Una mensa della sinodalità in ogni realtà ecclesiale

di:

sinodalità

Uno studio sulla sinodalità di una teologa e di un teologo accomunati dalla condizione laicale, dall’attaccamento alla Chiesa e dal loro impegno professionale a mettersi al servizio delle loro Chiese locali «per sostenerle nella testimonianza che devono dare nei loro rispettivi continenti e società» (pag. 9).

Sono l’italiana Serena Noceti (docente stabile ordinaria di Teologia sistematica all’Istituto superiore di scienze religiose di Firenze) e il venezuelano Rafael Luciani (docente di ruolo all’Università cattolica di Caracas): entrambi docenti straordinari alla School of Theology and Ministry del Boston College (Massachusetts).

Il titolo è già un programma: Sinodalmente. Forma e riforma di una Chiesa sinodale. Un libro nel quale «entrano in dialogo le riflessioni teologiche e le esperienze ecclesiali dell’America Latina e dell’Europa, specialmente dell’Italia» (pag. 17). Lo pubblica la casa editrice fiorentina Nerbini (2022) ed è dedicato «con gratitudine» a Severino Dianich, uno dei più autorevoli teologi italiani che ha dedicato la sua ricerca al tema della Chiesa.

Struttura e scopo del saggio

L’illuminante prefazione di Alphonse Borras (pagg. 7-12), canonista presso l’Università cattolica di Lovanio, e l’introduzione firmata dall’autore e dall’autrice (pagg. 13-18) presentano la struttura fondamentale del libro che, peraltro, è già intuibile nel relativo sottotitolo Forma e riforma di una Chiesa sinodale.

Una prima parte (capitoli I, II e III), curata da Rafael Luciani e intitolata L’emergere di un’ecclesiologia sinodale – Una definizione più completa di Chiesa, individua nella “forma” della sinodalità «una definizione più completa di Chiesa», in quanto strettamente legata ad una più organica e ampia recezione dell’ecclesiologia del popolo di Dio e della riconfigurazione teologico-culturale delle Chiese locali prospettata dal concilio Vaticano II.

Una seconda parte (capitoli IV, V e VI), curata da Serena Noceti e intitolata Vie di una riforma in prospettiva sinodale, offre puntuali indicazioni perché la Chiesa, consapevole di dover essere semper reformanda, si doti di un modello istituzionale che ne stimoli e ne supporti una complessiva sinodalizzazione, a partire dalla Chiesa locale e dalla vita parrocchiale.

La “conclusione” di ognuna delle due parti riprende i concetti fondamentali sviluppati nei tre relativi capitoli.

Obiettivo della pubblicazione: recuperare la teologia e la pratica della sinodalità, quale dimensione costitutiva e costituente della vita e della missione della Chiesa; esplicitare la revisione in ottica sinodale di stili di vita, di pratiche di discernimento e di strutture di governo ecclesiali; ripensare i rapporti di autorità e di uguaglianza passando a un nuovo modo di procedere ecclesiale fondato sulla base che comprende tutti i fedeli che compongono il popolo di Dio (pag. 15); superare «il modello piramidale e clericale di una Chiesa che insegna e di una Chiesa che impara e segue» (pag. 14). Così da prospettare forse il modello ecclesiale che risponde a quella che Paolo VI il 29 settembre 1963, nel suo discorso di apertura della seconda sessione del Vaticano II, chiamava una «più completa definizione della Chiesa» (pagg. 13, 18, 98, 108 e 144).[1]

Il clericalismo, perversione della Chiesa

Nelle due parti del volume alcune pagine sono opportunamente riservate alla denuncia di quello che papa Francesco considera «una vera perversione della Chiesa»:[2] il clericalismo.

Per stigmatizzare il fenomeno, Rafael Luciani cita tre ricerche (pag. 23): il Rapporto sugli abusi sessuali su minori da parte di preti, diaconi e religiosi maschi nell’area della Conferenza episcopale tedesca tra il 1940 e il 2014, realizzato dalla Conferenza episcopale tedesca e pubblicato nel settembre 2018; il Rapporto finale della Royal Commission sulle risposte istituzionali agli abusi sessuali sui minori realizzato dal governo australiano per studiare il periodo 1950-2017 e pubblicato nel 2017; uno studio pubblicato dal Centro de Investigación y Formación Interdisciplinar para la Protección del Menor (CEPROME) della Pontificia Università della Città del Messico.[3]

Il primo riconosce che «il clericalismo denota un sistema gerarchico-autoritario che può portare il prete ad adottare un atteggiamento di dominio sulle persone non ordinate nelle interazioni, perché occupa una posizione superiore in virtù del suo ministero e della sua ordinazione» (pag. 25).

