Diaconi in Libano

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La Comunità del Diaconato in Italia con Caritas italiana, Sezione Medio Oriente e Caritas Lebanon ha avviato un progetto chiamato Diaconia Libano, frutto del convegno nazionale di agosto ad Assisi su La sinodalità come stile diaconale.

Insieme a tre consiglieri della Comunità mi sono recato in Libano dal 13 al 21 di settembre scorso per una presa di coscienza diretta della situazione di povertà e di emarginazione del Paese, oltre che per avviare un progetto con i diaconi libanesi (maroniti e latini).

Un quadro sconfortante

La realtà che è emersa ci ha confermato quanto già conoscevamo attraverso gli incontri preparatori del viaggio con il responsabile della Sezione Medio Oriente di Caritas italiana, Danilo Feliciangeli.

Ormai da lungo tempo il Libano è afflitto da una molteplicità di problemi, che ne hanno minato la stabilità e lo hanno impoverito a livelli drammatici, provocando un massiccio esodo di milioni di libanesi e tuttora inducendo i giovani a cercare un futuro altrove.

Due fattori hanno determinato l’attuale crisi economica-sociale-politica che ha messo in ginocchio il Paese: la guerra civile (1975-1990) e l’esplosione al porto del 4 agosto 2020, distrutto in gran parte da tonnellate di nitrato d’ammonio abbandonate nei depositi portuali, che ha provocato 218 morti, 7.000 feriti, e lasciando oltre 300.000 persone senza casa.

Palazzi sventrati, abitazioni vuote, negozi chiusi. Il centro città di Beirut è chiuso e, per entrare, bisogna chiedere l’autorizzazione. Strade vuote come al tempo del lockdown, un luogo spettrale.

Abbiamo potuto constatare un ulteriore deterioramento delle condizioni economiche aggravate dall’assalto alle Banche, proprio nei giorni della nostra permanenza nel Paese, perché nella maggior parte degli sportelli automatici non è più possibile prelevare e dai disordini scoppiati nella città di Tripoli, già alle prese con gravi problemi di convivenza e di degrado.

Le crisi infinite hanno avuto un profondo impatto sul settore educativo. Molte famiglie ricorrono a meccanismi di coping strategies negative che mettono a repentaglio la vita e lo sviluppo dei propri figli. Come affermato dall’UNICEF, il 15% delle famiglie ha interrotto l’istruzione dei propri figli e il 9% li ha mandati a lavorare.

Tutte queste problematiche sono state ovviamente aggravate dalla crisi Covid.

Da ottobre 2019 la lira libanese ha perso il 90% del suo valore e – secondo quanto riferito la Banca Mondiale – la recessione che vive il Paese dei Cedri potrebbe essere la peggiore al mondo dagli anni ’50 dell’Ottocento. Il Pil è crollato dai 55 miliardi del 2018 ai 33 del 2020, causando un aumento dell’inflazione che si teme possa essere ancora peggiore nel corso del 2022. Sempre più persone sono vittime della povertà estrema e della fame.

Alla crisi finanziaria, si aggiunge poi quella politica. Il Libano non ha un governo da agosto 2020, mese dell’esplosione. Uno stallo inaccettabile, considerato il dramma umano vissuto da centinaia di migliaia di libanesi a causa della grave situazione economica. La maggioranza dei libanesi è disoccupata o guadagna un salario minimo. Lo stipendio dei pubblici dipendenti (magistrati compresi) non supera mediamente i 39 dollari mensili.

Una crisi finanziaria e sociale, quindi, che si protrae ormai da tempo: già nell’aprile del 2018 una conferenza internazionale di donatori aveva stabilito per il Libano un prestito di 11 miliardi di dollari in cambio di “riforme economiche” che tuttavia non sono state ancora implementate.

Beirut vorrebbe inoltre ottenere un ulteriore prestito di 10 miliardi dal Fondo Monetario Internazionale, ma la condizione per la ricezione dei fondi è la formazione di un nuovo governo.

Nel frattempo, anche sul fronte sanitario la situazione non migliora: il sistema sanitario libanese risulta al collasso, scarseggiano medicinali e forniture mediche e in molti, fra medici e infermieri, hanno scelto di lasciare il Paese. La sanità è privata e costosa. Durante la giornata ci sono momenti di blackout che creano enormi disagi.

Pertanto si è creata una situazione che ha portato ad una forbice impressionante tra una minoranza di super-ricchi con le risorse all’estero e la maggioranza della popolazione, che peraltro non pare aver sviluppato una coscienza politica di questa disuguaglianza.

