Nella serata di ieri, il presidente della Repubblica federale tedesca F.-W. Steinmeier ha inaugurato a Stoccarda il 102mo Katholikentag della Chiesa tedesca.
Un discorso breve ma intenso, che ha toccato le grandi crisi globali che il nostro mondo sta attraversando: la pandemia con le sue ricadute sociali profonde; la guerra in Ucraina che tocca anche paesi poveri molto lontani a causa del blocco del grano; l’importanza del diritto internazionale per una coesistenza pacifica dei popoli e delle nazioni.
La pandemia è stata ed è un bagno che ha immerso tutti in una maggiore consapevolezza della “nostra fragilità e della nostra finitudine mortale”; ma ha anche messo in luce come l’agire solidale gli uni per gli altri è il vero collante che tiene insieme una società.
L’azione delle Chiese, magari non visibile, è stata però determinante: “con parole di consolazione, gesti di bene, soprattutto verso i morenti, gli ammalati e nell’accompagnamento di coloro avevano vissuto un lutto”.
Anche le Chiese conoscono la loro crisi, soprattutto a ragione degli abusi compiuti in esse e della incapacità, o non volontà, di gestirli in maniera trasparente e secondo giustizia.
Steinmeier si è fatto portavoce del paese per quanto riguarda il Cammino sinodale della Chiesa cattolica tedesca: “Certo, quanto si decide in questa sede riguarda, prima di tutto, la Chiesa cattolica stessa. Eppure, dipende anche dagli esiti di questo processo la determinazione del ruolo che la Chiesa e i cristiani giocheranno in futuro nella nostra società”.
In questo, è fondamentale che la Chiesa e i cittadini tedeschi cristiani non perdano mai di vista la ragione profonda della loro fede e del loro agire: la Germania “non ha bisogno di Chiese che ripetano quello che già si dice nella società. I cristiani possono ottenere e dare un orientamento solo se fanno memoria di ciò che è loro proprio, qualcosa che non può essere dedotto da ciò che è plausibile e attuale”.
A partire da questo proprio cristiano, le Chiese possono indurre processi di riflessione critica nella società sul modo in cui si vive, si consuma, si fa economia, affinché la cittadinanza apprenda che un futuro giusto per le generazioni che verranno significa la disponibilità a fare noi oggi delle rinunce.
Il mondo “non ha bisogno di un doppione religioso delle promesse di felicità secolari. Il mondo ha bisogno di orientamento oltre l’oggi. Ha bisogno di responsabilità per i deboli e i fragili. Ha bisogno di esempi concreti di amore per il prossimo. E ha bisogno di una testimonianza della fede la cui fiducia è più grande dello scoraggiamento, la cui speranza è più forte della disperazione”.