Il secondo afferma che «il clericalismo è un virus che ha infettato la Chiesa, o qualsiasi Chiesa, per cui si è creduto che le persone di Chiesa, i preti e i vescovi sono, in qualche modo o forma, sacri e al di sopra della gente comune e, a causa di questa sacralità e della loro rilevanza, dovrebbero essere considerati più importanti e protetti» (pag. 23).

Il terzo ritiene che, nell’attuale crisi istituzionale della Chiesa, «il clericalismo è un elemento importante da considerare nella distorsione del potere esercitato dal clero verso chi è chiamato a servire e, a livello istituzionale, dalla gerarchia verso il popolo di Dio» (pag. 25).

Per Serena Noceti «il cuore del clericalismo è nel non ancora avvenuto superamento di una visione piramidale della Chiesa e di una lettura gerarchico-sacrale del ministero ordinato, sia per i preti sia per i laici, come anche nella mancata recezione della teologia del popolo e del rinnovamento della comprensione del ministero di vescovi, presbiteri e diaconi consegnata dal Concilio» (pag. 198).

«Tale cultura è generata e mantenuta attraverso il richiamo a una visione di Chiesa e di ministero con la quale si giustifica la speciale consacrazione di alcuni rispetto al resto dei fedeli, ed è sviluppata attraverso pratiche pastorali, liturgie, simboli, cerimonie, linguaggi, modi di dire, stili di comportamento, aspettative che sovraesaltano il clero a detrimento di altri. Non di rado si sposa a logiche patriarcali e androcentriche» (pag.199). Con la conseguenza che «nessuna riforma in prospettiva sinodale è possibile senza una conversione interiore che superi il clericalismo e senza vivere esperienze sinodali e partecipative che possono essere occasioni per decostruire la mentalità clericale» (pag. 199).

Ancora: «superare il clericalismo – scrive la prof. Noceti – comporta prima di tutto pensare diversamente, decostruire un immaginario falso o parzialmente erroneo sul senso del ministero ordinato, interrompere usi sacrali che niente hanno a che fare con la sequela di Gesù, abbandonare la logica della élite e della carriera ecclesiastica, superare la cultura del segreto e le forme di corporativismo clericale (quando non di casta). Dobbiamo interrogarci senza paura su quale sia l’immagine di prete che viene consegnata in seminario; c’è un sistema che regola le relazioni intraecclesiali fatto di simboli, linguaggi, vesti, forme di vita che vogliono mettere in evidenza la distinzione (e la separazione) più che il servizio umile al e nel popolo di Dio» (pagg. 199-200).

Emersione e consolidamento di un’ecclesiologia in chiave sinodale

Del contributo, particolarmente ricco, offerto da Rafael Luciani nei primi tre capitoli, si possono richiamare alcuni rilevanti elementi.

Il prof. Luciani, profondo conoscitore della realtà ecclesiale latinoamericana, ritiene, come molti altri teologi, che, con l’elezione a vescovo di Roma di Francesco, pastore latinoamericano, sia iniziata una nuova fase nella recezione del concilio Vaticano II anticipata in qualche modo dal Celam, l’organismo della Chiesa cattolica che raggruppa i vescovi dell’America Latina e dei Caraibi, e dalle relative Conferenze, a cominciare da quella di Medellin (1968) fino a quella di Aparecida (2007).

Si tratta di una fase caratterizzata da due elementi.

In primo luogo, dal recupero della categoria popolo di Dio (pag. 51) che struttura la Lumen gentium, uno dei documenti più importanti del concilio Vaticano II, e che aveva subìto un processo di disaffezione nella ricerca ecclesiologica del post-concilio.

E poi dallo sviluppo dell’ecclesiologia conciliare delle Chiese locali che ha avviato un processo di transizione da una Chiesa occidentalizzata e monoculturale, centrata su Roma e sul primato, a una Chiesa globale e interculturale, aprendo la strada al riconoscimento dell’autorità propria delle Chiese locali»[4] (pag. 37), nella consapevolezza che la Chiesa locale, benché non sia Chiesa intera, è comunque una Chiesa completa (pag. 106).