Si aggiunge a questo la costante minaccia di un’escalation militare nel Sud al confine con Israele e il grande numero, storico e recente, di profughi siriani a nord e a est (soprattutto nella regione della Bekaa), che vivono in campi, sovraffollano le aree (70 famiglie per complessivi 500 membri, di cui 189 minori) e accettano lavori sottopagati causando le proteste dei lavoratori libanesi; da ciò nascono tensioni sociali e difficoltà anche acute di convivenza.

La complessità delle comunità religiose e la politica

Esiste una complessa situazione della variegata presenza cristianesimo-islam.

L’islam è diviso tra sunniti, legati all’Arabia Saudita; sciiti, legati all’Iran; alawiti, “parenti poveri” degli sciiti e residenti soprattutto nel poverissimo Nord (area di Tripoli del Libano).

Il cristianesimo conosce una pluralità di confessioni, in buona parte cattolica: maroniti, di gran lunga maggioritari, latini, siriaco-antiocheni, greco-melchiti, armeni.

Naturalmente ci sono gli ortodossi e non mancano le Chiese protestanti, che, tra l’altro, stanno facendo proselitismo tra i cristiani poveri attraverso interventi economici finanziati dalle Chiese madri.

La Chiesa maronita gestisce economicamente numerose opere, sia in campo educativo – dalla materna all’università – sia in campo sanitario, e lo fa con i criteri privatistici tipici del Paese.

Un discorso a sé meritano i drusi: di origine egiziana e nella tradizione ismailitica, pur provenendo dall’islam non si considerano di per sé musulmani e definiscono sé stessi “unitari”.

Nella nostra missione abbiamo avuto la possibilità di incontrare i capi religiosi di tutte le realtà sopra citate, sempre bene accolti, che ci hanno quasi unanimemente raccomandato di sostenere il Libano e soprattutto i giovani che vanno via dal Paese per trovare lavoro (sono più quelli che vivono all’estero che quelli che risiedono in Libano).

Il Paese è gestito, dal punto di vista politico-istituzionale, dalle tre componenti religiose maggioritarie: i cristiani maroniti, i musulmani sunniti e gli sciiti. In base alla Costituzione vigente, i maroniti esprimono il presidente della Repubblica, i sunniti il capo del Governo e gli sciiti il presidente del Parlamento.

L’incontro a Baalbek con il giovane governatore della delicatissima e provata regione della Bekaa interamente confinante con la Siria, ci ha confermato il disagio dovuto alla pressione dei profughi siriani.

Nel Sud del Paese, vicino al confine con Israele, abbiamo visitato il comando dell’esercito libanese, che presidia massicciamente la regione nel timore di un’iniziativa militare israeliana, e il comando della missione militare UNIFIL (= ONU), un presidio internazionale attualmente comandato e coordinato dai militari italiani.

Interessante l’approccio con una ONG laica, la Fondazione Adyan, che opera attivamente nella promozione dei valori della cittadinanza e dei diritti, per un progetto di dialogo interreligioso.

Caritas Lebanon

In Libano il principale attore ONG locale è Caritas Lebanon che esplica la sua attività ben oltre i tradizionali ambiti del supporto economico. Nata nel 1972 a Sidone, attualmente è guidata dal presidente p. Michel Abboud, maronita e carmelitano.

Caritas opera sia indirettamente, sia, soprattutto, gestendo direttamente centri di accoglienza, iniziative educative per bambini e ragazzi e formazione professionale per gli adulti, case protette per le donne abusate e gli eventuali figli, consulenza personale e familiare. Caritas opera anche come ente di protezione civile nelle situazioni di emergenza.

In risposta diretta alle conseguenze dell’esplosione, Caritas Lebanon ha immediatamente disposto sul campo numerose squadre di volontari nelle aree colpite, mettendo a disposizione delle comunità i centri di Rmeil e Achrafieh per fornire il primo soccorso in loco, selezionare i feriti in base alla gravità e trasportarli negli ospedali vicini. Sono stati inoltre impiegati altri volontari sul campo, per assistere i più vulnerabili nella pulizia delle loro case da vetri rotti, porte frantumate e danni interni.

Per affrontare l’impatto dell’esplosione, Caritas Lebanon ha sviluppato una risposta multisettoriale che comprende salute, assistenza di base per rispondere ai bisogni di cibo, acqua e generi di prima necessità, riabilitazione dei centri di Caritas Lebanon, Pronto Soccorso.

Caritas opera a favore di tutti, non solo dei cristiani, e abbiamo potuto verificare direttamente il prestigio e la stima di cui gode presso le istituzioni e tutte le componenti religiose, anche se questo suscita talora velate critiche anche in ambiente cristiano. Di sicuro, il logo Caritas è conosciutissimo, e gli operatori mantengono una fitta rete di relazioni con tutti gli ambienti sociali e a tutti i livelli.

