Può sembrare strano al lettore italiano che un posto di eremita sia messo a concorso, ma questo succede nell’ambito delle Chiese tedesche (Germania e Austria).
Nei primi mesi dell’anno la parrocchia di San Giovanni (Tirolo, Austria, diocesi di Salisburgo) ha chiesto disponibilità per occupare l’eremo Maria Blut, ai piedi del Niederkaiser. Si tratta di abitare l’eremo che è attivo dal 1696 con una vita di preghiera e di fede, adattandosi a una vita austera, con buona capacità di relazione. Si richiede una conoscenza liturgica e una abitudine al servizio del culto.
L’eremo è stato abitato negli ultimi anni da suor Wilbirg Wakolbinger che è dovuta rientrare in convento. I curricula vitae devono arrivare entro il 15 agosto. Viene richiesto un reddito regolare e l’assicurazione sociale con la disponibilità alla cura dell’orto e ai lavori di casa.
Da Maria Blut a Saalfelden
Un nuovo eremita è entrato a Palfen, dipendente dalla parrocchia e dal comune di Saalfelden (Pingau, Austria). L’eremo è attivo da 350 anni. Nella chiesa, ricavata da una grotta rocciosa, è particolarmente onorata un’immagine di san Giorgio.
Il luogo, a mille metri di altezza, è abitabile da aprile a novembre. Non vi è né elettricità (a parte un pannello solare per far funzionare il telefono in caso di emergenza) né acqua corrente. Non è previsto un compenso.
Si è detto disponibile un contadino in pensione, Alois Penninger, di 63 anni che è il 36° della serie. Ha detto: «Nell’autunno della mia vita voglio sperimentare la cura interiore. Anche in solidarietà alle persone che devono abbandonare le loro case per la guerra e le persecuzioni. Esperimento una solidarietà spirituale per questi destini».
L’eremita scende in città un paio di volte alla settimana per le spese e i controlli. All’eremita non è chiesta l’appartenenza a ordini religiosi, né al ministero, ma deve avere un riferimento di fondo cristiano. La vita in un eremo di montagna, senza elettricità, riscaldamento e acqua corrente richiede frugalità, buone condizioni fisiche e capacità manuali.
Il suo predecessore, Matthias Gschwandtner, è stato il primo protestante a occupare quel ruolo. «È stato per me un grande onore entrare a far parte degli eremiti» in un luogo davvero particolare, dove «le differenze dogmatiche perdono rilievo».
L’eremo è costantemente visitato da turisti amanti della montagna. Fino a un centinaio al giorno. Spesso scambiano qualche parola con l’eremita sulla fede, la Chiesa e la responsabilità sulla creazione. «Mi piace prendermi il tempo per ascoltare. Ho avuto la possibilità di conoscere molte persone meravigliose».
Prima di Penninger e Gschwandtner era stato eremita per tre anni il belga Stan Vanuytrecht. Ha abbandonato l’eremo per questioni di salute e per avviarsi al sacerdozio. Quando fece domanda di andare all’eremo vi erano stati cinquanta concorrenti.
Verifica delle domande
Dal 2018 suor Miriam Bauer occupa l’eremo di Nussdorf am Inn in Baviera (Germania). Proveniente da una precedente esperienza eremitica a Osnabrück, la suora assicura il ritmo della preghiera nella chiesetta accanto all’abitazione a 700 metri di altezza. È dipendente dalla parrocchia, assicurando metà tempo per il servizio di sagrestia.
L’eremo è molto frequentato durante l’estate ed è attivo dal 1644. Vi è elettricità e acqua corrente, ma il riscaldamento è a legna che bisogna procurarsi. Vi è anche l’accesso a Internet.
Può essere interessante verificare i curricula di quanti si sono candidati per la vita eremitica in coincidenza con la domanda di suor Bauer. Sono stati 13 donne e 7 uomini. Fra questi vi era un’attrice che cercava un luogo di rigenerazione interiore.
