La Sindone di Torino da secoli lascia perplessi i ricercatori. C’è disaccordo anche sulla sua datazione precisa. Un nuovo metodo di ricerca ora suggerisce che il tessuto potrebbe effettivamente risalire al tempo di Gesù. Secondo lo scienziato italiano Liberato De Caro, la Sindone potrebbe effettivamente risalire al momento della morte di Gesù. Insieme a un’équipe di altri ricercatori, ha utilizzato un nuovo metodo a raggi X per esaminare l’invecchiamento di un campione di tessuto. Ed è giunto alla conclusione che la Sindone è molto più antica dei circa 700 anni ipotizzati dalla datazione al radiocarbonio nel 1988. Il dato s’accorderebbe quindi con l’ipotesi cristiana secondo cui la Sindone ha circa 2000 anni. I risultati dell’esame sono stati pubblicati nei giorni scorsi anche sulla rivista Heritage.[1]
Liberato De Caro è uno scienziato dell’Istituto Italiano di Cristallografia del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bari. Per le sue ricerche sull’invecchiamento naturale della cellulosa presente nel campione di stoffa del tessuto della Sindone ha utilizzato il “Metodo di diffusione dei raggi X grandangolare”.
La ricerca è stata sottoposta a revisione comparata (peer review) ed è giunto alla conclusione che la Sacra Sindone è compatibile con l’ipotesi di essere è molto più antica dei sette secoli indicati nel 1988 con le tecniche di datazione al radiocarbonio. Risale cioè a circa 2.000 anni.
De Caro indaga sulla Sacra Sindone da 30 anni. In questa intervista del 19 aprile concessa via e-mail al portale National Catholic Register statunitense, e curata da Edward Pentin, corrispondente da Roma per la EWTN Global Catholic Television Network, spiega perché ritiene che la tecnica a raggi X sia superiore di quella al carbonio nel determinare l’età delle fibre dei tessuti; descrive i procedimenti attraverso cui è giunto a questo risultato e parla anche di altre recenti scoperte, come quella dei pollini, che riguardano l’autenticità della Sacra Sindone.
– De Caro, può condividere con noi con parole semplici le sue scoperte sulla Sacra Sindone di Torino?
La Sindone di Torino è la reliquia più importante della cristianità. Secondo la tradizione cristiana, è il sudario che avrebbe avvolto il corpo di Gesù dopo la sua crocifissione. Da circa 30 anni io utilizzo tecniche investigative sulla scala degli atomi, in particolare attraverso i raggi X, e tre anni fa abbiamo sviluppato un nuovo metodo per datare campioni prelevati da tessuti di lino.
Un esempio macroscopico di tessuto in microfibra può essere descritto come una manciata di spaghetti: all’inizio essi hanno tutti la stessa lunghezza, ma se si sottopone il mazzo a urti accidentali, più questi aumentano, più gli spaghetti si rompono. Aumentando il numero degli urti, sempre della stessa intensità, col tempo la lunghezza media degli spaghetti diminuisce, fino a raggiungere una misura minima.
Una cosa simile accade alle catene polimeriche della cellulosa che, come gli spaghetti, ma con una sezione della scala del miliardesimo di metro, si rompono gradualmente nel corso dei secoli per l’effetto combinato di temperatura, umidità, luce e per l’azione di agenti chimici nell’ambiente in cui si trovano. L’invecchiamento naturale dipende solo dalla temperatura ambiente e dalla relativa umidità.
Noi abbiamo perciò sviluppato un metodo per misurare l’invecchiamento naturale della cellulosa di lino utilizzando i raggi X e quindi tramutarlo nel tempo trascorso dalla fabbricazione. Il nuovo metodo di datazione, basato su una tecnica denominata Wide Angle X-ray Scattering, (diffusione grandangolare di raggi X ) è stato prima testato su campioni di lino già datati usando altre tecniche, su campioni che non avevano nulla a che fare con la Sindone, e poi applicato su un campione prelevato dalla Sindone di Torino.
– Quanto tempo c’è voluto per la sua ricerca? Ed essa sarà sottoposta a una revisione comparata (peer review)?
La ricerca è iniziata nel 2019 ma poi la pandemia ha purtroppo provocato ritardi. Abbiamo, infine, applicato la nuova tecnica di datazione ai raggi X ad un campione della Sindone di Torino, e i risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Heritage dopo circa un mese di preparazione e di revisione, durante il quale il nostro lavoro è stato valutato da altri tre esperti indipendenti e dall’editore della rivista.