Caritas Lebanon Youth

Una realtà straordinaria e quasi unica nel suo genere è la “sezione giovanile” di Caritas Lebanon, che si chiama, appunto, Caritas Lebanon Youth (= Gioventù). In un Paese dove la povertà è diffusissima e l’emergenza fa parte del quotidiano, Caritas Lebanon Youth opera come unità gestita da Caritas Lebanon, interamente affidata a giovani (il responsabile, che è il più “anziano”, ha 34 anni) e strutturata in modo gerarchico e per ambiti di attività.

In questa difficile cornice si inserisce il “programma Giovani” che vuole rispondere al clima di ostilità diffusa creando un team di giovani volontari (circa1.700), libanesi e siriani, capaci di cooperare per la pace all’interno di una comunità sofferente.

Il programma si compone di 3 attività principali:

  1. Training per giovani volontari: 200 giovani selezionati da Caritas Lebanon hanno partecipato a corsi di formazione necessari a sviluppare le loro capacità per impiegarle anche come strumento di aiuto alle categorie più vulnerabili. Nello specifico si sono svolti corsi su Comunicazione e Team building, Leadership e Risoluzione dei conflitti, Amministrazione e Logistica, Capacity building, Sicurezza e protezione.
  2. Iniziative di pace e solidarietà: i giovani volontari di Caritas Lebanon sono stati coinvolti in progetti concreti a favore della comunità libanese, ma anche dei rifugiati siriani grazie a due specifiche attività: ristrutturazioni su piccola scala (tinteggiatura, rifacimento delle rete elettrica, piccole riparazioni…) di 15 abitazioni di persone in difficoltà e riqualificazione di spazi pubblici selezionati; organizzazione di campi estivi per bambini libanesi e siriani provenienti da famiglie svantaggiate.
  3. Progetti ispirati alla Laudato si’: i giovani hanno partecipato a una serie di attività che prendono le mosse dall’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. Si tratta, in particolare, di progetti ambientali (come piccole iniziative di riforestazione, campagne di sensibilizzazione ambientale, riciclo e consumo responsabile), di iniziative di solidarietà nei confronti dei più vulnerabili (preparazione e distribuzione pasti ai beneficiari selezionati da Caritas Lebanon) e di attività di sensibilizzazione volte a tutelare la nostra Casa Comune in quanto parte di una sola famiglia umana, come ricordato nell’enciclica da papa Francesco.

Tra le attività ordinarie, oltre a quella direttamente assistenziale ci sono molte iniziative di tipo “oratorio aperto” (= non riservato ai soli cristiani), dove operano anche volontari sunniti e sciiti.

In Beirut esiste un “mercatino” dell’abbigliamento, nella casa “Madre Teresa di Calcutta”, dove vengono messi a disposizione dei poveri abiti e accessori o usati (in ottimo stato) o donati da aziende di abbigliamento a fine stock. Con prezzi minimi, ai poveri viene così consentito di vestirsi senza elemosinare.

Un settore specifico è costituito dalla Emergency Response Unit, persone addestrate ed equipaggiate per la prima risposta a situazioni di grave emergenza. Caritas Lebanon Youth ospita a volte campi estivi di giovani – anche di diocesi italiane – che vengono a fare esperienza di impegno caritativo.

Abbiamo potuto visitare e conoscere alcune esperienze concrete di servizi Caritas in Beirut:

  • Una casa-rifugio per donne abusate e per “domestiche-schiave”, un’abitudine di sfruttamento che si basa sull’“importazione” di donne straniere con la promessa di un lavoro e la riduzione di fatto in schiavitù presso famiglie abbienti (anche cristiane) con la sottrazione dei documenti.
  • Un centro di accoglienza e di istruzione elementare, ospitato presso le scuole dei “Fratelli Cristiani”, dove si conferisce ai bambini di famiglie rifugiate un’istruzione che abilita alla successiva iscrizione nelle scuole libanesi. Qui vengono anche accolte e assistite in attesa di rimpatrio giovani donne, soprattutto africane, che sono sfuggite alla tratta, ed è attivo un punto di consulenza psicologica e legale e un servizio di assistenza per i documenti.
  • La sede originaria di Caritas Lebanon a Sidone, dove funziona un centro di assistenza economica diretta per le famiglie.
  • Un centro nell’area della Bekaa dove vengono svolte attività fisioterapiche e logopediche per bambini con handicap e corsi di formazione professionale per adulti, oltre a un supporto per i documenti e a una consulenza familiare mirata soprattutto alle coppie minorenni. Questo centro è anche il reference point ufficiale di un campo profughi siriani nelle vicinanze. Lo abbiamo visitato insieme agli operatori, toccando con mano la situazione di estremo disagio in cui vivono nella tendopoli. I campi non sono gestiti direttamente dalle ONG, ma le autorità le usano come intermediarie in loco per i rapporti con i profughi e per filtrare le richieste di assistenza;
  • Una piccola azienda agroalimentare di Caritas Lebanon nella valle della Bekaa, che è molto fertile e ha un’economia prevalentemente agricola. Essa dà lavoro stagionale e compra prodotti dai coltivatori locali per lavorarli e confezionarli. L’azienda è giovane e ancora in precario equilibrio, soprattutto per la difficoltà di collocazione dei prodotti sul mercato.
Proposte di impegno per la Comunità del Diaconato: il diaconato in Libano