Anzi, il percorso sinodale biennale (dal 2021 al 2023) voluto da papa Francesco per discernere un nuovo modello ecclesiale per il terzo millennio può – secondo il teologo venezuelano – essere l’evento ecclesiologico più importante dell’attuale fase di recezione del concilio Vaticano II ispirato appunto all’ecclesiologia del popolo di Dio alla luce di un modello di Chiesa di Chiese» (pag. 102).

In quanto dimensione costitutiva e costituente della vita ecclesiale, la sinodalità non può essere identificata con un evento specifico né ridotta ad un metodo. Essa è più di un concilio, di un sinodo o di un consiglio (pag. 39). «Parlare di sinodalità non è una questione di capire e modificare semplici modalità operative o metodi che permettano ai soggetti ecclesiali di interagire meglio tra loro e con il mondo. Si tratta piuttosto di riconoscere un nuovo modo di essere e di fare Chiesa, una ecclesiogenesi, in cui i modi di procedere ecclesiali – spirituali, pastorali, istituzionali – rendono possibili molteplici e diversi modelli teologico-culturali-istituzionali e costituiscono così la Chiesa secondo ogni epoca e cultura» (pagg. 97-98).

«La sfida è quella di sinodalizzare tutta la Chiesa e di creare nuove strutture e istituzioni per questo processo» (pag. 138).

Una riforma ecclesiale in prospettiva sinodale

Sui contenuti di una riforma della Chiesa in prospettiva sinodale si sofferma Serena Noceti, una delle più apprezzate teologhe italiane e autrice di scritti particolarmente significativi in tema di teologia dei ministeri.

Per la teologa fiorentina, una Chiesa che si riconosca e viva in forma sinodale comporta una reale e impegnativa riconfigurazione della ministerialità ecclesiale (cap. 4), richiede una ridisegnazione dell’esercizio del potere nella Chiesa alla luce del principio che «ciò che riguarda tutti, da tutti deve essere trattato e approvato» (cap. 5) e presuppone una profonda riforma dell’ordinamento canonico per passare da una sinodalità consultiva a una sinodalità deliberante (cap. 6).

Mi sembra di notevole importanza ciò che l’autrice scrive relativamente alla necessità di riconfigurare, in una Chiesa dallo stile sinodale, la ministerialità.

Elenco alcune “cose” da fare:

  • acquisire la consapevolezza che, nella Chiesa, «tutti i christifideles hanno pari dignità e sono soggetti co-costituenti il “Noi ecclesiale”, pur nella asimmetria che il ministero ordinato apporta nelle relazioni intraecclesiali» e «tutti, nella pluralità di carismi e ministeri, sono corresponsabili dell’unica missione messianica» (pagg. 148-149);
  • costruire una Chiesa tutta ministeriale nella quale tutti e tutte assumono compiti piccoli o grandi «per l’edificazione ecclesiale, come indicato in Ef 4,7-16» (pag. 162);
  • garantire condizioni e spazi perché la parola competente, pubblica, autorevole delle donne possa risuonare ed essere accolta quale parola essenziale e costitutiva per fare Chiesa, superando la cultura clericale-maschilista e la struttura patriarcale (pagg. 173-174);
  • valorizzare la ministerialità delle coppie di sposi ascoltandone la voce, «in particolare quando si vuole costruire consenso valorizzando le differenze esistenti, quando si vuole aprire la via pastorale agli spazi di un quotidiano già segnato dalla presenza del Dio della vita che però le categorie tradizionali della teologia e della predicazione clericale non riescono a riconoscere» (pag. 178);
  • superare il modello gregoriano-tridentino di Chiesa, «incentrato sulla sacramentalizzazione, strutturato intorno al ministero del sacerdote e alla cura animarum che lo vede protagonista, statico perché pensato per custodire la fede senza che questo comporti mutamenti se non lenti» (pagg. 180-181);
  • avere, nella Chiesa, «nuove figure di vescovi e presbiteri, meno sacrali e più capaci di rispondere positivamente alle istanze che vengono dal contesto di tarda secolarizzazione» (p. 180);
  • ripensare lo specifico del presbiterato, superandone le letture insistenti sul potere sacro, sul carattere, sulla logica sacerdotale di mediatori tra Dio e il popolo, da alter Christus, codificate dal conicilio di Trento e alimentate da documenti pontifici fino a Pio XII (p. 187).
Cibo nutriente per una mensa della sinodalità

«Avviare una vera stagione di sinodalità, che è una stagione di preghiera e di pensiero, una stagione di lettura dei segni dei tempi e di discernimento, una stagione di ascolto dello Spirito e di decisioni necessarie. Nelle comunità non dovrebbe, perciò, più mancare accanto a quelle della Parola, dell’eucaristia e della carità, la mensa della Sinodalità». «La […] modulazione del cammino preparatorio verso la XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, che si celebrerà nell’ottobre 2023, potrebbe essere la giusta occasione per dare forma e vita a una tale stabile mensa della Sinodalità in ogni parrocchia».

