La data di martedì 12 luglio 2022 è destinata a restare a lungo nella memoria degli scienziati come una delle grandi date dell’astrofisica. Sono state diffuse dalla NASA, dall’ESA e dalla CSA, le tre agenzie spaziali statunitense, europea e canadese, le prime immagini a colori e i primi dati spettroscopici raccolti nelle settimane precedenti dal James Webb Space Telescope (JWST), il nuovo telescopio spaziale lanciato lo scorso 25 dicembre 2021 (ne avevamo parlato qui su Settimana News − ndr).
In anteprima, alcune ore prima delle comunicazioni ufficiali, era stato già mostrato l’ammasso di galassie SMACS 0723 nella costellazione del «Pesce volante», situato lungo la direzione della stella HD 147980. Si tratta dell’immagine a più alta risoluzione nell’infrarosso mai ottenuta, che porta l’osservatore a circa 13 miliardi di anni fa, solo poche centinaia di milioni di anni dopo l’inizio dell’espansione dell’universo, conosciuto come Big Bang.
Il campo dell’immagine, grande sulla volta celeste come un granello di sabbia tenuto alla distanza del proprio braccio, contiene centinaia, forse migliaia di galassie. Tanto questa immagine, quanto quelle degli altri 4 oggetti celesti impiegati come target, sono davvero straordinarie. Oltre all’ammasso di galassie SMACS 0723 sono state pubblicate le fotografie della nebulosa nella costellazione della Carena e la nebulosa planetaria NGC 3132, oggetti relativamente vicini, dalla vivace fantasia cromatica, il «Quintetto di Stefan», un gruppo di galassie in interazione ben noto agli astronomi da alcune generazioni, e lo spettro del pianeta extrasolare Wasp-96.
«Guardare verso le origini»
I siti web dove è possibile reperire informazioni dettagliate sugli strumenti a bordo del James Webb Space Telescope (JWST) e sui primi risultati che stanno giungendo da questo straordinario telescopio sono ormai numerosi e a tutti accessibili (ne riepiloghiamo alcuni al termine di queste righe). Chiunque potrà accedervi con poco sforzo. Come già accaduto per il telescopio Hubble (HST), anche per le osservazioni del Telescopio Webb vi saranno numerose ricadute sul piano mediatico e culturale, oltre che scientifico. Sono tre le considerazioni che catturano adesso la mia attenzione e che desidero condividere con voi.
La prima di esse è che colpisce il grande interesse con cui praticamente tutti gli organi di informazione hanno seguito il lavoro di JWST in queste ore, proponendo titoli assai significativi. Quasi tutti parlano con emozione della possibilità di osservare gli oggetti più lontani finora mai visti, poco dopo il Big Bang, più o meno all’epoca in cui la materia, disaccoppiatasi dalla radiazione, cominciava ad organizzarsi in macrostrutture che avrebbero dato origine ai primi clusters di galassie.
È un «guardare verso le origini», sottolineano in molti. Gli spettroscopi a bordo di JWST potranno poi esaminare un buon numero di atmosfere di pianeti extrasolari, contribuendo a farci capire quale percentuale di essi possiede condizioni simili a quelle della Terra, puntando ancora verso una domanda sulle origini, quelle della vita nel cosmo.
Domande che continuano ad attrarre e spiegano perché anche il grande pubblico sta seguendo e seguirà con interesse le attività di JWST. Domande di portata filosofica, e in certo modo anche religiosa, oggi suscitate dalle scienze. Non perderanno mai di attualità. Se non ne parlano più i filosofi o i teologi saranno gli scienziati, come già accade, a tenerle vive.
Capacità della scienza
Una seconda considerazione riguarda la capacità con cui noi esseri umani, in poco più di tre secoli dall’introduzione del metodo scientifico, siamo stati capaci di formulare teorie in grado di descrivere la dinamica dell’universo su larga scala, considerandolo come un unico oggetto di intelligibilità.
