Domenica 9 ottobre Papa Francesco ha dichiarato santo per la Chiesa il fondatore dei Missionari di San Carlo, Scalabriniani, monsignor Giovan Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza dal 1876 al 1905.
Un Vescovo lombardo, comasco, che di fronte alle miserie socioeconomiche della comunità affidata alla sua cura pastorale, oltre alla diffusione della Parola, si dedicò alle opere di tutela e di promozione umana di strati sempre più ampi di una umanità impoverita e sfruttata come le mondine o i contadini tiranneggiati dai padroni terrieri, oppure i sordomuti a rischio di esclusione dalla società a motivo della disabilità.
Un impegno che pervadeva idealmente anche la sua opera di formazione cristiana delle nuove generazioni con l’insegnamento della fede attraverso il catechismo.
I sinodi
La sua attività pastorale di vicinanza alla gente è infaticabile. Celebra tre Sinodi, 1879,1893,1899; fa cinque visite pastorali in tutte le parrocchie della Diocesi: “sente l’odore delle sue pecore”. Ma la motivazione fondamentale della sua santità è stata la devozione radicatasi nei suoi confronti da parte dei migranti cattolici di tutto il mondo.
Un Vescovo che vede spopolarsi i suoi paesi di montagna e che, a pochi anni della costruzione di uno stato nazionale, vede partire masse di miseri alla ricerca del pane, lasciate a sé, senza tutele e difese da parte delle autorità.
Denuncia «l’emigrazione indotta da agenti di emigrazione senza scrupoli, veri sensali di carne umana» e favorisce la nascita nel porto di Genova di un luogo in cui i migranti possono trovare aiuto e informazioni in modo da evitare «che gli agenti dell’emigrazione spogliassero il povero emigrante prima in Provincia, poi al Porto e infine sulla nave».
Il 28 novembre del 1887 fonda la Pia Società che diverrà in seguito la Congregazione dei Missionari di San Carlo. La sua opera nasce in un contesto di conflittualità tra Stato e Chiesa e di tensioni interne alla Chiesa stessa tra intransigenti, che difendono a spada tratta il Papa e l’ordine costituito travolto dagli eventi della Rivoluzione francese, e i transigenti che ritengono le prerogative del Pontefice non più conciliabili coi tempi e che la Santa Sede debba intraprendere un cammino di dialogo con il neonato Stato italiano liberale.
Rerum novarum, missione, poveri
Il 15 maggio del 1891 Papa Leone XIII pubblica l’enciclica Rerum Novarum che sta alla base della dottrina sociale della Chiesa: un’iniziativa divenuta necessaria per contrastare il proselitismo socialista che trovava veloce diffusione tra le masse diseredate, sfruttate nei campi e nei primi impianti industriali.
Lo stesso Scalabrini pubblica nel 1899 l’opuscolo: “Il socialismo e l’azione del clero” per chiedere ai sacerdoti di essere vicini alla propria gente condividendone i bisogni e la vita. Sprona i suoi preti a mantenersi in contatto con i lavoratori, afferma: «Ai nostri giorni è quasi impossibile ricondurre la classe operaia alla Chiesa, se non manteniamo con essa relazione continua fuori della Chiesa. Dobbiamo uscire dal tempio, o venerabili Fratelli, se vogliamo esercitare un’azione salutare nel tempio. Uscire ma per santificare. Dobbiamo altresì essere uomini del nostro tempo… Miei cari, il mondo cammina e noi non dobbiamo restare addietro per qualche difficoltà di formalismo o dettame di prudenza malintesa…» (Lettera Pastorale Centenario di S. Luigi, 1891) .
Scalabrini sceglie di dedicarsi alle povertà di cui è testimone. Povertà che spingono a lasciare la terra in cui si è nati per cercar fortuna altrove. Questa sua dedizione rivolta alle necessità locali della sua gente lo porta ad esplorare altri spazi di promozione sociale che vanno oltre i confini dell’Italia per seguire i migranti della sua diocesi partiti per le Americhe.
Chiede alla Chiesa di spendere risorse economiche e umane non solo per le missioni verso i popoli lontani da convertire, ma di sostenere anche la fede di chi è già cattolico e si reca in continenti spesso ostili. L’istanza che lo anima è la visione di una chiesa cattolica, universale, in dialogo tra le Chiese nazionali, da quelle di partenza a quelle di arrivo. Annuncia il Vangelo e pretende tutele sociali e giustizia per coloro che sono costretti ad emigrare.
Lui stesso contrasta un progetto di legge del 1888 del governo Crispi che vuole riconoscere la legittimità di attività degli agenti e subagenti di emigrazione che, promettendo scenari da Eldorado nei paesi di arrivo, imbrogliano e derubano contadini analfabeti, consegnandoli a sfruttatori attivi nel Nord America o ai nuovi negrieri del Brasile, a corto di manodopera nera ormai affrancata.
La costanza di Scalabrini e dei suoi collaboratori riesce a bloccare il progetto normativo e consente di introdurre delle migliorie. Nel gennaio del 1901, tre anni dopo, viene approvata ed entra in vigore la tanto attesa legge. Al governo c’è Giuseppe Zanardelli. Scalabrini definisce tale norma – avocandola – come «la nostra legge». Finalmente lo Stato si prende cura dell’accompagnamento e della tutela dei suoi cittadini che emigrano – dalla partenza all’arrivo.
Le Americhe
Dopo aver inviato nel 1887 i primi missionari a seguire i migranti in partenza, fonda nel 1889 l’associazione laicale San Raffaele e il 25 ottobre del 1895 fonda le Suore Missionarie di San Carlo: due nuovi istituti necessari al compimento del suo progetto di dar vita ad un percorso duraturo nel tempo a beneficio dei migranti e della Chiesa universale.