È stata indirizzata a un vicino monastero. Vi era anche un ufficiale dell’esercito (Bundeswehr) ma che non assicurava il ritmo della preghiera. Così due coppie di anziani, entusiasti per il posto, ma poco consoni al ruolo. C’è stato anche un medico omeopatico che però non assicurava la presenza durante il giorno. Hanno concorso anche due religiosi, ma senza poter assicurare una presenza oltre un biennio.
La dimensione profonda dell’anima
All’eremo di san Bernardo a Lindow (Brandeburgo, Germania) dal 2014 è attivo come eremita p. Jürgen Knobel che in un’intervista del febbraio scorso (Katholisch.de) così parla della solitudine che, accanto alla preghiera, al silenzio e all’ascesi, costituisce uno dei pilastri della vita eremitica: «La solitudine è un concetto complesso, che spiritualmente ha due facce.
Da un lato, si tratta del ritiro fisico dal mondo e della riduzione dei contatti e delle interazioni, cosa che nel mondo di oggi non è più possibile in senso radicale. L’altro lato è il desiderio dell’intimo, della propria profondità spirituale. Questa è la cosa più importante. Raggiungere la quiete dall’anima, entrare in un ascolto molto profondo di Dio, sperimentare la dimensione più profonda dell’anima. È il programma di vita dell’eremita.
Ma nessun eremita oggi è può ridursi alla propria interiorità. Gli eremiti si sono sempre scambiati pensieri e riflessioni. Nel mio eremo c’è una piccola sala riunioni per colloqui con gli ospiti che chiedono consigli. Gli eremiti sono da sempre maestri spirituali».
Ricorda anche la necessità di un lungo periodo formativo e l’accompagnamento di un padre spirituale. Il flusso dell’eremitismo è ben più esteso dei confini confessionali del cristianesimo e si allunga nel passato ben oltre i 2000 anni della fede cristiana.
Cifre e testi recenti
I casi ricordati sono alcuni dei luoghi eremitici più noti nell’ambito tedesco dove si contano circa 70 eremiti. In Francia se ne stimano circa 150. Sono 90 fra USA e Canada. In Italia si parla di 300 eremiti/e, ma probabilmente non sono più di 200. A livello mondiale, si azzarda la cifra di 20.000 persone.
Negli ultimi decenni sembravano una presenza residuale, ma dal concilio in poi sono riapparsi. Non più solo come religiosi e religiose che, nel cammino del proprio ordine, prevedono anche l’esperienza eremitica, ma anche in figure clericali e laicali di appartenenza diocesana.
È a queste figure che si rivolge in particolare un recente documento del dicastero dei religiosi e della vita consacrata: La forma della vita eremitica nella Chiesa locale (Cf. SettimanaNews, qui). In esso si ripercorre il magistero nei loro confronti: da Vita consecrata al Codice di diritto canonico e al Catechismo della Chiesa cattolica.
Cito quest’ultimo: «Senza professare sempre pubblicamente i tre consigli evangelici, gli eremiti “in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della solitudine e nella continua preghiera e penitenza, dedicano la propria vita alla lode di Dio e alla salvezza del mondo”. Essi indicano a ciascuno quell’aspetto interiore del mistero della Chiesa che è l’intimità personale con Cristo. Nascosta agli occhi degli uomini, la vita dell’eremita è predicazione silenziosa di colui al quale ha consegnato la sua vita, poiché egli è tutto per lui. È una chiamata particolare a trovare nel deserto, proprio nel combattimento spirituale, la gloria del crocifisso».
Nel testo più recente si ricordano in forma sistematica gli elementi essenziali che caratterizzano l’eremitismo, il necessario rapporto con il vescovo, la preparazione e la formazione permanente. Non alla ricerca di un atletismo spirituale che abbia la pretesa di superare la comune chiamata alla santità, ma nell’imitazione di Cristo.
«Ogni singolo eremita fa propria una forma di vita che lo precede e lo supera, incarnandola storicamente, nella docilità all’azione dello Spirito Santo. In tal senso, quella eremitica è in se stessa incompiuta, parziale restituzione della multiforme forma Christi, ed è figura in aperta relazione con il corpo ecclesiale e con il corpo della storia».