Solo 250 anni dopo che Joseph-Louis de Lagrange risolveva il problema semplificato dei tre corpi mostrando le caratteristiche di equilibrio dinamico dei cosiddetti «cinque punti lagrangiani», noi possiamo oggi collocare un telescopio da oltre 6 metri di diametro nel punto L2 del sistema composto dalla terra, dalla luna e dallo stesso JWST.
Pochi decenni dopo che Albert Einstein formulava la teoria della Relatività generale, abbiamo più volte potuto verificarne la correttezza, come fa oggi l’immagine dell’ammasso di galassie SMACS 0723 fotografata da JWST mostrandoci le immagini deflesse dei raggi luminosi delle galassie più lontane, perché curvate dal campo gravitazionale delle galassie massicce al centro dell’ammasso.
Precisione sorprendente
Una terza considerazione, infine, riguarda l’estremo livello di precisione raggiunto dagli strumenti a bordo del JWST e dalle strutture elettromeccaniche che consentono a questi strumenti di funzionare. Abbiamo visto dispiegarsi i 18 elementi esagonali di berillio placcati di oro per comporre il grandioso specchio di oltre 6 metri di diametro e posizionarsi con precisione a un milione e mezzo di chilometri dalla terra.
La tecnologia dello scudo termico consente agli strumenti di lavorare a bassissima temperatura nonostante l’esposizione alle radiazioni solari. La MIRI (Mid InfraRed Instrumentum) opera a una temperatura di soli 6 gradi sopra lo zero assoluto, garantita da un refrigeratore meccanico ad elio. I singoli tasselli esagonali sono regolati in modo indipendente mediante le tecniche di ottica adattiva che correggono continuamente la precisione dell’immagine puntata.
Se siamo abituati a grandi precisioni in attività scientifiche sulla terra, come possono essere delle sofisticate operazioni chirurgiche o il funzionamento dei rivelatori dei grandi acceleratori di particelle, il fatto di generare questa precisione a milioni di km dalla terra, con controlli remoti, non cessa di sorprendere.
Questo è Homo Sapiens
Le immagini del James Webb Space Telescope non ci parlano solo degli oggetti cosmici: ci parlano anche di noi stessi. Ci dicono chi siamo.
Una specie biologica che in poche centinaia di migliaia di anni è passata dal risolvere problemi di sopravvivenza primaria a porsi domande filosofiche sulla sua origine e sul suo destino. In poco più di 300 anni è passata dall’impostazione delle equazioni differenziali a comprendere come rappresentare teoricamente l’universo in cui vive. In meno di 200 anni è passata dalla scoperta delle equazioni dell’elettromagnetismo a gestire sofisticatissimi strumenti di misura a milioni di km dal nostro pianeta.
Questo è Homo Sapiens. E questo ci dice molto sulla sua unicità, sul mistero che egli è in sé stesso, in questo universo in cui abita. Io sono un sacerdote cattolico. Oggi, nella celebrazione della s. Messa, ho collocato idealmente sull’altare, insieme al pane e al vino, «frutto della terra e del lavoro dell’uomo» lo straordinario lavoro che consente a JWST di funzionare e inviarci i suoi meravigliosi risultati. Lavoro di uomini e donne che testimoniano la grandezza dell’intelligenza umana, ma anche, aggiungo volentieri insieme a tutti i credenti in Dio, la grandezza del Creatore di cui siamo immagine.
Giuseppe Tanzella-Nitti è direttore del Centro di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede (DISF). Il suo editoriale è stato pubblicato sul portale www.disf.org.
Le prime 5 immagini presentate e commentate dalla NASA:
https://www.nasa.gov/webbfirstimages
Pagina dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) dedicato a JWST:
https://www.media.inaf.it/tag/jwst/
Le prime 5 immagini di JWST commentate da INAF:
https://www.media.inaf.it/2022/07/12/prime-immagini-jwst/
First Images from the JWST – Official NASA Broadcast (video 53:51):
https://www.youtube.com/watch?v=nmMRMIE3MGw
La voce Wikipedia del JWST:
https://it.wikipedia.org/wiki/Telescopio_spaziale_James_Webb