La ricerca è stata presentata anche sul sito web del Consiglio Nazionale italiano delle Ricerche. Lo studio è stato effettuato nei laboratori a raggi X dell’Istituto di Cristallografia del Consiglio Nazionale di Ricerca (Bari, Italia), in collaborazione con il professor G. Fanti dell’Università di Padova.
– Il metodo di diffusione grandangolare dei raggi X è stato utilizzato in precedenza?
Il primo documento del 2019 ha dimostrato l’affidabilità della nuova tecnica di datazione a raggi X su una serie di campioni, prelevati da tessuti di lino di età compresa fra il 3000 a.C. e il 2000 d.C. (vedi curve nere, rosse, verdi e blu nel grafico).
Queste curve mostrano che il campione della Sindone di Torino (curva arancione nella foto) dovrebbe essere molto più antico dei circa sette secoli indicati dalla radiodatazione effettuata nel 1988 (Foto: Liberato De Caro)
– Quanto sono accurati i metodi che ha utilizzato rispetto a quello della datazione al carbonio applicato in precedenza, in particolare la ricerca nel 1988?
Nel 1988, la datazione al carbonio-14 [chiamata anche datazione al radiocarbonio, un metodo di determinazione dell’età che dipende dal decadimento in azoto del radiocarbonio] di campioni prelevati dalla Sindone da tre diversi laboratori indicava che avrebbe dovuto avere solo circa sette secoli. Pertanto, secondo i risultati della radiodatazione, la Sindone non sarebbe un’autentica reliquia poiché era di epoca medievale.
Ma, i campioni di tessuto sono generalmente soggetti a tutti i tipi di contaminazione, che non possono sempre essere controllati né del tutto rimossi dal campione datato. Circa la metà del volume di un filato di fibre naturali è uno spazio vuoto, uno spazio interstiziale, riempito d’aria o altro, tra le fibre che lo compongono. Tutto ciò che entra tra le fibre deve essere accuratamente rimosso. Se la procedura di pulizia del campione non viene eseguita a fondo, la datazione al carbonio-14 non è affidabile. Questo potrebbe essere stato il caso nel 1988, come confermato da prove sperimentali le quali mostrano che, spostandosi dalla periferia verso il centro del lenzuolo, sul lato più lungo, si verifica un aumento significativo del carbonio-14 [radiocarbonio].
In breve, abbiamo a che fare con due tecniche di datazione – radiocarbonio e raggi X – che hanno dato risultati molto diversi. In questi casi, quando due diverse tecniche non concordano su una data, è necessaria cautela prima di raggiungere le conclusioni finali.
La tecnica di datazione del lino mediante raggi X non è distruttiva. Pertanto, può essere ripetuta più volte sullo stesso campione. Considerando i risultati della datazione medievale ottenuti dal carbonio-14, con quelli dell’analisi WAXS (Wide-angle X-ray scattering) che mostrano compatibilità con 2000 anni di storia, sarebbe più che desiderabile avere una raccolta di misurazioni ai raggi X effettuate da diversi laboratori, su diversi campioni, al massimo millimetrico, prelevati dalla Sindone. La tecnica che utilizza i raggi X richiede campioni di tessuto molto piccoli, con dimensioni lineari anche inferiori a 1 mm, e questo è un vantaggio rispetto alla radiodatazione, che richiede solitamente campioni molto più grandi ed è distruttiva, poiché può essere fatta una sola misurazione del carbonio 14 contenuto nello stesso campione.
– Cosa pensa delle altre teorie di cui si dice che dimostrano l’autenticità della Sacra Sindone, ad esempio la prova botanica trovata nel 1999, o le radiazioni causate da un terremoto che ha provocato l’immagine sulla Sindone?
La storia documentata della Sindone abbraccia sette secoli e tutti trascorsi in Europa. Sulla base dei risultati della datazione del radiocarbonio, la Sindone avrebbe sette secoli ed è sempre stata in Europa. Tuttavia, il precedente studio del polline intrappolato nelle sue fibre aveva già evidenziato una consistente presenza di esso proveniente dal Medio Oriente, in particolare dall’antica regione della Palestina, come se la Sindone fosse stata in quell’area geografica e non in Europa per un significativo periodo della sua storia.
Per essere più certi sul polline, si potrebbe tornare ad analizzare la Sindone con lo scopo di capire in quali aree geografiche si sarebbe potuta trovare. Il nostro studio ha infatti dimostrato che la datazione dipende dalla temperatura media secolare della regione geografica in cui è stato custodito il manufatto in lino.
La presenza di pollini o di minerali tipici di alcune regioni e non di altre potrebbe aiutare a chiarirne la sua “storia nascosta”, la sua presenza in altre regioni geografiche caratterizzate da temperature molto più elevate di quelle europee.
La Sindone di Torino sfida la scienza e ogni nuovo pezzo di ricerca potrebbe chiarire parte del complesso puzzle che questa reliquia rappresenta. Ad esempio, l’immagine della Sindone deve ancora trovare una spiegazione definitiva da parte di chi l’ha studiata, e condivisa da tutta la comunità scientifica. È come se una lastra fotografica fosse stata impressa da radiazioni. Studiando le tracce lasciate sulla lastra si cerca di risalire alla natura della radiazione e alle sue proprietà. Lo stesso potrebbe essere fatto per l’immagine della Sindone.
Per questo motivo, risale al 1989 l’idea secondo cui un flusso di neutroni possa aver arricchito di carbonio-14 il tessuto di lino della Sindone, distorcendone la radiodatazione.
Uno dei due brevi contributi, il primo di T.J. Phillips, pubblicato anche sul rivista Nature, inizia con queste parole: «Se la Sindone di Torino è infatti il lenzuolo funerario di Cristo, contrariamente alla sua recente età datata al carbonio di circa 670 anni (Nature 335, 663; 1988 e 337, 611; 1989), allora, secondo la Bibbia, essa era presente ad un evento fisico unico: la risurrezione di un cadavere. Purtroppo, questo evento non è accessibile al controllo scientifico diretto».
Pertanto, se, da un punto di vista scientifico, si rifiuta a priori di indagare l’ipotesi della risurrezione e le tracce che essa avrebbe potuto lasciare sulla tela di lino, è necessario andare alla ricerca dei fenomeni naturali che, per caso, avrebbero potuto provocare un flusso consistente di neutroni, in modo da modificare l’abbondanza isotopica di carbonio-14 della Sindone, come propone l’ipotesi del terremoto, a cui lei si riferisce.
A questo punto c’è da chiedersi: abbiamo prove in qualsiasi altra parte del mondo di almeno un caso scientificamente verificato in cui un fenomeno naturale ha modificato l’abbondanza isotopica di un elemento chimico?
– Esistono prove del genere?
Sì, una risposta a questa domanda può essere trovata ad Oklo, un giacimento di uranio vicino a Franceville, nel sud-est del Gabon, da cui viene estratto il combustibile per le centrali nucleari francesi. Negli impianti di arricchimento, la concentrazione di uranio-235 nel minerale estratto dalle miniere viene sempre controllata per garantire che sia di origine naturale. La proporzione di uranio-235 rispetto a tutti i possibili isotopi è fissa ed è la stessa anche per i campioni lunari e i meteoriti.
Nel giugno del 1972 giunse a Pierrelatte in Francia un carico con una composizione inferiore al naturale, tanto che le autorità furono allarmate e fu avviata un’indagine scientifica durata diversi mesi. Si scoperse che in passato, in 17 strati del giacimento, si erano create le giuste condizioni affinché i neutroni emessi nelle fissioni spontanee dell’uranio, rallentati dall’acqua circolante nel giacimento, potessero riprodurre una reazione a catena che localmente riduceva l’abbondanza isotopica naturale dell’uranio-235.
Cosa dimostra questo esempio? Che a volte, anche in natura, si verificano condizioni molto particolari che, per una combinazione di fattori, rendono ciò che è accaduto davvero unico e irripetibile.
Pertanto, la saggezza dovrebbe insegnarci ad essere molto umili, rispettosi e prudenti nello studio dei fenomeni naturali, prima di giungere a conclusioni definitive, talvolta affrettate e quindi sbagliate. Ovviamente, questo è tanto più vero quando si tratta della risurrezione di Gesù Cristo, un evento unico nella storia in cui credono innumerevoli persone. La cautela è giustificata almeno per rispetto di questa fede.
