Con la dispersione di tutta la comunità di Gerusalemme, fatta eccezione degli apostoli, Luca registra in At 8,4-25 quello che potremmo chiamare il primo allargamento della Parola – gettata fuori da quel perimetro in cui tutti insieme erano cresciuti nella familiarità con essa.
Fin dall’inizio della sua narrazione, tutta concentrata a Gerusalemme, Luca ha avuto l’attenzione di disseminare segnali verso l’altra faccia della luna della nascente comunità cristiana – ossia, verso i gentili. Indicando che, mentre disegnava il principio della comunità giudeo-cristiana, anche loro erano destinatari non solo del suo racconto ma anche della promessa di Dio che esso annunciava.
Nel momento in cui la Parola si allarga oltre Gerusalemme, aumenta l’importanza di tenere narrativamente conto di questo doppio destinatario di Atti. Cosa che Luca fa puntualmente – mediante la convocazione dei dodici sulla scena del racconto e con l’invio da parte della comunità apostolica di Pietro e Giovanni nella città di Samaria in cui Filippo aveva esercitato con successo il suo ministero apostolico di disseminatore della Parola. La comunità discepolare che nasce fuori da Gerusalemme ha la medesima legittimità e dignità di quella generata al suo interno dall’evento di Pentecoste.
Luogo e non-luogo
Non importa dove si origina la fede e si genera una comunità, perché il battesimo e il dono dello Spirito non sono legati a nessuna appartenenza etnica o culturale – e generano un senso di partecipazione e comunanza che è chiamata a distinguersi da esse.
Ma essere dentro o fuori “Gerusalemme” non è fatto irrilevante per il cristianesimo, perché i luoghi e i tempi dell’ingresso nella comunanza cristiana entrano anch’essi a farne parte. Solo così si può rimanere fedeli a quella regola dell’incarnazione che Dio ha scelto come principio del suo rapportarsi all’uomo e alla donna nella storia umana.
Il comune cristiano non è fatto da un universalismo astratto, ma dalla negoziazione, talvolta laboriosa (come accadrà per le comunità paoline rispetto alla comunità di Gerusalemme, e poi a quella giovannea), di modi particolari e singolari di declinare ciò che tutti accomuna.
Perché, quando la dispersione dei corpi, che trascinano con sé la Parola, incontra l’inedito della città, messa ai margini dalla religione di Gerusalemme, la gioiosa adesione a essa chiede proprio la negoziazione di due comuni diversi tra loro che ora si ritrovano accomunati sotto la promessa efficace di Dio.
Occasione, questa, che si origina a partire da una crisi radicale per la prima comunità di Gerusalemme: quella di essere costretta a lasciare le coordinate abituali e familiari che avevano caratterizzato la sua genesi. Questa crisi dei riferimenti, con il cambio di scenario che essa comporta, viene presentata da Luca come opportunità feconda di corrispondere al mandato della Parola nel momento in cui il Signore si era congedato dalla sua comunità.
Il primato della comunità
L’immagine con cui si chiude il vangelo di Luca slitta verso la narrazione di Atti, dove il soggetto del “lieto annuncio della Parola” è, in primo luogo, la comunità di coloro che sono stati dispersi. Il ministero apostolico di Filippo entra in gioco solo in seconda battuta, a titolo esemplificativo di questa circolazione della Parola fuori dai confini di Gerusalemme.
Questo primato della comunità, e del comune a tutti, che ritroveremo anche per riferimento al gruppo dei dodici, non deve essere mai dimenticato quando si immagina il mandato missionario della Chiesa, da un lato, e l’articolazione fra il comune della fede e il particolare di un ministero, dall’altro.
L’intero della città della Samaria si concentra sul ministero esemplificativo di Filippo in ragione dei segni che egli fa circolare in essa: liberazione dal giogo del male e attestazione della venuta del Regno. Segni che non si possono solo vedere, ma anche sentire: parola-corpo che precede e fonda ogni parola-discorso nell’ordine dell’annuncio cristiano. Marcando così il primato delle pratiche del credere sulle logiche del discorso assertivo all’interno di questo ordinamento cristiano del vivere.
Le pratiche del corpo attivate da Filippo sono efficaci perché impattano su un attesa complessiva del corpo della città, un desiderio in cerca della sua giusta corrispondenza. Desiderio fragile e senza orientamento, sempre esposto alla possibilità dell’inganno.
Il flashback narrativo, che riporta l’attività precedente di Simone, dice proprio di questo desiderio alla mercé delle potenze maligne; ma è esattamente sul terreno di questa ambiguità di fondo che lavora la Parola nel suo primo allargamento.
Pietro: inviato dalla comunità apostolica
La linea sottile del controllo dispotico sul sacro e il dono indisponibile dello Spirito attraversa non solo il confronto tra Pietro e Simone, ma accompagna tutta la vicenda della comunità cristiana nelle stagioni del suo pellegrinaggio nella storia degli uomini e delle donne.
La tentazione di un potere di controllo sulle divagazioni dello Spirito e gli allargamenti della Parola è l’ombra secolare rispetto a cui si misura la qualità del comune della fede e del particolare dell’esercizio ministeriale. Nel momento in cui Pietro parla a Simone, egli parla anche a se stesso e a tutti coloro che si ritroveranno nel tempo a maneggiare un’autorità spirituale all’interno della comunità dei credenti.
A questo confronto, frontale e speculare al tempo stesso, Pietro giunge perché mandato, insieme a Giovanni, dal gruppo dei dodici rimasti solitari a Gerusalemme. Questo essere della presenza apostolica laddove la Parola si è portata nei suoi allargamenti risponde alla preoccupazione di Luca di confermare quelle comunità cristiane, fuori da Gerusalemme (e fuori dal giudaismo), che da essi sono nate.
Il ministero apostolico giunge dopo i gesti corporei della fede accesi dalla Parola in uscita, senza esserne l’origine – ed entra, con il suo carisma e mandato particolare, dentro questa dinamica di fuga della Parola dalla concentrazione in un unico luogo.
Vi entra a tal punto che l’allargamento della Parola aderisce ai corpi di Pietro e Giovanni che, nel loro ritorno verso Gerusalemme, ripetono quanto già accaduto attraverso la dispersione dei corpi che, comunitariamente, ha fatto transitare la Parola oltre i confini di Gerusalemme – prima verso una città della Samaria e poi verso l’ovunque del mondo e della storia umana.
Lasciando sul corpo del ministero apostolico il segno di una conferma e ripresa di qualcosa che non era stato attivato da esso.