Così come aveva visitato in lungo e in largo la sua Diocesi, si reca in visita alle missioni scalabriniane nelle Americhe. Negli Stati Uniti nel 1901 e in Brasile nel 1904, incontra i vescovi e le autorità civili locali per facilitare la comunicazione e la conoscenza tra i suoi missionari e il contesto delle loro attività sociali e pastorali.
Lo spirito e l’opera di San Giovanni Battista Scalabrini sono oggi di grande attualità proprio per aver visto – già allora – non solo le sofferenze dei migranti, ma anche, nella mescolanza dei popoli e dei cattolici dei diversi continenti, le potenzialità di promozione di una nuova umanità e quindi della realizzazione della cattolicità della Chiesa.
Scalabrini affermava che «l’emigrazione non è un piacere, ma una necessità ineluttabile, una estrema ratio”, ma anche che emigrare è un diritto naturale: «Emigrano i semi sulle ali dei venti, emigrano le piante da continente a continente portate dalle correnti delle acque, emigrano gli uccelli e gli animali, e, più di tutti emigra l’uomo, ora in forma collettiva, ora in forma isolata, ma sempre strumento di quella provvidenza che presiede agli umani destini e li guida, anche attraverso le catastrofi, verso la meta ultima, che è il perfezionamento dell’uomo sulla terra e la gloria di Dio ne’ cieli».
Francesco e Scalabrini
Nell’omelia del 9 ottobre Papa Francesco ricorda Scalabrini non solo per la sua sollecitudine di pastore, bensì ne sottolinea il coraggio e la dedizione alla causa della giustizia per i migranti. La passione sociale del fondatore degli Scalabriniani non si disgiunge dal suo attento e infaticabile annuncio del Vangelo.
Il Papa esclama: «E oggi, nel giorno in cui Scalabrini diventa santo, vorrei pensare ai migranti. È scandalosa l’esclusione dei migranti! Anzi, l’esclusione dei migranti è criminale, li fa morire davanti a noi. E così, oggi abbiamo il Mediterraneo che è il cimitero più grande del mondo. L’esclusione dei migranti è schifosa, è peccaminosa; è criminale, non aprire le porte a chi ha bisogno. “No, non li escludiamo, li mandiamo via”: ai lager, dove sono sfruttati e venduti come schiavi. Fratelli e sorelle, oggi pensiamo ai nostri migranti, quelli che muoiono. E quelli che sono capaci di entrare, li riceviamo come fratelli o li sfruttiamo? Lascio la domanda, soltanto».
Le parole usate, riecheggiano quelle espresse più di un secolo fa da Scalabrini. Sono una denuncia accorata e dolorosa che durante l’omelia ha scatenato un applauso spontaneo da parte della gente che gremiva piazza San Pietro. Un grido di rivolta e di liberazione.
Il Papa con un approccio spontaneo e passionale alle tragedie dei migranti da tempo accusa la pochezza delle politiche di inclusione che gli stati europei mettono in atto. La loro ignavia li vede impegnati più a respingere e a rendere sempre più difficili e pericolose le rotte delle migrazioni contemporanee. Altro termine – sottolineato più volte dal Pontefice è includere in contrapposizione ai pregiudizi, alla divisione tra buoni e cattivi.
A 130 anni dell’opera di Scalabrini – un santo sociale – ci troviamo ancora nelle situazioni in cui chi emigra viene lasciato in balia dei mercanti di sogni e sottomesso ad ogni tipo di umiliazioni e angherie. Gli europei e gli italiani in particolare hanno completamente rimosso la propria storia di miserie e di emigrazione. La vergogna della povertà passata non deve riemergere nella memoria della nostra collettività tutto sommato ricca e aggrappata con le unghie e i denti al proprio benessere.
Migrazioni oggi
Anche oggi come allora leggi discriminatorie vengono proposte dai governi nazionali e, ancora una volta, anche oggi, siamo chiamati a contrastare ogni legge umanamente illegittima. La funzione di costruzione di una nuova umanità affidata alle migrazioni che attraversano continenti, culture e religioni, va riconosciuta e promossa, perché è su questi presupposti che si costruiscono le basi per una pace duratura tra i popoli.
Il binomio evangelizzazione e promozione umana rappresenta la stella polare dell’agire cristiano e non basta agitare i cimeli devozionali per esplicitare un’appartenenza alla storia della salvezza. Il contrasto ai trafficanti non deve ricadere sulle loro vittime.
In questo secolo nuovi tribalismi si sono scatenati, nuove frontiere e cortine di odio si sono innalzate e le masse migranti rappresentano il capro espiatorio di politiche che legittimano esclusioni e discriminazioni.
Bergoglio, figlio dell’emigrazione italiana, ribadisce che la Chiesa non arretra e non si nasconde di fronte alle sfide che il rancore e la disumanità stanno scatenando. Scalabrini a suo tempo ha messo in gioco tutto sé stesso sia per lenire le miserie della migrazione italiana progettando strumenti a sua difesa e tutela.
Oggi gli Scalabriniani – missionari ibridi in quanto non ad gentes ma inter gentes -, ancorati alle chiese locali, sono divenuti, volenti o nolenti, un paradigma della mobilità umana nel mondo. La loro missione, la plantatio ecclesiae, li fa operatori di processi di inclusione dei cattolici di ogni cultura e provenienza nelle chiese locali: un solo popolo di Dio in cammino.
Ai cattolicissimi politici che si accingono a governarci: chi ha orecchie per intendere, intenda.