È, questa, la prima delle «dieci cose che si possono fare subito» che Armando Matteo, docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Urbaniana di Roma e neo Segretario per la Sezione dottrinale del Dicastero per la dottrina della fede, segnala nella parte conclusiva del suo saggio dall’intrigante titolo Convertire Peter Pan. Il destino della fede nella società dell’eterna giovinezza, pubblicato lo scorso anno dalla casa editrice milanese Àncora.[5]

Quella di dare forma e vita a stabili “mense della Sinodalità” in ogni realtà ecclesiale mi sembra una proposta intelligente e di straordinaria importanza per scongiurare il grande rischio di fare della sinodalità una nuova parola magica che durerà il tempo di una rosa»[6] o «una parolina stagionale che si inventa per rilanciare le pastorali depresse che hanno perso il cuore e l’anima».[7]

La “mensa della sinodalità” potrebbe essere una formula efficace per prendere atto del ricco e innovativo magistero di papa Francesco sulla sinodalità, per riflettere sui contenuti del documento della Commissione teologica internazionale La Sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, per promuovere gruppi di lettura di qualche testo di teologia.

Un saggio teologico sulla sinodalità decisamente molto utile e alla portata di tutti è Sinodalmente. Forma e riforma di una Chiesa sinodale, scritto da un teologo e una teologa che di sinodalità non solo disquisiscono con competenza a livello accademico, ma che la sinodalità cercano di contribuire ad affermarla nei fatti, consapevoli che tutti, nel ruolo che ognuno ha nella Chiesa, siamo chiamati a costruirla non occasionalmente ma strutturalmente,[8] promuovendola ad ogni livello ecclesiale.[9]

Chi avrà l’opportunità di partecipare a qualche “mensa della sinodalità” potrà trovare nel libro di Rafael Luciani e di Serena Noceti un ottimo “piatto” contenente “cibo” decisamente nutriente.


[1] In questo memorabile discorso Paolo VI auspicava, da parte del Concilio, una definizione della Chiesa “completa” (n. 4.1), “specifica” e “sufficientemente completa” (n. 4,1), “più accurata” (n. 4.2), “compatibile con il linguaggio umano” (n. 4.7).

[2] Così Francesco ha definito il clericalismo nel corso del dialogo del 5 settembre 2019 con i gesuiti del Mozambico e del Madagascar.

[3] Daniel Portillo (coordinador), Tolerancia Cero. Estudio interdisciplinar sobre la prevención de los abusos en la iglesia, PPC Editorial, 2022. Va detto che anche il rapporto francese della Ciase (Commission Indépendant sur les abus sexuels dans l’Église), costituita nel 2018 per indagare sugli abusi compiuti in Francia da membri del clero negli ultimi settant’anni (1950-2020), individua nell’eccesso di sacralità riversata sulla figura del prete l’instaurarsi di una vera e propria cultura dell’abuso: il rapporto della Ciase è stato reso pubblico il 5 ottobre 2021.

[4] Evangelii gaudium n. 32.

[5] Mi permetto di rimandare a Cristianesimo alla Peter Pan, di Andrea Lebra, in SettimanaNews del 22 ottobre 2021. La citazione è rinvenibile a pag. 111 del volume citato.

[6] Gilles Routhier, La sinodalità: dimensione costitutiva della Chiesa ed espressione del vangelo, in Concilium, n. 2 del 2021, pag. 112.

[7] Michele Giulio Masciarelli, Un popolo sinodale. Camminare insieme, Tau Editrice, Todi (Pg) 2016, pag. 187.

[8] Francesco, Momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale (9 ottobre 2021).

[9] Francesco, Discorso ai partecipanti della plenaria della Congregazione per la dottrina della fede (29 gennaio 2016).

Print Friendly, PDF & Email

Un commento

  1. ANDREA LEBRA 16 ottobre 2022

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto