Il volume, pubblicato per la prima volta nel 1983, presenta le nove meditazioni e le cinque istruzioni tenute dal cardinale in occasione della predicazione di un corso di esercizi spirituali. Citiamo abbondantemente le parole di Mazza nell’introduzione, perché riassume ottimamente il tema.
Il taglio è volutamente quello degli Esercizi ignaziani, secondo tre piste: vincere se stessi, ordinare la propria vita, superare le affezioni disordinate. Rimuovere l’occasione di affetti disordinati, le cose che non vanno (ambito morale), permette di concentrarsi su un fine uno e unico (ambito delle scelte, o categoriale). Lo stato “solitario” dell’anima la rende più disponibile al Creatore e a riceverne le grazie (ambito trascendentale, che apre all’esperienza quasi di “toccare” Dio, cf. pp. 6-7). Il fine ultimo, quello di vincere se stessi, è abbandonarsi a Dio nella fede. Per questo la figura di Abramo (tratteggiata anche a livello storico nella seconda meditazione) è tipica per tutti i lettori per illustrare i passaggi di un cammino di fede non semplice ma tortuoso e faticoso. Da una fede tradizionale, come spesso è quella ereditata da tutti noi, occorre mettersi in cammino, superando le paure che generano schiavitù, per Abramo presenti nel suo ambiente e anche a casa propria.
Abramo ricevette dei “vangeli”, delle buone notizie: terra e discendenza, che raggiungeranno la loro pienezza e riformulazione nel NT nella consolazione di un discendente e nel dono del Regno. Aperto a Dio nella fede, Abramo ha un comportamento sociale di grande apertura di cuore che va oltre la giustizia sociale (salvezza di Lot e dono delle terre migliori).
Ci sono effetti del kerigma su noi cristiani? Dov’è il nostro tesoro: è la gioia del vangelo. Dove c’è la libertà, l’amore può germogliare (cf. 2Cor 8,9).
Gli stati di preghiera di Abramo sono tre: la preghiera, la lotta, la teologia. La preghiera di ascolto verso Dio diventa preghiera di lamentazione per lo scarto costatato tra la promessa e i fatti concreti. Tutta all’orientale è la preghiera di intercessione di Abramo che, al coraggio sempre crescente del patriarca, fa corrispondere un Dio che vuol salvare perdonando tutti.
Enorme la prova di Gen 22. Con grande fede Abramo deve passare da un Dio che pensa già ben conosciuto, “prevedibile”, a un Dio diverso da come l’aveva capito. La prova di Abramo illustra le nostre, così come le prove di Gesù nell’orto, nel deserto e sotto la croce sono superate nell’obbedienza totale e con l’abbandono fiducioso in Dio. Abramo ebbe la consolazione di poter comprare un pezzo di terra per seppellire Sara e così anche Cristo è il nostro grande consolatore, perché Dio sia tutto in tutti.
La parte seconda (pp. 241-296) riporta cinque istruzioni: il dinamismo della parola; la riforma della vita, l’orazione prolungata, lo spirito penitenziale e la vita comunitaria; Qoelet, gioia del vangelo e il rosario; il discernimento degli spiriti; esercizi e vita quotidiana. Una miniera a cui attingere per il progresso della fede alla luce e con l’aiuto del nostro “padre nella fede”, Abramo, che fra l’altro viene citato nel canone della santa messa.
Carlo Maria Martini, Abramo. Nostro padre nella fede, Collana «Meditazioni bibliche», Ed. San Paolo, Cinisello B. (MI) 2016, pp. 310, € 17,00.