Il diaconato, che non ha una forma permanente, è una presenza minoritaria. La ragione principale risiede nel fatto che la Chiesa maronita ha una duplice modalità presbiterale: celibi (che accedono all’episcopato) e sposati. I vescovi indirizzano i diaconi sposati verso il presbiterato.

Incontrando una rappresentanza di diaconi maroniti (in tutto sono 25) con il loro vescovo in carica e con l’emerito, che ci hanno ricevuti calorosamente, abbiamo notato che indossano il clergyman “per essere riconoscibili” e una propensione liturgica; le spose non erano presenti all’incontro. La formazione dei diaconi maroniti è in parte teologico-liturgica, in parte mirata agli ambiti pastorali in cui sono coinvolti. Le spose, di fatto, non partecipano alla formazione e il consenso loro richiesto si riduce spesso ad un atto formale.

Diversa la situazione dei latini (10 diaconi in tutto): operano in diretto riporto con il vescovo, il quale li assegna a settori di pastorale diocesana.

Di fatto, i diaconi delle diverse Chiese libanesi, pur conoscendosi, non intrattengono relazioni ordinarie e raramente si incontrano tra loro.

Ambiti di impegno

Al termine della missione, abbiamo individuato i seguenti ambiti diaconali di impegno:

  • Avviare, nel 2023, un incontro bilaterale Italia-Libano, sostenendo il collegamento tra i diaconi delle diverse Chiese libanesi, anche proponendo approfondimenti teologico-pastorali sull’identità del diaconato
  • Promuovere e preparare un convegno dei diaconi dell’area mediterranea
  • Collaborare con la Fondazione Adyan per un seminario di studio su ecumenismo e dialogo interreligioso, a tema “diversità, solidarietà, dignità umana e diaconia”.

In collaborazione con Caritas italiana e verso Caritas Lebanon, queste le decisioni prese:

  1. Accompagnamento economico regolare a distanza della Casa rifugio, che consenta a Caritas Lebanon di sostenere la gestione del rifugio. L’accompagnamento è sul rifugio e non sulle persone, perché il turnover delle ospiti è frequente e non si potrebbero mantenere i rapporti di continuità con le singole persone;
  2. Supporto ai ragazzi per le iniziative educative che frequentano la scuola dei “Fratelli cristiani” di Asharafieh;
  3. Sostegno del centro stampa di Caritas Lebanon Youth per la produzione dei materiali per le iniziative della Comunità del diaconato, per i convegni nazionali e locali;
  4. Supporto alla commercializzazione dei prodotti dell’azienda conserviera di Deir El Ahmar.

Credo che la visita in Libano sia stata un’occasione privilegiata per conoscere il complesso contesto mediorientale, attraverso l’osservatorio privilegiato rappresentato dal Libano.

Il Paese dei Cedri, che abbiamo avuto la fortuna di poter ammirare nella loro grandiosità e bellezza millenaria, rappresenta oggi un possibile modello di convivenza pacifica, che ancora resiste dopo decenni di “guerra civile”, ma al tempo stesso vive un periodo di forti tensioni interne, a causa dei conflitti nei paesi confinanti e le gravi ricadute economiche e politiche sotto la pressione delle grandi potenze regionali.

È stata una visita volta ad approfondire, attraverso incontri, testimonianze e visite sul campo, i temi dell’inter-cultura e della convivenza tra religioni, dell’accoglienza dei rifugiati e le ricadute sulla popolazione locale, della gravissima crisi giovanile, economica e dei confitti in corso, al fine di favorire un concreto sostegno alla situazione sociale ed ecclesiale di questo Paese del Medio Oriente.

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