– Quanto sono significative le sue scoperte per la Chiesa. Il Vaticano sarà coinvolto nel tentativo di autenticarle?
L’arcidiocesi di Torino, più del Vaticano, potrebbe essere interessata a questo tipo di ricerca. Infatti, già nel 2002 alcuni fili furono prelevati dalla Sindone e conservati dall’arcidiocesi di Torino per futuri studi scientifici. Sarebbe sufficiente ricavare da questi fili dei campioni lunghi 1 mm, combinarli con altri campioni prelevati da altri tessuti antichi di data conosciuta e coinvolgere diversi laboratori in un esperimento di datazione usando la tecnica da noi sviluppata che utilizza i raggi X.
Potrebbe anche essere un esperimento alla cieca, cioè senza che i laboratori sappiano quali campioni sono prelevati dalla Sindone rispetto a quelli ricavati da altri tessuti di lino, per evitare possibili pregiudizi nell’analisi dei dati da parte degli autori della ricerca.
– Farà un ulteriore lavoro sulla Sacra Sindone per autenticare ulteriormente la sua vera data?
Tutto dipende dalla possibilità di avere nuovi campioni da analizzare. In ogni caso, oltre alla Sindone, ci sono altre importanti reliquie di lino tradizionalmente legate a Gesù, ad esempio il Sudario di Oviedo o il Velo di Manoppello, che anch’io ho studiato in passato.
Questa nuova tecnica di datazione è solo agli inizi. Potrebbe, ad esempio, essere estesa anche a tessuti realizzati con altre fibre vegetali.
[1] Heritage è una rivista internazionale peer-review e Open Access nell’ambito delle scienze del patrimonio culturale e naturale, pubblicata trimestralmente da MDPI, che si focalizza sulle tematiche della conoscenza, conservazione e gestione del patrimonio culturale e naturale mediante tecnologie di rilevamento, nuovi metodi, best practices e policies.
Si tratta di un metodo inaffidabile, dato che parte, tra l’altro, dal presupposto che negli ultimi 700 anni la Sindone sia stata consevata ad una temperatura media di 8-9 gradi, laddove tale temperatura si riferisce alla tempertatura esterna di Torino, chiaramente non accettabile, perchè deve escludersi che la Sindone sia stata conservata all’aperto: basta, infatti, considerare l’ipotesi (più che possibile) che la temperatura di conservazione (all’interno di contenitori) per i suddetti 700 anni fosse stata di 22-23 gradi (attualmente è di 20, controllata da due condizionatori) per ottenere lo stesso risultato di degradazione: ciò porterebbe alla inevitabile conclusione di determinare la data di origine della Sindone al 1300.
Sull’ “Inutilità di nuove ricerche sulla datazione della Sindone” v. un mio scritto pubblicato nel mio sito http://www.fedepell.it pag, 3 n. 93 e nella mia pagina Facebook “Riflessioni su fede e morale cattoliche di Federico Pellettieri”.
Non è molto chiaro in quanto si dice che l’esperimento sia stato fatto su un reperto appartenuto alla Sindone, poi nel finale si chiedono altri reperti dalla diocesi di Torino.
Ma è stato riconosciuto o no dal Vaticano?
Molto interessante è l’ipotesi che l’immagine dell’Uomo della Sindone si sia formata all’interno del sepolcro nel momento in cui vi fu ancora qualche scossa sismica (movimenti di assestamento dopo il terremoto del venerdì Santo). Nell'”Introduzione alle Luci Sismiche”, di Massimo Silvestri, una relazione presente nel web, l’autore cita alcuni fatti storici pertinenti. Fra di essi quello dello “storico Cornelio Tacito che nel suo ‘Annalium’ cita un poderoso terremoto avvenuto il 17 d.C., che distrusse 13 città in Asia Minore sotto i consoli Cecilio e Pomponio: furono viste immense fiamme scaturire al momento della scossa” (citazione presa dal volume di Ignazio Galli, “Raccolta e classificazione di fenomeni luminosi osservati nei terremoti”, Boll. della Societa’ Sismol. Ital., vol. XIV, 1910, pp. 221
&endash; 448). C’è un’ipotesi da approfondire, quella proposta dal Prof. Alberto Carpinteri, del Politecnico di Torino, mentre per gli studi sul fenomeno luminoso possono certamente essere utili quelli del prof. Giulio Fanti, dell’Università di Padova.