Quando nel 1935 a Virginia Woolf, fu chiesto di fare qualcosa per prevenire la guerra, la sua riposta, dopo la deflagrazione dell’orribile strage del 1914-18 e nel plumbeo orizzonte di una prossima carneficina mondiale, fu meditata, molto articolata ma secca.
In modo originale mandò al diavolo il suo vero o presunto interlocutore (e la schiera degli “uomini colti”, antifascisti come lui) e con l’eleganza propria di una grande scrittrice e valente intellettuale produsse quel capolavoro intitolato Le tre ghinee (1938) dove, in estrema sintesi, invitò la comunità politico-culturale a evitare domande futili e astratte, bensì provvedere agli studi per le donne e finalmente consentire che la loro istruzione fosse tale da valorizzare la diversità di genere.
Tre ghinee
Non a caso le donne erano state estranee alla guerra: “combattere è sempre stato un abitudine dell’uomo, non delle donne”, “si contano sulle dita di una mano gli esseri umani uccisi dal fucile di una donna” – si legge nel primo capitolo. Invitata a sottoscrivere una lettera ai giornali o a diventare componente di un’associazione pacifista oppure a devolvere denaro per tale associazione, Virginia sceglie di scrivere e di elargire pochi ma importanti spiccioli.
I soli che le donne – cui è stato a lungo sottratto il costo della loro istruzione superiore per devolverlo a fratelli e cugini maschi – possono permettersi di spendere: una ghinea per favorire la costruzione di un college (a quel tempo non era consentito alle donne l’insegnamento alla scuole superiori e università); la seconda per consentire loro l’accesso alle libere professioni e una terza per costituire una Società delle Estranee – ovvero un’associazione femminile capace di difendere autenticamente la pace, nonché “Giustizia, Uguaglianza e Libertà”.
La scrittrice era convinta che solo così (“non solo con le idee ma con il modo di vivere”) tali nobili fini si sarebbero concretizzati e la guerra evitata. Tuttavia, né si fece quell’investimento né si mantenne la precaria pace sottoscritta a Versailles. Di lì a poco scoppiò il secondo conflitto mondiale.
Quando mi capita di vedere eleganti rappresentazioni di donne in lettura e gli splendidi antecedenti iconografici di Maria e di altre figure femminili bibliche con libri tra le mani, la voce della Woolf mi si ripresenta attualissima.
La maggior parte delle donne che oggi possono permettersi il lusso di leggere non ordiscono guerre; investono il loro tempo a riflettere su pagine, in cui maestri e maestre della scrittura hanno auspicato tempi di pace, magari descrivendo scenari bellici. Per la lettura è indispensabile calma e quiete, proprie del tempo di riposo e naturalmente di pace.
Così mi piace immaginare alcune mie studentesse con occhi che scrutano testi cartacei e virtuali. Non solo i testi assegnati per letture estive dagli insegnanti ma anche quelli scelti personalmente. Giornali, riviste, canzoni, quadri e statue, film, serie televisive rimandano a opere letterarie. Le segnalazioni vengono persino da giornaliste e reporter attivi sui terribili scenari delle guerre in corso.
Alle immagini di lettrici che arricchiscono la tradizione figurativa dell’Ottocento (basti per tutti citare La lettrice di Federico Faruffini o La lecture di August Renoir con due splendide ragazzine con lo sguardo assorto su uno stesso testo) è dedicato un libro di Anna Finocchi (Lettrici, 1992) dove la studiosa segnala che in quel tempo la lettura appare conquista di un esercizio intellettuale, un modo d’essere in cui sempre più la donna si concentra all’interno di sé.
Vi è ritratto “l’universo della vie interieure”. E se tale modus vivendi fotografa e favorisce istanze di indipendenza e difesa del genere femminile in ambito sociopolitico e artistico, dal punto di vista iconografico i prototipi si trovano nella tradizione dell’arte sacra.
Maria e il libro
Sono numerose le immagini della Vergine con un libro tra le mani, sia al momento dell’Annunciazione (Antonello da Messina nell’Annunciata di Monaco, e in quella poco più tarda di Palermo, pone il libro della Vergine, come uno “zoccolo duro”, alla base dei due dipinti) sia in altri momenti della sua vita.
Ricordo volentieri il Polittico dell’Assunta (1539-40) di Gaudenzio Ferrari che si trova nella Chiesa bramantesca di Santa Maria di Piazza a Busto Arsizio, in provincia di Varese. In una delle quattro scene della predella (forse opera di un allievo del Maestro) che illustrano episodi della vita di Maria, la giovane donna è ritratta nella bottega di Nazareth. Siede a terra, assorta nella lettura di un libro.
È appoggiata con la schiena al muro, ai piedi di un tavolo di falegnameria sul quale Giuseppe sta lavorando, seguito dallo sguardo attento di Gesù ragazzino. Una posa mariana inusuale che ricorda quella di una mia alunna che, in occasione dei recenti esami di Maturità, sedeva a terra nel corridoio della scuola con le gambe incrociate, persa tra le pagine di un manuale in attesa del colloquio orale. Le immagini ci colpiscono perché richiamano alla mente visioni interiori intrecciate ai vissuti dalla propria storia.
Concludo segnalando una miniatura rappresentante la Natività (MS 69 folio 48r) che si trova nel “Fitzwilliam Museum” di Cambridge. Eseguita a tempera e oro, tratta da un Libro d’Ore composto a Besançon, attorno al 1450 circa, ritrae Maria che studia la Torah, mentre Giuseppe – ai suoi piedi – culla teneramente il Bambino.
La scelgo non solo per l’importante omaggio alle capacità intellettive di Maria, oltre che alla delicatezza di Giuseppe. Ma anche per la località in cui questo brano miniato si trova: quella Cambridge che fu ricca di college per “figli (maschi) di uomini colti” e dove nell’ottobre del 1928 Virginia Woolf tenne due conferenze in un frugale e raro collegio femminile per parlare di “Donne e narrativa”.
Da queste lecture uscirà uno scritto con un bellissimo titolo ancora attuale: Una stanza tutta per sé (A Room of One’s Own,). C’è la denuncia di un’assenza, dato che le donne nei secoli non hanno avuto una propria stanza in cui leggere o scrivere o disegnare né hanno conseguito riconoscimenti per le loro abilità intellettuali e artistiche. C’è altresì la richiesta di uno spazio che ciascuna donna saprà ritagliarsi a propria misura. Anche Maria lo ha fatto su suggerimento di un libro divino.