Sull’ultimo numero di luglio (30 luglio 2022) della rivista inglese The Tablet, Chris Maunder – docente invitato in Teologia e Studi Religiosi presso la St John University di York e autore di diverse pubblicazioni sulla Vergine Maria (il suo ultimo volume, Mary, Founder of Christianity, è dello scorso mese di aprile presso Oneworld Pubblications), racconta della scomparsa, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, di una devozione mariana di lunga tradizione, la quale ha sviluppato e diffuso un’iconografia che ritrae Maria in abiti sacerdotali (un esempio, risalente al VII secolo, si trova a Roma nel ciclo musivo del Battistero lateranense di San Venanzio).
Nel suo volume Mary and Early Christian Women, la ricercatrice Ally Kateusz ha censito numerosi esempi di immagini dei primi secoli della Chiesa in cui Maria viene raffigurata con il «pallio episcopale» (Occidente) o l’«omophorion» (Oriente). Dunque, non solo come sacerdote, ma come vescovo. La Vergine è ritratta sovente nella «postura orans», le braccia lungo i fianchi e le mani verso l’alto, nel gesto del sacerdote che presiede la Messa.
L’associazione tradizionale di Maria come immagine della Chiesa è antica. Risale infatti almeno al IV secolo. Se dunque Maria è immagine della Chiesa, e la Chiesa è una comunità sacerdotale che celebra i sacramenti della redenzione, si comprende perché nascano e si diffondano queste immagini. Tuttavia, sostiene Maunder, una immagine femminile (quella della Vergine Maria) in abiti sacerdotali ha provocato – da un certo momento in poi – qualche imbarazzo e perplessità nel mondo cattolico, finendo per essere definitivamente oscurata.
Una storia in quattro fasi
È stato il teologo francese René Laurentin, il quale inaugurato la sua carriera di illustre mariologo nel 1952 proprio con uno scritto dal titolo Marie, L’Eglise et le sacerdoce, a identificare quattro periodi nella storia della devozione a Maria come «Vergine Sacerdote». Nella prima delle quali, quella che indicativamente va dalle origini della Chiesa alla fine del primo millennio, le connessioni tra Maria e il sacerdozio sono sporadiche.
L’idea inizia invece a fiorire e a diffondersi, secondo la ricerca di Laurentin, nell’Alto Medioevo quando la tradizione conosce una svolta sotto l’influenza della devozione appassionata di Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) e di altri autori. Nelle omelie per la Festa della Purificazione della Beata Vergine Maria (o della Presentazione di Gesù) si parla di Maria come di colei che offre suo figlio, sia nel Tempio sia sulla Croce. In un sermone in occasione della festa, san Bernardo si rivolge alla Vergine con queste parole: «Offri il tuo Figlio, o Vergine Santa, e presenta al Signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di tutti noi la vittima santa, a Dio gradita».
La terza fase è identificata con l’epoca della Controriforma. Più che la via dottrinale, in questa fase si profila una via al «sacerdozio» della Vergine di natura più propriamente devozionale e spirituale, che «si manifesta in un sentimento del legame speciale tra il prete e la Vergine, in un ricorso particolare del sacerdote alla mediazione di Maria nelle funzioni sacramentali: quasi una somiglianza, un’imitazione particolare della Madonna ad opera del prete» [1]. Si trova testimonianza autorevole della devozione a Roma, nel Seicento, nell’opera del poeta e drammaturgo italiano Giovanni Battista Guarini, Il Sacro Regno della Vergine Maria, dove la posizione di Maria presso la Croce nel Vangelo di Giovanni è analoga a quella del sacerdote presso l’altare. A proposito di Cristo e Maria, Guarini afferma che «non c’è stato, né ci sarà, alcun sacerdote più degno o più santo di loro; perché erano senza peccato, cosa che non si può dire dei sacerdoti del Nuovo e dell’Antico Testamento».
Sempre nel Seicento, i teologi della scuola di spiritualità francese adottano con entusiasmo il tema del sacerdote mariano. Jean-Jacques Olier (1608-57), fondatore del seminario di Saint Sulpice, studia la stretta relazione tra Maria e il sacerdozio, proponendo una spiritualità sacerdotale mariana che avrà un’influenza importante nella formazione dei seminaristi. L’analogia tra la funzione del sacerdote e quella di Maria viene fondata sul fatto che l’uno e l’altra danno vita a Cristo.
Il titolo di «Virgo Sacerdos» − ricorda la storica Liviana Gazzetta [2] − entra nella liturgia cattolica a partire dal 1709, proprio presso il seminario di Saint Sulpice, quando si comincia a utilizzare, per la festa della Presentazione al tempio, un inno dei Vespri che lo conteneva. Tale festa diventa la celebrazione per eccellenza della spiritualità sacerdotale e della devozione a Maria, costituendo anche il momento della rinnovazione pubblica della professione per i membri della congregazione di San Sulpizio, oltre che festa del seminario. «Maria diviene così il modello del prete concepito come culmine delle virtù religiose, sempre più interpretata come riferimento contro ogni forma di degenerazione nella vita del clero».
La quarta e ultima fase nella storia della devozione inizia con la fine del XIX secolo, quando il libro del sacerdote belga Oswald van den Berghe, Maria e il sacerdozio (1872), viene pubblicato con una lettera-prefazione di Pio IX. Ancora nel 1906, Pio X commissiona per le Figlie del Cuore di Gesù una preghiera dedicata alla «Virgo Sacerdos» alla quale annette l’indulgenza. Citando il teologo domenicano del XV secolo sant’Antonino, questa preghiera papale recita: «Quantunque non rivestita del sacramento dell’Ordine, fosti tuttavia ripiena di ogni dignità e grazia, che tal sacramento conferisce».
