Vicinanza pastorale alle persone omosessuali. Per una Chiesa ospitale che non esclude nessuno: è il titolo di un documento dei vescovi della Fiandre (Belgio) che porta la data del 20 settembre. Due gli elementi di rilievo: l’istituzione di un servizio pastorale per le persone omosessuali dentro il servizio interdiocesano di pastorale familiare e la traccia di un momento di preghiera per sostenere l’impegno di amore e di fedeltà di una coppia omosessuale.
Il servizio pastorale centrale (una persona a tempo pieno, Willy Bombeek) è il segnale per una rete che dovrebbe avere rappresentanti nelle diocesi. Giunge così all’istituzionalizzazione una pastorale che è da tempo attiva in tutte le diocesi belghe, anche quelle francofone.
La traccia di preghiera prevede: un saluto di accoglienza da parte del responsabile liturgico, una preghiera di introduzione, letture dalla sacra Scrittura, l’impegno della coppia e la preghiera comune.
Un servizio pastorale centrale
Il documento ricorda il clima di rispetto, di riconoscimento e di integrazione che accompagna l’azione pastorale verso le persone omosessuali. Il riferimento è alla esortazione postsinodale Amoris laetitia dove si afferma: «Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione” e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza» (n. 250).
Si tratta del percorso per l’accettazione delle persone di orientamento omosessuale. Fra queste alcune rimangono celibi, altre invece «preferiscono vivere in coppia, in modo duraturo e fedele con un partner». Si sottolinea che questo rapporto, «pur non essendo un matrimonio religioso, può essere fonte di pace e di serenità condivise».
L’attenzione agli omosessuali si allarga a quella delle loro famiglie, anch’esse oggetto di una guida pastorale rispettosa e cordiale. Il testo registra il «crescente riconoscimento sociale» del fenomeno, ma anche la possibile «violenza omofobica che può rialzare la sua testa minacciosa».
Si registra la sofferenza delle persone e delle coppie omosessuali quando si sentono escluse dalle comunità, mentre fra loro si aprono spesso cammini di discernimento spirituale e di crescita interiore. Come sottolinea Amoris laetitia: la coscienza credente «può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che, per il momento, è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo» (n. 303).
Aiutare ciascuno a trovare il proprio posto nella comunità risponde all’imperativo della misericordia di Dio. Tutti siamo oggetto di misericordia e nessuno dovrebbe essere condannato per sempre (AL 297).
Preghiera, non un matrimonio
Si può dare una risposta alla crescente domanda di preghiera sulle coppie omosessuali. Il testo ne offre una breve traccia e fornisce anche un’ipotesi di preghiera per gli interessati: «Dio di amore e di fedeltà, oggi siamo davanti a te, circondati da familiari e amici. Ti ringraziamo per averci permesso di ritrovarci. Vogliamo essere l’uno per l’altro in ogni circostanza della vita». La comunità è chiamata, a sua volta, ad una preghiera di intercessione: «Accompagniamo gli amici con le nostre preghiere. Conosci il loro cuore e il percorso che intraprendono insieme. Rendi forte e fedele il loro impegno reciproco». La preghiera del Padre nostro potrebbe concludere il rito.
C’è una vistosa attenzione a mantenere la diversità − non solo del rito, ma anche delle singole parole − rispetto al sacramento del matrimonio. Non c’è formalmente una benedizione sulla coppia, non c’è lo scambio di un consenso dei partner, non ci sono segni come anelli o corona. Ma rimane il fatto: è la prima traccia di una celebrazione comunitaria che mette al centro la coppia omosessuale. Pur non essendoci una benedizione formale, vi è un contesto di preghiera intercessoria che gli è molto prossimo.
In tutte le immediate reazioni dei media si sottolinea la distanza rispetto al Responsum della Congregazione della dottrina della fede pubblicato il 15 maggio 2021. Lì si motiva un no deciso contro ogni forma di benedizione.
Argomentando sulla vicinanza fra benedizione, sacramentali e sacramenti, si considera illecita ogni benedizione su partenariati anche stabili che implicano una prassi sessuale fuori del matrimonio, come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso. E si conclude: «La Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso nel senso sopra inteso».
Può darsi che l’ipotesi pastorale dei vescovi fiamminghi non soddisfi i criteri curiali, ma è certo che il documento del 2021 non ha soddisfatto pienamente papa Francesco che di lì a pochi mesi ha trovato una sede episcopale (Reggio Emilia) per il suo estensore, allontanandolo dalla Congregazione.
Vedo che non si apprezza l’ironia.
L’ironia è solo un modo per mettere in evidenza le incongruenze logiche della posizione pro matrimonio omosessuale.
Se si accetta il matrimonio omosessuale perché dovrebbe essere vietata la poligamia?
