L’ormai noto episodio in cui l’ex presidente Hu Jintao è stato cacciato dalla Grande Sala del Popolo durante la sessione conclusiva del Congresso del Partito offre una visione unica e penetrante del processo decisionale interno cinese.
Dimostra la capacità del Presidente Xi Jinping di pensare in modo autonomo e di assumersi le proprie responsabilità.
Il momento è stato di attualità ed estremamente controverso per il suo significato. Mentre il membro del Politburo Li Zhanshu cerca di ragionare con Hu e Wang Huning, anch’egli membro del Politburo, dice a Li di lasciare andare l’uomo più anziano, nessuno fa una mossa.
Xi cerca di parlare con Hu e, quando vede che il dialogo fallisce, decide di far scortare Hu fuori. Non ci sono urla, né agitazione. Xi non perde la calma nonostante la situazione drammatica e strana; mantiene la calma e procede. È una questione di pochi secondi. Non permette che il caso si protragga a lungo e che magari venga gonfiato a dismisura.
Perché lo ha fatto? I rumors a Pechino viaggiano a piena velocità in queste ore. C’è chi dice che Hu fosse deluso dalla retrocessione del suo protetto Hu Chunhua; c’è chi sostiene che l’anziano fosse il portabandiera di una più ampia lotta di potere che, nei mesi scorsi, ha cercato di costringere Xi alle dimissioni, evidentemente fallendo. C’è chi opta per la spiegazione più semplice: il vecchio Hu non aveva il controllo di se stesso.
Di certo, Hu non è stato epurato politicamente, visto che l’episodio è stato censurato dai media cinesi e le riprese televisive successive hanno mostrato l’ex presidente nel rostro dei leader.
Tuttavia, a prescindere dalle stagioni, il peso della leadership di Xi, mostrato in quel momento, è qualcosa che è considerato quasi magico nella cultura politica tradizionale cinese.
Non importa se l’imperatore ha ragione o torto; il drago, che simboleggia l’imperatore, era visto come una bestia che portava fortuna o disgrazia. Ciò che conta è che l’imperatore prenda posizione di fronte al Cielo, agli uomini e alla situazione, e si muova mentre gli altri rimangono terrorizzati.
Xi mostra quella che lo studioso Emilio Iodice chiama la resistenza della leadership, che si può imparare ma non funziona mai bene se non si ha il dono ad hoc.
In quel momento, solo Xi osa prendere una decisione epocale.
Forse è questo il suo ruolo, il potere che ha acquisito. Comunque, in ogni caso, è un’illustrazione del motivo per cui è il “leader di tutto”: mentre in circostanze cruciali gli altri esitano, lui interviene e muove la palla in una direzione per risolvere una situazione che altrimenti potrebbe andare fuori controllo.
In ogni caso, una ragione del suo potere effettivo potrebbe essere anche il fatto che Xi si muove in una situazione drammaticamente diversa da quella di Mao o Deng.
Mao era circondato da persone che lo sfidavano. Due dei suoi successori designati, Liu Shaoqi e Lin Biao, gli si sono rivoltati contro. Il suo migliore amico, il maresciallo Peng Dehuai, lo denunciò per il Grande balzo in avanti.
Anche il suo successore Deng Xiaoping è sopravvissuto non sfidandolo ma aggirandolo. Deng si finse malato e non partecipò alla Conferenza di Lushan del 1959, quando Peng affrontò Mao, così Deng poté evitare di prendere posizione a favore o contro Mao.
Ma i compagni di Mao erano tutti rivoluzionari, persone che mettevano in gioco la propria vita per unirsi a una causa che ritenevano giusta. Erano impavidi e scalavano i ranghi della rivoluzione schivando le pallottole e grazie ai loro successi sul campo di battaglia. Pertanto, potevano e volevano sfidare Mao se lo ritenevano necessario.
Deng, conoscendo i suoi duri compagni, avrebbe potuto essere più un costruttore di consenso e cercare di evitare scontri aspri.
Ma le persone che circondano Xi non sono rivoluzionari senza paura. Sono quadri che sono stati promossi perché erano bravi a seguire gli ordini e devono la loro carriera ai favori di questo o quel leader.
Xi è diverso. Ha fatto carriera, cercando di ottenere favori, ma poi nel 2012, quando è stato promosso a capo del partito, si è rivoltato contro i suoi padroni e ha rivendicato tutto il potere per sé.
Quindi, se altri non sono in grado di pensare in modo rapido e audace ai vertici della leadership, Xi rimarrà senza dubbio il “capobranco”, che le sue decisioni piacciano o meno.