle catacombe; e ancora oggi continuano a ritenere che il sinodi di Leopoli è stato un atto legittimo e i greco-cattolici non hanno diritto di esistere e riottenere i beni confiscati
– sono ostili alla presenza cattolica in Russia, protestando nel 2002 per l’erezioni di varie diocesi nel ‘loro territorio’ e ottenendo in quel frangente anche l’espulsione di vari chierici dal paese
– attualmente imbavagliano la comunità cattolica in Russia tramite organismi statali di cui sono parte
e nonostante tutto li abbiamo sempre ritenuti un partner, continuando a dialogare con loro e anche prestandogli la reliquia di San Nicola nel 2017
ma adesso basta: il supporto del patriarca all’aggressione verso l’Ucraina è la goccia che ha fatto traboccare il vaso ormai stracolmo.
è il momento di fare come di ha detto Gesù: scuotere la polvere dai nostri calzari e abbandonarli a sè stessi
finchè gli diamo corda crederanno di poter fare quello che vogliono