Perché?
Noi apprezziamo l’ironia se ci fosse.
Noi chi?
Concordo!
Va bene accetto il rimbrotto.
Vorrei però seriamente sapere perché la Chiesa non dovrebbe benedire le unioni poligamiche.
Noi poveri cristi che ci tocca di sopportare le sue presunte ironie.
Ma perché la Chiesa non dovrebbe benedire le unioni poligamiche?
Su quale base etica si possono escludere queste realtà dalla pastorale familiare?
Bisogna essere aperti e inclusivi.
Il passo dei vescovi fiamminghi è veramente limitato e limitante.
Perché pretendere la stabilità del rapporto?
Ogni amore è sempre amore anche quando dura poco tempo.
Non è la quantità di tempo che conta ma la qualità.
Poi ci si limita alle coppie.
Perché?
Occorre pensare che esistono anche rapporti affettivi fra tre persone o più.
Tutti vanno accompagnati e accolti.
Per tutti questi amori si deve pregare.
Non solo per gli amici stabili a due ma anche per gli amici occasionali a tre o quattro o più.
Altrimenti rimaniamo rigidi, settari e formalismi.
Viva l’amore.
“Di lì a pochi mesi ha trovato una sede episcopale (Reggio Emilia) per il suo estensore, allontanandolo dalla Congregazione”. Ma come fa l’autore ad essere certo che si tratti di un caso riconducibile all’adagio “promoveatur ut amoveatur”? Ha parlato con il Santo Padre? Ma dài, siamo seri ed evitiamo queste illazioni di bassa lega.
In molti credo si aspettino scuse per aver visto i propri affetti trattati come sopra, per troppo tempo. Il papa ha già chiesto scusa ai gay. Mancano le sue, gentile Tobia.
Io non debbo le mie scuse a nessuno perché non ho offeso nessuno. Chieda le scuse al Signore Gesù Cristo che ha chiaramente affermato che il matrimonio è tra un uomo e una donna, a S. Paolo che ha condannato ogni relazione sessuale al di fuori del matrimonio e a tutti i padri della Tradizione della Chiesa indivisa.
Qui non si tratta di condannare le persone, Cristo ci ha vietato persino di giudicarle, ma si tratta di custodire la verità delle Scritture anche quando non ci piace, anche quando il suo parlare è duro.
A ciascuno di noi il compito di declinare nella nostra vita quella verità nei modi che riteniamo utili e possibili, questo è il discernimento ( o giudizio pratico illuminato dallo Spirito) che ognuno di noi deve fare, senza pretendere di stravolgere quello che Dio ci ha rivelato, senza autoassolverci.
Comprendo che questo crea nella persona omosessuale un problema profondo, una sorta di aporia morale. Ma non è chiudendo gli occhi alla verità che questo problema si risolve.
Sullo sfondo – e questo vale per tutti i cristiani – resta la nostra natura “mutata” di peccatori, bisognosi di continua misericordia da parte del Padre. Ovviamente se perdiamo questa consapevolezza – chiamando male il bene e bene il male – anche quella misericordia non potrà fare altro che ritrarsi da noi, per il semplice fatto che riteniamo di non averne bisogno.
Saluti.
Ma lei pensa davvero che io abbia il potere di offendere Dio? Ma sorrido per non piangere dopo questa.
Forse mi sono “espresso male”. Lei mi ha chiesto le scuse per aver trattato male gli affetti omosessuali ed io le ho risposto che non sono io a dover rendere le mie scuse ma piuttosto a scusarsi dovrebbero essere il Signore, s. Paolo ed i padri della Chiesa i quali hanno variamente affermato che il matrimonio tra uomo e donna è l’unico luogo di relazione sessuale moralmente ammissibile. Poi decida lei se sorridere o piangere. Concordo con lei che è meglio sorridere e la saluto.
Ascolti San Paolo ha scritto cose che oggi non applichiamo più. Le donne non si coprono più la testa in assemblea e non tacciono come avrebbe voluto Paolo. Quindi le scuse vanno fatte per il semplice fatto che si usano due pesi e due misure. Allora, alcune così e altre no? Ma abbia pazienza.
Ipocrita la distinzione tra benedizione, sacramenti e sacramentali. Ipocrita la distinzione tra unione e matrimonio. La S. Scrittura e la tradizione (tutta la tradizione, senza nessun possibile sofisma variamente ispirato a s. Vincenzo di Lerins) gridano unanimemente contro ogni riconoscimento di relazioni sessuali stabili al di fuori dal matrimonio naturale.
Attendiamo con trepidazione la prossima approvazione da parte di una qualunque conferenza episcopale di Thélema di una “preghiera di benedizione sulle coppie stabilmente adultere”.
Auguri.