La situazione di instabilità politica e sociale, la povertà e la violenza continuano ad aumentare esponenzialmente in Haiti. Il paese si trova paralizzato dalle operazioni condotte da bande armate, che hanno sostanzialmente bloccato le attività di produzione e la possibilità di reperire i beni primari per la sussistenza della popolazione.
In un recente intervento, la rappresentante dell’ONU in Haiti, Helen La Lime, ha messo in risalto la convergenza “di una crisi economica, di una crisi provocata da gruppi armati e di una crisi politica”. Nonostante questa condizione drammatica, “non si deve perdere la speranza di poter trovare la via verso un domani migliore”.
L’ONU stima che più di 1,5 milioni di persone siano state colpite dai recenti sommovimenti, registrando una preoccupante crescita di violenze di genere – in particolare di stupri, che ricorrono sistematicamente nel paese.
L’ultima ondata di proteste e violenze segue la decisione del governo, annunciata l’11 settembre, di ridurre i sussidi per l’acquisto di carburante al fine di dirottare questi fondi per ampliare il programma di interventi pubblici nel sociale.
Il giorno dopo, un raggruppamento di bande armate ha messo sotto assedio il principale terminal petrolifero di Haiti, bloccando di fatto i trasporti.
Valerie N. Guarnieri, vice-direttrice esecutiva del World Food Programme, ha detto di attendersi “un ulteriore peggioramento della sicurezza alimentare nel paese per quest’anno, sorpassando la barriera di 4,5 milioni di persone che dovranno far fronte a una crisi o anche livelli più alti di insicurezza alimentare, comprese 1,3 milioni di persone che si trovano in condizioni di urgenza alimentare”.
A causa del controllo del territorio per mano delle bande armate, e delle loro operazioni di violenza contro la popolazioni, Guarnieri stima che circa 6 milioni di dollari di aiuti alimentari da parte dell’ONU e di altre organizzazioni siano andati persi in ragione di queste operazioni delle bande armate, che si intensificano durante le fasi più critiche della stagione degli uragani – proprio quando la popolazione ha maggior bisogno di supporto alimentare.
“A causa della situazione di illegalità, e delle condizioni ambientali in cui ci troviamo a operare, non ci è possibile garantire il nostro supporto a tutte quelle persone che hanno bisogno del nostro aiuto” – ha rimarcato Guarnieri. Le continue violenze mettono a repentaglio anche il personale dell’ONU e delle ONG che operano nel paese, rendendo ancora più complessa l’attività di aiuto e sostegno alla popolazione.
Per questo, secondo Guarnieri, “è necessario aumentare gli aiuti da parte degli stati membri dell’ONU, al fine di facilitare in maniera significativa l’accesso e la protezione delle organizzazioni umanitarie, del loro personale e dei beni da distribuire”.
Nel luglio scorso, il Consiglio di sicurezza dell’ONU aveva adottato una risoluzione in cui si chiedeva di sospendere ogni importazione di armi leggere – che finiscono inevitabilmente nelle bande armate. La Cina aveva chiesto una misura più dura, ossia la proclamazione dell’embargo totale: “è necessario passare da una misura volontaria a una obbligatoria” – ha affermato l’ambasciatore cinese G. Shuang.
Attualmente, Stati Uniti e Messico, che avevano redatto la risoluzione di luglio, stanno lavorando a un nuovo testo – nella consapevolezza che “se non si ferma la violenza delle bande armate, non sarà mai possibile una stabilizzazione di Haiti” (J.R. de La Fuente, rappresentante permanente del Messico presso l’ONU).
A questi sforzi della diplomazia internazionale deve corrispondere un deciso passo politico da parte dei rappresentanti haitiani stessi – e per consentire questo, secondo La Lime, si rende necessaria un’azione urgente del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
“Le parti haitiane hanno ripreso a impegnarsi con un senso di urgenza – ha detto La Lime. Nelle scorse settimane, il governo, gruppi politici e organizzazioni della società civile, hanno aperto un nuovo giro di consultazioni per trovare vie che permettano la creazione di un ampio consenso verso le elezioni. Solo che non siamo ancora giunti alla meta sperata”.
Uscire da questa situazione di stallo non sembra essere impresa facile, mentre nel frattempo cresce la misura della disperazione che caratterizza il vissuto quotidiano della popolazione.