Perplessità romane
Nonostante questo slancio devoto, già prima della fine del papato di Pio X, proprio da Roma viene la decisione di sopprimere la devozione a Maria «Virgo Sacerdos». Un decreto del 29 marzo 1916, durante il pontificato di Benedetto XV, facendo riferimento a una decisione del Sant’Uffizio del 15 gennaio 1913, stabilisce che «le immagini della Beata Vergine Maria vestita con abiti sacerdotali debbano essere rifiutate». La soppressione viene confermata sotto il pontificato di Pio XI dal cardinale segretario di Stato, Rafael Merry del Val, che nel 1927 motiva la decisione scrivendo che Maria rappresentata come «Vergine Sacerdote» era immagine che «le menti meno illuminate non sarebbero state in grado di comprendere pienamente».
Perché sopprimere una tradizione così lunga e con un simbolismo teologico tanto potente, si chiede Maunder. Sarah Jane Boss, fondatrice del Centro di studi mariani presso l’Università del Galles, sostiene che la crescente partecipazione delle donne nelle attività del laicato ecclesiale e alcune iniziative per l’ordinazione femminile che in quel periodo venivano sostenute in altre Chiese, avrebbero sollevato a Roma qualche preoccupazione. Si preferì dunque evitare il rischio di alimentare confusione tra i fedeli, potendo quelle immagini far pensare che Maria, una donna, fosse stata effettivamente ordinata. Ipotesi confermata da Laurentin, il quale sostiene che la tradizione non fu soppressa per incongruenze teologiche, ma perché associava il sacerdozio a una donna.
Qui Maunder omette di ricordare la vicenda − ricostruita da Liviana Gazzetta nel suo saggio «Una memoria cancellata. Il culto alla “Virgo sacerdos” e la questione del sacerdozio femminile» [3] − della Congregazione delle figlie del Cuore di Gesù, fondata nel 1872 da Marie Deluil-Martiny e approvata nel 1902 da Leone XIII, un ordine contemplativo centrato sullo spirito eucaristico, lo spirito di vittima, lo spirito sacerdotale. Nel 1906 le religiose chiesero di poter usare l’appellativo di «Vierge Prêtre» nei riti del proprio istituto e Pio X accolse la richiesta, facendo stendere la preghiera di cui sopra; lo stesso papa concesse nel 1910 che nelle cappelle dell’istituto si potesse aggiungere alle litanie mariane l’invocazione «Virgo Sacerdos, ora pro nobis». Le religiose fecero dunque produrre e diffusero anche delle immagini collegate a questa devozione.
«Dimostrando di temere soprattutto le conseguenze della devozione sul piano pastorale − afferma Liviana Gazzetta − il Sant’Uffizio impose una drastica censura alle figlie del Cuore di Gesù e alle loro iniziative. A partire dal 1912 l’ordine venne sottoposto a più riprese all’esame del Sant’Uffizio, che con tre interventi successivi nel 1913, 1916 e 1927 vietò dapprima le immagini, quindi le forme devozionali alla Vergine sacerdotale che vi erano state sviluppate; nel 1927 una lettera del cardinal Merry Del Val, segretario della Suprema, precisò che tale devozione non era approvata e non poteva essere propagata in nessuna forma» [4].
Ovviamente, scrive Maunder, nessuno si è mai spinto fino ad affermare che Maria sia stata ordinata sacerdote. La questione è piuttosto se Maria – come persona fisica anziché come personificazione della Chiesa – possa o meno essere proposta ai fedeli come modello per il sacerdozio. Tale posizione potrebbe infatti mettere in discussione le affermazioni di alcuni documenti del magistero, come Inter Insigniores (1976), secondo cui la mascolinità di Cristo e la sua scelta di dodici uomini come suoi apostoli significherebbero che il sacerdozio ordinato è riservato agli uomini.
Un’immagine di Maria sacerdote è un mosaico dell’XI secolo che si trova nell’abside della cattedrale Hagia Sophia di Kiev (qui sotto). Maria ha le mani sollevate, nella posizione dell’orante. Un velo eucaristico appeso alla sua cintura. Vi sono molte altre immagini simili di Maria in atteggiamento sacerdotale sugli altari delle chiese in Oriente e in Occidente, alcune risalenti ai primi secoli. È difficile sfuggire alla convinzione – conclude Maunder – che la decisione vaticana sia scaturita non tanto da convinzioni teologiche, quanto dalla paura che la devozione alla «Virgo Sacerdos» potesse indebolire la posizione dell’esclusiva maschile per il sacerdozio ordinato.
- Articolo pubblicato il 7 agosto 2022; aggiornato lunedì 8 agosto 2022, ore 10.30.
[1] «Virgo et Sacerdos. Idee femminili di sacerdozio tra Ottocento e Novecento», intervista a Liviana Gazzetta su Letture.org (disponibile qui).
[2] Intervista a Liviana Gazzetta su Letture.org (disponibile qui).
[3] Liviana Gazzetta, «Una memoria cancellata. Il culto alla “Virgo sacerdos” e la questione del sacerdozio femminile», in Ricerche di storia sociale e religiosa, XL (2011), pp. 179-202. Disponibile online sul profilo di Academia.edu della autrice.
[4] Intervista a Liviana Gazzetta su Letture.org (disponibile qui).